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Nove euro e l’ingenuità dell’opposizione

Nei prossimi giorni la questione del salario minimo dovrebbe tornare all’ordine del giorno nei rapporti tra maggioranza e opposizione. Dopo la pausa parlamentare, imposta dalla maggioranza con un emendamento al Ddl dell’opposizione, il governo dovrebbe proporre una risposta sul tema, come promesso. 

Purtroppo la partita appare pressoché già giocata, nel senso che, durante questo periodo di sospensione, esponenti del governo e della maggioranza sono più volte intervenuti in termini critici sul salario minimo, è stato incaricato il CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) di predisporre una ipotesi di intervento, e nella preparazione della manovra di bilancio 2024, il governo ha sostenuto la priorità del taglio strutturale del cuneo fiscale, come evidente alternativa al salario minimo. 

La proposta del CNEL è arrivata tramite una posizione ovviamente critica sul salario minimo e favorevole ad una ulteriore estensione della contrattazione collettiva, ma nella definizione del parere sono emerse anche posizioni favorevoli al salario minimo. Allo stato non sappiamo cosa proporrà il governo, ma, alla luce di quanto è avvenuto, è fin troppo facile prevedere una risposta sostanzialmente negativa. 

Naturalmente ci sarà la reazione dell’opposizione e il tentativo di proseguire l’iter parlamentare del Ddl, ma per quanto si è verificato finora la vicenda si presta ad una serie di considerazioni. La prima e più evidente è che in questo caso si è assistito ad una umiliazione del Parlamento, ridotto ormai a strumento subalterno di legittimazione delle scelte del governo. 

Non solo nel primo anno di vita questo governo ha battuto tutti i record in termini di esercizio della funzione legislativa tramite decreti legge, spesso recanti una illegittima pluralità di contenuti, ma sta usando la sua maggioranza per impedire, come nel caso in esame, che l’opposizione possa realizzare un normale iter parlamentare dei suoi disegni di legge fino alla loro conclusione, positiva o negativa. 

Nel caso del salario minimo si è bloccato tale processo, non con una richiesta di tregua e di dialogo, ma con un emendamento, impedendo la sua conclusione a causa del carattere popolare del suo contenuto. Secondo la Costituzione, sulle iniziative legislative dell’opposizione il governo e la sua maggioranza possono essere d’accordo votando a favore o rimanere contrari votando contro, non bloccando l’iter per non assumersi la responsabilità di un voto. 

Su questo punto, che tocca direttamente i poteri e la dignità del Parlamento, l’opposizione ha ceduto troppo facilmente alla ricerca di una possibile intesa che, fin dall’inizio e nei comportamenti successivi, ha dimostrato tutta la sua strumentalità. Nella nostra democrazia repubblicana il Parlamento è il cuore del corretto esercizio del potere e, come tale, deve servire all’opposizione come il più rilevante spazio di esercizio della propria funzione democratica. E’ in questo luogo, più che con il ricorso alla piazza, che si fanno le battaglie più decisive. 

Ora credo sia necessario riconquistare la piena centralità del Parlamento e i diritti dell’opposizione rivendicando la realizzazione completa dell’iter parlamentare del Ddl sul salario minimo. Il governo dovrà rispondere nel merito, e non con il parere del Cnel che è, e rimane, un organo di consulenza senza alcun potere di arbitraggio politico. Tra l’altro, il parere avrebbe dovuto dare una risposta circa la situazione reale del lavoro povero nel Paese, e, a tale scopo, non servono gli auspici sulla contrattazione collettiva, che non appartiene ai poteri del governo.

 Male, perciò, sta facendo il presidente Brunetta ad accettare un ruolo improprio del Cnel come soggetto subordinato a un governo in fuga dalle proprie responsabilità. L’esperienza dei diversi Paesi nei quali è presente il salario minimo dimostra che non esiste alternatività tra questo e la contrattazione, ma che è possibile realizzare una compresenza positiva tra il salario minimo che corregge le situazioni più evidenti di sfruttamento salariale e una contrattazione collettiva che affronta, con maggiore incisività, la qualità complessiva del lavoro e i relativi livelli retributivi. In ogni caso la risposta del governo deve esprimere un giudizio di merito sul salario minimo così come previsto dal Ddl, senza cercare di fermare nuovamente il suo iter parlamentare. 

Questo risultato  dipenderà soprattutto dalla volontà forte ed esplicita dell’opposizione di fare del Parlamento il luogo democratico che consente la difesa e la realizzazione dei diritti di tutti. Con la consapevolezza che, nel caso non fosse possibile giungere alla decisione finale sul Ddl, saremmo di fronte a una forma di dittatura della maggioranza.

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