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Una nuova frontiera dell iniziativa sindacale

Nei prossimi anni ci aspetta una generalizzata restrizione delle risorse sia pubbliche che private. Infatti il bilancio pubblico sarà impegnato al rientro dal deficit e dal debito: non sarà possibile destinare ulteriori risorse all’espansione della spesa sociale. I bilanci delle aziende private saranno caratterizzati da una sempre maggior attenzione al contenimento dei costi per fronteggiare la concorrenza: ciò varrà sia per le aziende che andranno bene, che per le aziende che andranno male.

La contrattazione si troverà di fronte a una fase non breve di restrizione delle risorse da redistibuire. Bisogna quindi porsi il problema di come sia possibile continuare a contrattare.

La prima necessità è un cambio di mentalità: bisogna passare da una contrattazione che distribuiva un po’ a tutti a una contrattazione che sceglie di concentrare i benefici che produce sulle aree di forza lavoro che, in relazione a particolari bisogni, sono più deboli.

La seconda necessità è un occhio di riguardo ai costi delle aziende: bisogna operare con una crescente attenzione al rapporto costi (per l’azienda) benefici (per i lavoratori). Lo abbiamo sempre fatto, anche in passato, ma questa necessità è diventata ancor più impellente: occorre fare richieste per ottenere gli stessi benefici (seppur selezionati) a costi inferiori o più benefici a parità di costi.

La terza necessità è un parziale abbandono della logica universalistica che ha, giustamente, caratterizzato il movimento sindacale riguardo alla spesa sociale: a certi interventi deve provvedere lo Stato, con la spesa pubblica e noi ci mobilitiamo perché ci sia la più ampia rispondenza possibile tra questa e i bisogni dei lavoratori. Questo approccio rischia di produrre molte lotte e pochi risultati, visto che la spesa pubblica deve ridursi e la sua capacità di copertura dei bisogni è inadeguata. 

Del resto la stessa contrattazione aziendale per sua natura non è universalistica perché coinvolge solo i dipendenti delle aziende che riescono a farla (che sono molto meno della metà del totale). Meglio, dunque difendere quello che abbiamo già conquistato con il tradizionale approccio universalistico, come diritto minimo per tutti e offrire al maggior numero di lavoratori un “di più”, tramite la contrattazione aziendale. 

Pensiamo, per esempio a contributi per il pagamento degli asili o degli asili-nido, o all’intervento dell’azienda per pagare le tasse scolastiche o i libri di testo per i figli dei dipendenti, o allo stanziamento a favore di un maggior contributo aziendale per le pensioni integrative rispetto a quello già previsto in numerosi contratti nazionali, o alla stipula di convenzioni con le assicurazioni per pagare quello che la sanità pubblica non copre (cure dentistiche e oculistiche, per esempio).

Questo quadro d’insieme delinea una nuova strada per la contrattazione aziendale, quella di fare richieste che mirano a ridurre i costi per i lavoratori che devono fronteggiare uno o più della emergenze di cui abbiamo fatto un primo elenco.

La legislazione italiana prevede la totale decontribuzione e detassazione per alcuni tipi di spesa aziendale a favore dei propri dipendenti: le spese a carattere previdenziale, quelle di tipo sanitario e quelle per il diritto allo studio (comprese le spese per gli asili e i nido, l’acquisto dei libri di testo, le borse di studio, l’iscrizione a campus estivi), le spese per i buoni pasto fino a 5,29 euro il giorno, le spese annue fino a 258 euro l’anno sostenute dall’azienda per venire incontro agli acquisti (di qualsiasi tipo) sostenuti dai dipendenti (art. 51 del TUIR).

Ciò significa che la stessa somma spesa dall’azienda, se è finalizzata all’aumento dei salari ha un rapporto costi-benefici di circa uno a due (spendo 100 e il lavoratore ne incassa 50), se è indirizzata su uno dei  capitoli che dicevamo sopra ha il rapporto di uno a uno (spendo 100 e il lavoratore ne incassa 100).

Il sindacato dovrebbe impegnarsi per allargare ad altre spese sociali, oltre a quelle citate, questi benefici fiscali, a partire dall’assistenza agli anziani che, insieme alle spese per i figli, risulta essere sempre ai primi posti nelle rilevazioni sul fabbisogno di welfare realizzate. Ma già oggi ci sono ampi spazi di azione per rivendicare, nelle piattaforme aziendali, benefici per i lavoratori che costino meno alle aziende.

Per percorrere questa strada si possono delineare due vie. 

Per le grandi aziende accordi aziendali che prevedano che l’azienda eroghi contributi mirati ai lavoratori, per esempio stabilire che a tutti i lavoratori che certificano di avere un figlio al nido l’azienda paga in tutto o in parte la retta ( come è già stato fatto alla Roche, alla Roche Diagnostic, alla Patheon della Brianza e alla Fondazione Poliambulanza di Brescia). Oppure, facendosi carico dei problemi dei costi aziendali, tramutare il vecchio premio aziendale in benefici di altra natura, come è stato fatto alla Tecnofar di Sondrio, in cui si è negoziata l’erogazione di un ticket di 5,29 euro per il pasto e l’adesione a un fondo di sanità integrativo.

Oppure elevando il trattamento di maternità (ad esempio all’AFM di Cremona), o concedendo permessi per le visite medico-specialistiche, come si è fatto in Rete Salute a Lecco.

Per le piccole aziende si può pensare a istituire, tramite la contrattazione interconfederale territoriale dei fondi che erogano questo tipo di servizi, cui le aziende aderiscono tramite accordo aziendale. Questa è una via, tra l’altro, per estendere la contrattazione integrativa alle piccole aziende in una condizione di accentuata frammentazione produttiva, problema più volte denunciato, ma mai risolto dal movimento sindacale italiano.

Dunque una nuova sfida si prospetta per il sindacato. E’ profondamente cambiato il contesto entro cui abbiamo fatto per sessant’anni la contrattazione. Dobbiamo fronteggiare un periodo lungo di “magra” quanto a risorse disponibili da ridistribuire: facendo tesoro dell’esperienza fin qui fatta e di un po’ di fantasia possiamo provare a cambiare direzione e a continuare a fare, seppur in modo nuovo, il nostro mestiere di sempre.

 (*) Responsabile dell’Osservatorio Contrattazione della Cisl lombarda

 

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