L’Alta Corte di Giustizia ha annullato per due volte gli accordi fra USA e UE per lo “scambio” di dati digitali. Gli accordi, in concreto lasciano i dati europei sul suolo americano, nei server delle Big Tech cui li consegniamo usando mail, cloud, social etc, etc. L’Alta Corte ha ritenuto che i dati domiciliati in USA siano per ciò stesso aperti alle autorità del luogo, le più varie e variamente collegate al mondo americano di politica ed affari, e che ciò determini squilibri d’affari, politici e culturali, incompatibili con le garanzie fissate nei patti fondativi della UE. Nonchè con le stesse norme di di privacy sancite dal Regolamento UE del 2017. Tuttavia per la terza volta la Commissione Von der Leyen 1 e il Consiglio dei governi hanno tentato di quadrare il cerchio accettando l’idea di Biden di un Trans-Atlantic Data Privacy Framework che lascia i dati dove stanno, ma (“fidatevi di noi, terra di libertà e rule of law”) sotto la tutela di un ente americano denominato Privacy and Civil Liberties Oversight Board (Pclob), specializzato nel tutelare i suddetti valori nel territorio americano.
Trump spariglia, forse alla cieca
L’accordo è cosmetico e a vantaggio dei soli Stati Uniti, ma Trump , preso probabilmente da rese dei conti post elettorali, lo ha silurato l’altro ieri cacciando dalla sera alla mattina tre democratici dal Board per sostituirli, in stile RAi, con MAGA garanti della Privacy e delle Libertà Civili. A questo punto anche il sovranista d’alpeggio o di tonnara dovrà convenire, perfino un po’ arrabbiato, che il velo, già trasparente, è caduto e che la faccenda dei dati va presa ed affrontata per davvero. Finalmente e in tutti i suoi aspetti legali, politici, industriali.
Sta alla UE (Commissione e Consiglio degli Stati) di annullare, ancora fresco di firma, l’accordo che da improvvido è divenuto improponibile. E semmai i vertici esitassero a causa della radicalità della questione, provvederanno, ben si spera, a incoraggiarli i ricorsi legali di professionisti e aziende e dei molti altri che usando mail, servizi e cloud di Google, Amazon, Microsoft, Apple, Meta accumulano altrove dossier contro se stessi. Sperando fra l’altro che l’avv. Schrems, l’austriaco che all’Alta Corte ha già battuto, per due volte, gli accordicchi precedenti, stia alacremente preparando il terzo round.
Il “che fare?” della UE e dei 27
Il muoversi rumoroso, ma concreto, di Trump ha il merito, gli va concesso, di svegliare opinioni pubbliche distratte. Ma ora tocca ai mass media adottare la questione ed evitare che venga sbrigata senza echi fra politici e burocrati, nazionali e di Bruxelles. La UE e i 27 Stati dovrebbero ovviamente reagire in termini concreti ed al più presto, facendo, duole ammetterlo, esattamente come in Cina. Xi Jinping avrà pure i suoi difetti, ma da anni ha regolato a questione per benino: da un lato ha protetto la crescita di campioni nazionali (quanto a questo l’Europa è all’anno zero); dall’altro lato ha messo in chiaro con le Big Tech possono fare soldi con i dati dei cinesi, ma stoccandoli nei server della Cina. Le Big Tech ovviamente ci stanno perché il mercato cinese gli conviene. Ma i soldi che le cinque Big Tech ricavano dall’Europa sono più, molti di più, di quanti ne estraggano dalla Cina: centinaia di miliardi ogni anno fra pubblicità profilata e percentuali sulle vendite on line. Una montagna rispetto alla bazzecola di costo di qualche capannone dedicato ai server in giro per l’Europa. Ma le big Tech lo faranno solo se costrette, come s’è capito a suo tempo dalle uscite di Zuckerberg, il più vocale dei miliardari al silicone, che tirava la giacchetta a Biden, impegnato a trattare la questione, accampando che la localizzazzione in Europa comporterebbe qualche spesa sottratta allo sviluppo mirabile di internet, metaverso e così via. Gli altri quattro non lo dicono, ma certamente lo pensano anche loro. E tutti insieme caricando a palla il “loro” Presidente. Che mentre per le sue brighe cacciava i garanti di Biden, a Davos lamentava a muso duro che le multe europee alle Big Tech (sostanzialmente per abuso di potere dominante ed evasione delle tasse) sono persecuzioni inaccettabili a danno di grandi campioni americani.
La questione, com’è chiaro non riguarda i soldi, ma il potere fra le due sponde atlantiche riguardo a denaro, certezza del diritto, concretezza della sovranità dell’Unione come espressione dei 27 Stati e viceversa. E’ spalancata nei tempi medi la questione della attuale minorita europea nel campo dei servizi digitali, sebbene non manchino le competenze professionali, i soldi, le fabbriche di chip e quant’altro è necessario. Nell’immediato intanto, e nell’incombere di ampie trattative doganali, non conviene che la controparte abbia i tuoi dati stretti nelle mani.