Non è stato facile, negli ultimi anni, guardare al futuro con ottimismo e immaginare percorsi di vita che consentissero di scavalcare la stringente crisi economica e lasciarsi alle spalle una stagione buia, scandita da tempi incerti e insicurezze collettive, radicate nelle difficoltà incontrate (soprattutto) dai giovani nella ricerca di un’occupazione e dai meno giovani nella salvaguardia del proprio posto lavoro.
Ancor oggi non è semplice intravedere all’orizzonte prospettive chiare, vie di uscita che indichino soluzioni efficaci, certe nell’esito e lineari nelle forme che assumeranno nei prossimi anni. Non è semplice e non sarebbe stato altrimenti, vista la portata e la profondità con cui la crisi ha intaccato il tessuto economico e produttivo del nostro Paese.
Nonostante ciò, e nonostante il Paese non si sia ancora affrancato dalla crisi, nel 2014 alcuni segnali di ripresa ci sono stati, anche se meno accentuati rispetto a quanto rilevato nei principali paesi europei. Sul fronte occupazionale, per la prima volta dal 2008 è stato riscontrato un complessivo aumento della partecipazione al mercato del lavoro ed è diminuito tra i cittadini il timore (percepito) di perdere il lavoro. Più della metà delle persone occupate si ritiene molto soddisfatta del proprio impiego e diminuiscono le differenze tra i tassi di occupazione delle donne con figli e senza figli. Restano invece molto forti i problemi di conciliazione soprattutto per le donne in possesso di un basso titolo di studio e per le donne straniere. Così come molto marcate restano le differenze tra il Nord e il Sud del Paese rispetto alla crescita occupazionale.
Questo breve cenno alla sfera occupazionale rappresenta uno spaccato che si colloca all’interno di un quadro più ampio in cui fenomeni sociali, economici e ambientali contribuiscono a definire la complessa dimensione del benessere del cittadino. Un concetto mutevole, fluido, dinamico, che assume un peso tanto più rilevante quanto più le condizioni di vita sono “stressate” da sollecitazioni e fattori che intervengono su molteplici aspetti del nostro quotidiano.
Anche quest’anno l’Istituto nazionale di statistica, con la terza edizione del “Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile (Bes 2015)”, approfondisce le diverse dimensioni che entrano in gioco nella costruzione del benessere dei cittadini. Ambiente, salute, istruzione e formazione, lavoro e conciliazione, sicurezza sono solo alcuni dei 12 domini indagati dall’Istat, articolati in 130 indicatori che rilevano i fattori che hanno un impatto diretto sul benessere umano e sull’ambiente. La pluralità di temi affrontati rimanda naturalmente alla complessità del fenomeno e offre, al contempo, una visione dettagliata delle varie componenti che lo caratterizzano.
Il dominio del “benessere soggettivo” è, tra queste, la dimensione che misura nel complesso il livello di soddisfazione che i cittadini esprimono per la propria vita. Un bilancio che offre un’adeguata sintesi del benessere percepito e su cui appare interessante soffermarsi per valutare come la crisi economica abbia inciso sulla percezione dei cittadini.
In merito a questo aspetto, il rapporto evidenzia un atteggiamento cauto da parte dei cittadini. Pur in presenza di una quota consistente di persone molto soddisfatte della propria vita, l’incertezza generata dalla crisi incide ancora in maniera significativa sulla percezione dello stato di benessere soggettivo, che nel complesso si presenta stabile sia nel 2013 che nel 2014, ma con incoraggianti segnali provenienti da alcune inversioni di tendenza.
Cresce, ad esempio, il numero di quanti credono che la propria condizione di vita migliorerà nei prossimi 5 anni, passando dal 24% (2013) al 27% (2014). Diminuisce la percentuale di coloro che invece temono che le proprie condizioni di vita peggioreranno in futuro (dal 23,3% nel 2013, al 18% nel 2014). Cresce la soddisfazione dei cittadini per il proprio tempo libero – uno dei principali fattori che determina la qualità della vita – e cresce, dopo anni negativi, il livello di soddisfazione per la situazione economica, anche se non raggiunge ancora i livelli pre-crisi (grafico 1)
Grafico 1 – Indicatori di benessere soggettivo. Anni 2013 e 2014.
Fonte: Istat, “bes|2015. Il benessere equo e sostenibile in Italia”. Dati, “Indagine Aspetti della vita quotidiana”.
Le prospettive più incoraggianti provengono dalle indicazioni fornite dai più giovani, che si confermano il segmento che guarda con maggiore ottimismo al futuro, nonostante abbiano rappresentato la categoria sociale più esposta agli effetti della crisi. In particolare, i giovani di età compresa tra 14-19 anni continuano a esprimere i livelli più elevati di soddisfazione, con i valori si mantengono più alti della media fino ai 24 anni, marcando importanti differenze rispetto al resto della popolazione.
Grafico 2 – Giudizio sulle prospettive future per classe di età. Anni 2013 e 2014.
Fonte: Istat, “bes|2015. Il benessere equo e sostenibile in Italia”. Dati, “Indagine Aspetti della vita quotidiana”.
Diverso è lo scenario che si prefigura leggendo il dato per ripartizione territoriale. Le differenze evidenziate nel rapporto sono alquanto indicative. Al Nord è stata riscontrata una percentuale decisamente più alta (41,1%) di cittadini che dichiarano di essere altamente soddisfatti della propria condizioni di vita. Al Centro e al Sud lo stesso dato tocca valori percentuali più bassi, pari rispettivamente al 35% (Centro) e al 27,9% (Mezzogiorno).