In questo Sito avevamo già trattato, qualche mese fa, della “Rotta Artica” con una bella, e densa, intervista a Marzio Mian, tra i migliori esperti di livello internazionale sull’Artico.
Un tema, quello dell’Artico, che diventerà, mi si perdoni l’ossimoro (ma lo è fino ad un certo punto), rovente per gli enormi interessi economici in gioco (dalla pesca al petrolio, dai diamanti ai metalli, fino ad arrivare ai nuovi cavi sottomarini di internet che sposteranno le vie di connessione). Insomma un vero capovolgimento planetario, che produrrà anche nuovi rischi ambientali.
Infatti, lo scioglimento dei ghiacci sta aprendo rotte commerciali che collegano l’Asia e l’Europa, accorciando i tempi di navigazione rispetto alle tradizionali rotte come quella attraverso il Canale di Suez.
Ma produrrà, anzi sta già producendo nuovi problemi.
Sulla pesca, ad esempio, fonte essenziale di proteine per gran parte della popolazione mondiale, oltre a garantire la sussistenza di circa 390 milioni di piccoli pescatori e lavoratori, il cambiamento climatico è una grossa minaccia per la pesca mondiale, in particolare nell’Artico Pacifico. Il Mare di Bering orientale e il Mare dei Ciukci, che ospitano 8 delle attività di pesca più produttive al mondo, stanno già subendo significativi cambiamenti climatici che hanno contribuito al sorprendente crollo degli stock di due specie importanti, il granchio delle nevi e il merluzzo del Pacifico.
Inoltre il cambiamento sta producendo anche la riduzione della superficie di ghiaccio. Sulla base dei rilevamenti satellitari, il ghiaccio marino dell’Artico ha raggiunto la sua superficie minima annuale il 7 settembre scorso, con un’area ricoperta di ghiaccio di 4,39 milioni di chilometri quadrati. Ciò corrisponde al nono valore minimo annuale più basso registrato dall’inizio delle misure satellitari 45 anni or sono.
Anche l’erosione del permafrost può rappresentare una grave minaccia per la catena alimentare mondiale.
Tutti questi segnali sono davvero preoccupanti. Dovrebbero spingere le potenze artiche verso un atteggiamento di cooperazione per la tutela di questa area del pianeta fondamentale per la nostra sopravvivenza. Invece sull’Artico si sta prefigurando uno scenario geopolitico sempre più conflittuale.
E’di pochi giorni fa la notizia che la Federazione Russa sta ingrandendo i tunnel dove avvengono i test nucleari nella gelida isola artica di Novaya Zemlya. Inoltre si sono visti movimenti di navi e aerei legati a Rosatom. Si pensa che si stia costruendo un sito per testare i motori a propulsione nucleare del missile da crociera, Burevestnik.
Per non parlare della presenza, nel Mare Artico, di tre grosse navi rompighiaccio della Marina Militare Cinese.
In questo contesto gli USA stanno aggiornando la loro strategia artica.
Recentemente, il 21 giugno 2024, il Pentagono ha diffuso un documento davvero importante, ovviamente non classificato, sulla nuova strategia artica che merita d’essere, brevemente, analizzato.
“The Arctic is a strategically important region for the United States. DoD’s foremost objective is to protect the security of the American people, including those that call the Arctic home.
The North American Arctic region comprises the northern approaches to the homeland and includes sovereign U.S. territory in Alaska–home to significant U.S. defense infrastructure–and the sovereign territory of North Atlantic Treaty Organization (NATO) Allies including Canada and the Kingdom of Denmark’s autonomous territory of Greenland. Vital for homeland defense, the North American Arctic region hosts aerospace warning, aerospace control, and maritime warning capabilities for the binational U.S.-Canada North American Aerospace Defense Command (NORAD).
The North American Arctic region is also integral to the execution of Indo-Pacific operations, as the northern flank for projecting military force from the U.S. homeland to that region.
Geographically, the European Arctic region comprises the Arctic territory of NATO Allies Finland, Iceland, Norway, and Sweden, as well as Russia’s Kola Peninsula. Collaboration in this region among Unified Combatant Commands (CCMDs) and Arctic Allies is critical to collective defense of NATO Allies and to U.S. homeland defense. The accession of new NATO Allies and the strengthening of the Alliance opens strategic opportunities and supports critical objectives in the NSAR. The Arctic serves as an avenue for power projection to Europe and is vital to the defense of Atlantic sea lines of communication between North America and Europe.
The Arctic includes multiple strategically significant maritime chokepoints. Reduction in sea ice due to climate change means chokepoints such as the Bering Strait between Alaska and Russia and the Barents Sea north of Norway, are becoming more navigable and more economically and militarily significant”[1].
