Tra i diversi ambiti produttivi che in Italia hanno subito la crisi economica a partire dal 2007, c’è senza dubbio anche il settore dell’editoria, un comparto che più di altri ha purtroppo sofferto in maniera consistente negli ultimi anni: nonostante le recenti performance positive dell’industria culturale italiana nel suo complesso, l’editoria sembra purtroppo che arranchi ancora, dimostrando un tenore di vita tutt’altro che effervescente e delle prospettive di crescita non molto incoraggianti. Come puntualmente avviene, anche quest’anno l’Associazione Italiana Editori (AIE) ha elaborato un rapporto sui numeri che caratterizzano il settore nel nostro Paese: nel 2017 sembrano esserci segnali vagamente positivi, anche se i fasti (nemmeno troppo rosei) del periodo pre-crisi sono ancora lontani.
Il mercato del libro in Italia nel 2016
Nel suo Rapporto sullo stato dell’editoria in Italia 2017, presentato pochi giorni fa alla Buchmesse di Francoforte, la più prestigiosa Fiera del libro europea, l’Associazione Italiana Editori nota come, dal 2010 a questa parte, il mercato del libro italiano abbia subito una pesante contrazione, perdendo in totale 242 milioni di euro nei canali commerciali rivolti al pubblico: librerie, store online, attori della grande distribuzione organizzata (questo dato non comprende, tuttavia, le transazioni effettuate tramite Amazon, che da sole, sembra, ammonterebbero a 120 milioni di euro nel solo 2016). In parte, ciò è dovuto al mutamento strutturale che ha caratterizzato il settore commerciale nella sua ampiezza, con una crescita delle transazioni on-line e un calo vertiginoso di quelle effettuate tramite canali tradizionali.
Ma il vero problema dell’editoria italiana sembra essere un altro: il già magro popolo dei lettori degli ultimi anni si assottiglia sempre di più, facendo del nostro Paese uno tra quelli del contesto europeo e occidentale in cui si legge di meno. I dati su questa dimensione sono davvero impietosi: in Italia, nel 2016, c’è una percentuale di lettori tra la popolazione del 40.5% (ciò vuol dire che su 100 italiani solo 40 possono considerarsi lettori).
Percentuale come detto in calo, se è vero che dal 2010 a questa parte c’è stata una perdita di circa 3.2 milioni di lettori: nel 2010, infatti, la percentuale di lettori sulla popolazione era del 46,8%.
Queste, invece, le percentuali riferite al 2016 di altri Paesi:
- 90% in Norvegia
- 84% in Francia
- 83% in Canada
- 73% negli Stati Uniti
- 68.7% in Germania
- 62.2% in Spagna
Ma cosa vuol dire “lettore”? Secondo la rilevazione, lettore è chiunque (tra coloro che hanno più di 6 anni) che, nel corso dell’anno solare 2016, abbia avuto tra le mani e letto almeno un libro non scolastico. Una definizione piuttosto larga che, forse, ci restituisce un’immagine ancor più grave della crisi del settore.
Resta comunque il fatto che un lettore, dunque un consumatore di prodotti editoriali, non è motivato soltanto dalla propria dotazione di denaro da spendere: la contrazione dei consumi (che pure negli ultimi tre anni sono tornati timidamente a crescere, in termini generali) non può e non deve essere l’unica spiegazione dello stato di cattiva salute della nostra editoria. Le ragioni della scarsa vitalità del sistema editoriale vanno forse ricercate all’interno della stessa editoria e nell’assenza di politiche di supporto e incentivo alla lettura.
Le imprese del settore editoriale: tanti editori per pochi lettori
Nonostante quanto detto sopra, infatti, le imprese italiane del settore editoriale continuano ad aumentare di numero, registrando nel 2016 una crescita consistente rispetto all’anno precedente. In Italia le case editrici attive, ossia quelle che hanno pubblicato almeno un libro nel corso del 2016, sono 4.877 (+5,8% rispetto al 2015, la crescita tra il 2014 e il 2015 è stata invece pari allo 0,1%).
La produzione di libri cartacei è sostanzialmente stabile (66.000 titoli pubblicati nel 2016, di cui 18.000 di narrativa), mentre cresce quella di ebook (81.035 titoli pubblicati nel 2016, con una variazione percentuale rispetto al 2015 pari a +29,6%). Crescita anche dal punto di vista dei prezzi, che hanno avuto un aumento medio, nel 2016, pari al 2,8%.
Nel 2016, inoltre, è diminuita la quota di libri tradotti in italiano da una lingua straniera: 7.400 rispetto agli 11.500 del 2015. In termini percentuali, si è passati pertanto dal 17,6% (sul totale) di titoli tradotti nel 2015 all’11,8% nel 2016. Questi valori, sottolinea l’Associazione Italiana Editori con fiducia forse eccessiva, metterebbero “in luce la lenta ma costante crescita del peso degli autori italiani sul totale delle pubblicazioni, se pensiamo che nel 2002/2003 i titoli tradotti rappresentavano un 23-24% del totale”.
In conclusione, possiamo forse sostenere che la scarsa salute che caratterizza l’editoria italiana potrebbe dunque essere ricercata proprio in questa doppia tendenza contraria:
- crescita degli editori e dei volumi pubblicati
- calo del numero dei lettori
Dunque sempre più editori e autori, ma una platea di lettori davvero modesta che le case editrici cercano di compiacere attraverso politiche aziendali improntate sulla quantità piuttosto che sulla qualità. Una tendenza che purtroppo sembra non avere intenzione di arrestarsi.
L’articolo originale è in WeCanBlog