La questione è stata sollevata da alcune forze politiche agli inizi di maggio. Sotto elezioni, sono scontate alcune esasperazioni dei soliti partiti. Sono seguite comunque prese di posizioni non comprensibili da parte di esponenti della società civile.
Il pretesto è stata la circolare di Alfano ai prefetti. Ma la circolare era solo una memoria. In realtà, dispositivi ed esperienze già erano in corso da parecchio tempo. Opportuno, in realtà, a fronte dell’incremento dell’emergenza immigratoria in atto, è stato fornire e confermare indicazioni per far procedere lo specifico ciclo dell’accoglienza transitoria – transitoria perché in attesa del perfezionamento dell’iter di riconoscimento delle persone sbarcate sulle coste italiane ed europee – alle misure di attivazione.
Quindi non soltanto assistenza sanitaria, fornitura di vitto ed alloggio, spesso ma anche impegno lavorativo a favore delle comunità accoglienti. In una logica di assistenza generativa. Il tutto a vantaggio delle persone non obbligate all’ozio passivo. (E l’ozio non creativo, già nella saggezza popolare, è fonte di processi non integranti). Ma anche a vantaggio delle comunità locali in termini di prestazioni in attività socialmente utili. E anche di prevenzione primaria della sicurezza. Se è vero che l’organizzazione del lavoro consente una relazionalità, una disciplina, un’educazione alle regole della società locale.
E allora va sottolineata l’azione di quei prefetti che in questo caso si sono comportati come vere autorità locali di governo nel loro compito di promuovere tavoli di coordinamento tra istituzioni territoriali e società civile.
Come pure meritorio è l’intervento di quelle Regioni del Nord, del Centro del Sud e delle Isole che hanno fornito linee guida per l’individuazione di attività socialmente utili, coordinandone la messa in atto.
E ancora una volta sono stati lungimiranti quei Comuni, in prima fila, nel promuovere le associazioni e le imprese del Terzo settore nella progettazione di attività di volontariato. Perché nella situazione di indeterminatezza del profilo giuridico non è possibile per i migranti svolgere lavoro ordinario retribuito. Perché i soggetti del Terzo settore, tranne quella residua minoranza che è nel calderone di comportamenti delinquenziali, rimane un pilastro positivo del welfare locale.
E allora eccola una rassegna – effettuata in tempi brevi, on line e quindi esemplificativa e non esauriente – di esperienze locali di impegno di migranti in lavori socialmente utili.
http://www.migrantitorino.it/?p=19481
http://www.gazzettadiparma.it/news/news/271569/Migranti–lavori-utili-e-polemiche.html
http://www.nove.firenze.it/migranti-in-toscana-tra-incentivi-e-lavori-utili-ma-ce-chi-dice-no.htm
http://www.loccidentale.it/node/137209
http://www.corrieredellacalabria.it/index.php/cronaca/item/29087-vibo/29087-vibo
http://www.lindro.it/0-societa/2015-05-08/177035-alfano-e-le-sue-circolari/
http://www.primonumero.it/attualita/primopiano/articolo.php?id=18459
http://www.mondoallarovescia.com/migranti-impiegati-in-lavori-socialmente-utili-perche-no/
http://www.corrieredellemigrazioni.it/2014/01/28/calabria-felix/
http://www.ciaconlus.org/rifugiati-in-famiglia/
http://www.terlizzilive.it/news/Attualita/362972/news.aspx