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Italia, lo Stato povero in un Paese che si crede ricco

Le scelte del governo relative alla manovra di bilancio 2024 stanno mettendo a nudo lo stato reale, economico, finanziario e sociale del nostro Paese, aggravato dalle scelte di pura sopravvivenza dell’esecutivo. Ridotte all’osso, oltre la spessa coltre di propaganda, le scelte del governo, nella manovra per il prossimo anno prevedono un intervento complessivo di 24 miliardi dei quali 16 in deficit. 

Nel merito si è scelto il taglio al cuneo fiscale e la riduzione dell’Irpef passando da 4 a 3 aliquote, rinnovi contrattuali nella Pubblica Amministrazione , sostegno sanità con 3 miliardi che non coprono i tagli a legislazione vigente e gli effetti dell’inflazione, per cui il saldo risulta negativo, alcune facilitazioni alle famiglie (congedi parentali, asili nido gratis ma mancano i posti,  sostegno a madri con più di due figli, alcune limitate facilitazioni sulle pensioni con quota 104, accompagna da altre limitazioni. Da ultimo la ciliegina del finanziamento al buio dell’avvio del cantiere sul Ponte dello stretto. 

In gran parte si tratta di misure una tantum, della durata di un anno o poco più, scaricando i problemi sul futuro con relativo ulteriore aggravamento della situazione del Paese. La finalità complessiva di tali interventi risulta, da un lato, quella di distribuire pochi soldi a categorie delle quali interessa il consenso elettorale, senza rompere i logorati rapporti interni della maggioranza, e dall’altro, rendere più favorevole il giudizio delle Agenzie di rating e dell’Ue, specie in relazione ai difficili rapporti esistenti con quest’ultima (Mes, Patto di stabilità). 

Rimangono invece del tutto assenti le esigenze di crescita e di qualità del lavoro del Paese, rispetto alle quali era possibile definire una strategia realistica ed efficace tramite un rapporto con il PNRR e gli altri fondi europei.  Il grado di fiducia della maggioranza su questa manovra è tale per cui Meloni ha deciso una sua blindatura in Parlamento, aggravando l’umiliazione delle Camere, già in atto da tempo con l’occupazione monopolistica del governo del processo legislativo tramite i decreti-legge, e con l’ulteriore tentativo di blocco del DdL dell’opposizione sul salario minimo. 

Una situazione costituzionalmente del tutto anomala, per cui si sta assistendo alla incredibile situazione di parlamentari della maggioranza che chiedono a quelli dell’opposizione di presentare loro emendamenti. Quindi il giudizio sulla prima vera Finanziaria di questo governo rimane nettamente negativo, per il suo carattere di precarietà e di inconcludenza rispetto ai problemi cruciali del Paese. Se dopo un anno, senza alcun problema di maggioranza numerica, siamo a questo livello, è difficile pensare ad un  cammino del governo per l’intera legislatura, pur senza una opposizione competitiva. 

Ci troviamo, nei fatti, dentro una crisi politica che probabilmente risulta la peggiore della storia della Repubblica, sia per la qualità della coalizione che ci governa che per la sostanziale assenza di un’opposizione in grado di proporsi come alternativa. Una situazione che proietta i suoi effetti regressivi anche sul terreno economico e sociale.  L’Italia, con il debito pubblico enorme, non cresce da oltre vent’anni e nonostante la propaganda sui suoi recenti risultati, le previsioni per il 2024 non vanno oltre lo zero virgola e la collocano al livello più basso di tutti i Paesi europei. 

L’occupazione si caratterizza per un basso livello di qualità, con la diffusione del lavoro povero e mal retribuito, a cui non si danno risposte correttive adeguate. I livelli di istruzione e dei laureati ci collocano agli ultimi posti in Europa ed il nostro mercato del lavoro soffre di uno strutturale divario tra domanda e offerta. Nello stesso tempo abbiamo due milioni di giovani che non studiano e non lavorano (Neet) e un quinto dei giovani che si trasferiscono all’estero per trovare un’occupazione migliore. 

Negli ultimi anni la povertà ha subito un’impennata particolare e sta coinvolgendo una parte crescente del ceto medio anche al Nord. Fa impressione, ad esempio, che anche in una città come Verona succede di essere fermati per strada da mamme che, per ragioni di dignità, ti chiedono se in famiglia hai lavoretti da fare, ma il motivo vero è di chiedere un aiuto urgente per poter tirare avanti.  Situazioni del genere erano, fino a poco tempo fa, se non sconosciute, non così diffuse e gravi. 

Questi sono alcuni aspetti dell’Italia di oggi che rendono la nostra vita presente densa di problemi che speravamo in gran parte superati e il futuro quanto mai incerto e con possibili scenari pericolosamente inediti.  Ciò che va compreso è che la crisi in corso, innanzitutto politica, ci sta progressivamente spostando su un crinale regressivo, dal quale l’accumulo dei problemi non risolti rende sempre più difficile risalire la china. 

Serve prendere atto, senza indulgenze e accomodamenti autolesionisti, della gravità particolare della situazione e dell’incapacità evidente di questo governo di riportarci su un sentiero di ripresa. Rimane per tutti la responsabilità di dare un contributo, ognuno secondo le sue possibilità, per riqualificare la politica, avvicinandola per cultura, competenza e sensibilità ai problemi del Paese. L’invito ad una cittadinanza attiva può sembrare una sorta di ultima spiaggia ma rimane la condizione di base per un recupero di una nuova centralità del bene comune.

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