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La politica e i talk show

Ma a chi da lì si rivolge? Si tratta di una decina di milioni di individui reali che ogni sera si ritagliano una fettina di attenzione per questo o quel conduttore. Dieci milioni non sono affatto pochi se si pensa che gli iscritti ai partiti negli anni ’70 non superavano i cinque milioni sommando PCI (2 milioni) DC (idem) PSI e MSI (0,5 mln cadauno) più altri sparsi in formazioni meno di massa. Le primarie di Prodi nel 2005 radunarono, si disse, 4 milioni dell’allora Centro Sinistra. Grosso modo altrettanti volendo ne avrebbe plausibilmente convocati Berlusconi, che però recitava ante litteram da Grillo e Casaleggio per cui, altro che adunate, allora come oggi, quell’Uno era uguale e bastava a sé stesso.

In quei talk show che “tengono su” la politica, questo e quello vanno per fornire prova di esistenza in vita piuttosto che per convincere chi sta a casa e tantomeno chi gli sta di fronte. E in tutti passa di tutto, senza che si possa individuare nell’uno o nell’altro una specifica inclinazione partigiana. Ne consegue che, i talk show paiono come luoghi di transito, privi di specifiche “identità” sul piano del contenuto e a malapena distinguibili l’uno dall’altro, sul piano dell’espressione nonostante le acrobazie che compiono, per connotarsi col comico d’ordinanza, col sondaggista di fiducia, col reporter da corsa più o meno barbuto, etc., etc.. Il riscontro di questa emulsione dovunque uguale a sé stessa lo troviamo nella composizione del pubblico, assai simile per età, livello di studi, e concentrazione territoriale.

In questa situazione che fa sembrare tutti uguali a tutti, quale atteggiamento conviene a una forza politica nuova o da rinnovare? Grillo, quand’era nuovo, provò l’assenza, che costringeva comunque chi c’era a parlare ossessivamente dell’assente. Ma per durare avrebbe dovuto costruire un vero partito con tanto di scheletro, altro che Rousseau. Inadatto a pensarlo e a farlo, passò presto al casting dei dirigenti proprio in funzione della resa televisiva. Da cui la supremazia di Di Maio e Di Battista, i più sciolti di lingua.

Fossimo il PD o uno qualunque dei soggetti del centro sinistra, proveremmo a raccogliere la bandiera che Grillo lasciò cadere. Sapendo peraltro che solo se sai bene chi sei, puoi fare a meno di andare ossessivamente a raccontarlo nel frullato della tv. E qui naturalmente casca l’asino, anzi la politica asinina.

*da Left Wing, 01/03/ 2019 

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