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Italia, paese “virtuoso” ma con raccomandazioni

“L’Italia ha portato avanti un ampio adeguamento strutturale negli ultimi anni. Per il futuro il nuovo Governo sta revocando alcune delle misure adottate, ma ha introdotto delle salvaguardie per garantire che il deficit resti al di sotto del 3%. Questo ci permette di proporre l’abrogazione della procedura di disavanzo eccessivo. Continuare le riforme strutturali sarà fondamentale per la ripresa in Italia e il rimborso del debito commerciale arretrato, come concordato tra il Governo e la Commissione, dovrebbe fornire liquidità all’economia ed aiutare la ripresa economica del Paese”. Queste le parole del Commissario agli affari economici Olli Rehn, attraverso cui viene annunciata la chiusura della procedura per deficit eccessivo nei confronti del nostro Paese, aperta dal 2009.

Rehn ha inoltre sottolineato l’importanza che ha avuto l’accettazione dell’Italia di introdurre forti garanzie, a partire da quest’anno, per assicurare il mantenimento del deficit al di sotto del 3%, condizione necessaria per la proposta dell’abrogazione della procedura sopra citata, in linea con le regole del patto di stabilità e crescita.

Sta di fatto che l’Italia rimane sotto esame, così come dichiarato dal Presidente Barroso. Sulla base dei dati della Commissione, il nostro Paese ha corretto il deficit eccessivo nel 2012 in modo sostenibile, ciò a condizione di una piena e reale attuazione delle misure di consolidamento adottate dal 2011. Nonostante il consolidamento in corso, l’elevato tasso deficit- debito continua a gravare sull’economia italiana che dovrebbe arrivare, si pensa, al 132%nel 2014. “Questo è il motivo per cui possiamo dire che l’Italia non può rilassarsi” (a causa, dunque, dell’elevato livello di debito pubblico). Rimangono inoltre problemi di competitività: se si vuole guardare ad un confronto con la Francia, l’Italia ha perso quote di mercato negli ultimi due decenni. Le proiezioni sul tasso deficit-debito vengono fatte sulla base della piena attuazione delle misure strutturali adottate; ciò fa presupporre che vi sia ancora un grande lavoro da fare. Secondo il Presidente Barroso, a seguito dell’incontro con il premier Enrico Letta, la promozione dei conti pubblici non darebbe immediata libertà di manovra al Governo italiano, poiché accompagnata da numerose raccomandazioni, in numero proporzionale alle riforme attese da Bruxelles da almeno due anni. Senza tali riforme infatti, prosegue Barroso, La Commissione teme un impasse della crescita italiana ed un’inversione di marcia verso la recessione.

A tal proposito, il Commissario agli Affari Economici Rehn ha invitato il nostro Paese a proseguire con le riforme strutturali, chiave per la ripresa, considerando i “margini di sicurezza molto limitati per il mantenimento del deficit sotto il 3%, a seguito di alcune decisioni del nuovo Esecutivo riguardo alla tassazione”. Riferimento, questo alla recente decisione di sospendere l’Imu sulla prima casa.

Per l’Italia, tali raccomandazioni riguardano, oltre al mantenimento del deficit al di sotto del parametro fissato da Maastricht per il 2013 e il 2014, un “aggiustamento strutturale” di circa 0,5% all’anno che consentirà di raggiungere nel 2015 il pareggio di bilancio in termini strutturali (obiettivo di medio termine stabilito con l’UE), nonché di ridurre il debito al ritmo corretto, cioè di un ventesimo all’anno così come previsto dal Fiscal Compact.

Chiaramente, qualora l’Italia dovesse proseguire sul cammino della recessione senza centrare le correzioni di cui sopra, tornerebbe immediatamente nel mirino di Bruxelles, la quale potrebbe riaprire già dal prossimo anno una nuova procedura di deficit.

Secondo Letta, la lotta alla disoccupazione giovanile rappresenta la sfida prioritaria per l’Italia e per l’Europa, a fronte dei 2,2 milioni di giovani senza lavoro e/o fuori dai percorsi formativi. Il Primo Ministro italiano auspica di ottenere al vertice Ue di giugno, un via libera all’anticipazione del Piano europeo contro la disoccupazione giovanile, ma per le altre misure bisognerà attendere dicembre, anche per il voto tedesco. Fondamentale inoltre, prosegue Letta, il coinvolgimento degli enti locali nel percorso di riforme costituzionali che si aprirà con il dibattito parlamentare.

Il Premier italiano avanza inoltre la creazione di un vero mercato del lavoro europeo, eliminando le barriere residue alla libera circolazione dei lavoratori, snellimento della burocrazia, rafforzamento del sistema Eures e del coordinamento dei servizi per l’impiego. Suggerisce di “usare tutto il potenziale del Fondo Sociale Europeo” che dovrebbe poter incentivare la creazione di una nuova occupazione “anche finanziando tagli agli oneri fiscali e contributivi per le nuove assunzioni”.

Dal 2011 Bruxelles “ammonisce” l’Italia sui suoi ‘squilibri macroeconomici’: “Debito elevato, scarsa competitività, costi unitari del lavoro troppo alti, fisco poco ‘amico della crescita’ e troppo sbilanciato su lavoro e capitale”. Il mese scorso non ha mancato di ricordarli nuovamente, e nonostante le apprezzate del precedente esecutivo, si riproporrà una maggiore flessibilità del mercato del lavoro (con meno contratti collettivi e più aziendali), una maggiore spinta verso le liberalizzazioni, uno snellimento della burocrazia, nonché una riforma della giustizia civile. 

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