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La guerra e l’Europa, un esame di coscienza

Come un vento improvviso la guerra, contro tutte le previsioni, ha investito le nostre vite. Una guerra nel centro dell’Europa, che ci arriva direttamente tramite i media, sia pure depurata delle scene più sanguinose, è stata per tutti noi una sorta di trauma che ha indotto progressivamente incredulità, incertezza e paura per il futuro. 

Un fatto grave, accaduto non per errore o superficialità, ma come l’applicazione di un disegno deciso da tempo e previsto dalla stessa Intelligence degli Usa. Un fatto che colpisce alla radice l’Europa, che finora nel suo dna aveva la pace, convalidata dall’aver consentito al continente una sostanziale pacificazione dopo la Seconda Guerra Mondiale. 

Questa strutturale anomalia della guerra rende per noi particolarmente difficile accettarla come fatto compiuto, dotato di un qualche senso,  perché il concetto di guerra è da tempo espulso dalla nostra mente come ipotesi che ci riguardi direttamente.

Lo dimostra la difficoltà di aggiornare i nostri ragionamenti alla sua reale gravità e il cercare di interpretarla alla luce dei precedenti criteri di valutazione della realtà europea. In tal senso, la reazione di Putin sarebbe stata motivata dalla necessità di garantirsi un contesto di maggiore libertà nell’area est del Continente, di fronte alla progressiva espansione dell’Ue e della Nato, tra l’altro, come garanzia che sarebbe stata promessa in  precedenti accordi. 

In realtà, la cinica verità dei fatti ha dimostrato che la convinta decisione di Putin di invadere militarmente l’Ucraina, sia pure fingendo ma rifiutando ogni possibile negoziato, obbedisce all’obiettivo di garantire la sopravvivenza del proprio regime dispotico,  evitando ogni sua possibile contaminazione da parte di una democrazia come quella dell’Ucraina. 

Dietro questa aggressione, contraria al diritto internazionale e che straccia i precedenti accordi di Minsk, sta quindi una alternativa alla democrazia rappresentativa come viene applicata e vissuta in Ucraina ed Europa.  A questo diretto attacco politico, esclusa una risposta militare per evidenti pericoli di escalation incontrollata, l’Europa e l’Occidente stanno rispondendo con una serie di sanzioni la cui efficacia è condizionata dagli inevitabili effetti ritorsivi su coloro che le propongono. 

Il fatto nuovo, di notevole rilevanza politica è che contro la drammatica scelta di Putin si è schierato quasi tutto il mondo tranne un impacciato distinguo della Cina che, pur dichiarandosi favorevole al rispetto dell’integrità del territorio ucraino, riconosce alcune ragioni della Russia. 

Di fronte alla forte combattività del popolo ucraino nelle ultime ore diversi Paesi  hanno inviato aiuti militari per rafforzare la resistenza e impedire che il divario tra i tempi dell’aggressione e quelli degli effetti delle sanzioni diventi l’elemento decisivo dello scontro. 

Mentre deve proseguire l’impegno unitario per sconfiggere l’invasore, cercando anche di ridimensionare alcuni interessi immediati come la dipendenza dal gas russo, questo conflitto richiede all’Europa una riflessione più approfondita sul suo passato e le sue prospettive. 

Alla luce di quanto sta succedendo appare chiaro che il modello di Europa che abbiamo costruito finora appare incompleto, insufficiente e inadeguato a svolgere il ruolo essenziale di proposta e di mediazione che l’Ue è chiamata a svolgere nell’attuale contesto internazionale. Il suo livello di unità, di democrazia decisionale e i suoi compiti risultano ancora carenti e contraddittori, per cui, nonostante gli indubbi progressi, l’Ue appare ancora un soggetto ad un tempo impotente e marginale. I suoi limiti più urgenti rimangono il superamento del criterio dell’unanimità nelle decisioni, la costruzione di un sistema di difesa e sicurezza, il consolidamento e l’estensione di interventi di crescita come Next Generation Eu per ulteriori interventi.  

La guerra in Ucraina sollecita una forte accelerazione del processo di unificazione federale europea. La storia del cammino europeo ci insegna che la costruzione politica dell’Unione ha registrato concreti passi in avanti in occasione di crisi o di particolari avvenimenti che l’hanno spinta ad operare scelte coraggiose. Scelte che a prima vista potevano apparire troppo limitiate e inferiori alle attese, ma che, in gran parte, il tempo ha dimostrato irreversibili e foriere di ulteriori sviluppi. 

Quanto è avvenuto per la folle scelta di Putin rappresenta un grave attacco non solo militare ma politico al futuro del progetto europeo, mai avvenuto con questa drammaticità, per cui la risposta in termini di accelerazione del cammino dovrebbe essere significativa e concreta. 

Il futuro dell’Ue renderà evidente come il miglioramento della qualità del benessere dei suoi cittadini si giocherà in termini decisisi nel prossimo decennio. Un positivo segnale in tale direzione è costituito dal consenso di tutte le forze politiche del nostro Paese, di maggioranza e di opposizione, sulla posizione del governo Draghi contro la guerra della Russia. Un segnale del tutto nuovo che ci aiuta  a superare questo drammatico passaggio.

 

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