In questa pagina, all’inizio del rapporto sulla nuova “strategia artica” del Pentagono, ci sono tutti gli elementi degli interessi strategici degli Usa e della Nato nel continente Artico, che sta diventando uno scenario sempre più sensibile per l’Occidente.
Scenario sensibile, come scritto sopra, per la presenza delle potenze ostili russa e cinese. In particolare preoccupa il “protagonismo” cinese.
Si osserva infatti che Pechino “include l’Artico nella sua pianificazione a lungo termine e cerca di aumentare la propria influenza e le proprie attività in quella regione.
Sebbene non sia una nazione artica, la RPC sta tentando di sfruttare le dinamiche in corso nell’Artico per perseguire una maggiore influenza e accesso, sfruttarne le risorse e svolgere un ruolo più importante nella gestione del Grande Nord. Pechino in effetti sta rafforzando le proprie capacità operative in ambiente polare, dove la sua presenza, sebbene limitata, è in aumento. Ad esempio, sta dando impulso alla cantieristica per rompighiaccio di ultima generazione e nel corso delle 13 spedizioni di ricerca artiche condotte fino a oggi, le sue navi hanno testato, tra le altre attività, veicoli sottomarini senza pilota. Negli ultimi anni le navi della marina dell’Esercito di Liberazione Popolare (PLAN) hanno anche dimostrato la capacità e l’intenzione di operare all’interno e attorno alla regione artica attraverso esercitazioni a fianco della marina russa.
Sebbene la stragrande maggioranza dell’Artico sia sotto la giurisdizione di Stati sovrani, la RPC cerca di promuovere la regione artica come un’area di “diritto globale” (global common) al fine di poter avere accesso alla sua regolamentazione e sfruttamento. Una visione che cozza contro la nazionalizzazione della quasi totalità del bacino del Mar Cinese Meridionale, che la RPC sta perseguendo da anni. La politica artica del 2018 di Pechino sostiene che gli Stati non artici dovrebbero contribuire al “futuro condiviso per l’umanità” della regione a causa dell’importanza globale dell’Artico, mentre la Via della Seta Polare è stata utilizzata per guadagnare terreno con investimenti in infrastrutture e risorse naturali, anche nel territorio degli alleati della NATO (come ad esempio la Groenlandia)”[2].
Sul fronte russo, anche nella nuova strategia artica statunitense, questa regione svolge un ruolo significativo nella sicurezza e nei calcoli economici di Mosca, al punto che nel Concetto di politica estera del 2023 l’Artico rappresenta la seconda regione prioritaria della Russia dopo il suo near abroad (estero vicino)[3].
Come sappiamo la guerra in Ucraina ha favorito l’ingresso nella Nato di Svezia e Finlandia, un tempo neutrali.
Questo offre per gli Usa e la Nato opportunità operative inedite di contrasto e di monitoraggio (ovvero anche di attività di intelligence), ma anche di problemi non semplici (es. l’enorme confine tra Russia e Finlandia), dato il numero rilevanti di attori politici nella “comunità artica”.
La nuova strategia del Pentagono, secondo il documento, si sviluppa in tre fasi.
Esse sono:
“il miglioramento delle capacità artiche delle Forze Armate continuando a investire in sensori, intelligence e capacità di condivisione delle informazioni per aumentare la comprensione dell’ambiente operativo e la capacità di gestire i rischi; coinvolgere alleati e partner insieme ad autorità federali, statali e locali senza dimenticare le tribù e comunità native dell’Alaska e l’industria, al fine di rafforzare la deterrenza integrata e aumentare la sicurezza condivisa; infine esercitare la presenza nell’Artico addestrandosi sia in modo indipendente che insieme ad alleati e partner per dimostrare interoperabilità e capacità congiunte credibili, sostenendo al contempo la difesa del territorio nazionale e le operazioni di proiezione della potenza globale”[4].
Questo vuol dire investire nell’elettronica, i sensori, in nuove infrastrutture e anche nuove navi rompighiaccio (come faranno USA, CANADA E FINLANDIA), e nell’aumento della deterrenza militare (ovvero nuove truppe).
Un Artico, quindi, sempre più militarizzato e a rischio di gravi danni ambientali.
[1] DOD (Departement of Defense ), 2024 Arctic Strategy, pag. 2
[2] https://it.insideover.com/difesa/gli-usa-e-lartico-una-nuova-strategia-per-fermare-lespansione-di-russia-e-cina.html di Paolo Mauri
[3] ibidem