I dati raccolti nell’ultimo Rapporto annuale di Inps evidenziano che sia nell’ultimo triennio che nell’ultimo anno, il saldo occupazionale è positivo. Il numero di occupati assicurati Inps è cresciuto in tutte le regioni italiane, anche se ad aumentare sono stati per la maggior parte i contratti a tempo determinato, sia part time che full time. Sono cresciuti – seppure in maniera meno evidente – gli occupati a tempo indeterminato nel settore privato (+0,5%), mentre sono leggermente calati in quello pubblico (-0,3%).
Crescita dei contratti a termine, ma non nel pubblico
Per quanto riguarda l’insieme dei contratti non a tempo indeterminato, nel settore privato sono cresciuti in maniera consistente sia gli occupati che le giornate lavorate totali e pro capite (rispettivamente +8%, +11,1%, +2,8%). A ben vedere l’aumento maggiore ha riguardato i contratti di apprendistato, (+14,8% gli occupati,+17,7% le giornate lavorate), mentre per i contratti tempo determinato è consistente la crescita degli occupati (+7,4%). Diversa la situazione del settore pubblico, dove il tempo determinato è diminuito sia per numero di occupati (-3,9%) che di quantità di lavoro (-0,4% le giornate lavorate totali).
Quanti passaggi all’indeterminato?
Nel settore pubblico 3 lavoratori su 4 hanno mantenuto lo stesso contratto dal 2017 al 2018 – il 53% sempre nel settore pubblico, e il 22% è passato al settore privato – mentre il 18% è passato a un contratto a tempo indeterminato. Il settore privato è evidentemente più dinamico: il 62% dei dipendenti a tempo determinato (inclusi stagionali, somministrati e intermittenti) ha mantenuto nel 2018 la stessa posizione del 2017, mentre il 16% che è transitato al tempo indeterminato, il 2% che ha trovato impiego nel settore pubblico (prevalentemente a tempo determinato), il 2,3% passato all’apprendistato. Infine ben il 17,6% non risulta più inclusa tra i dipendenti.
La crescita che si osserva nel settore privato è dovuta alla crescita degli occupati part year, che riflette la positiva dinamica delle assunzioni a tempo indeterminato e delle trasformazioni da tempo determinato a tempo indeterminato ripetutamente messa in evidenza nel corso del 2018 dal monitoraggio mensile dell’Osservatorio Inps sul precariato. Nel complesso nel 2018 fra gli occupati part-year (che rappresentano la metà dei lavoratori nel settore privato) sono cresciuti del 5,8% i part time (+5,8%) e del 4,5% i full time (+4,5%), e per entrambe queste tipologie si registra un incremento delle giornate lavorate pro-capite e delle giornate lavorate totali.
I nuovi entrati nel mondo del lavoro
I nuovi entrati nel mondo del lavoro nel 2019 sono stati 1,8 milioni, il 9,4% della forza lavoro, ma solo il 3,4% dei neo assunti nel settore privato e lo 0,7% di chi è entrato nel settore pubblico, ha usufruito di un contratto a tempo indeterminato. Il gap fra settore pubblico e privato è enorme: nel privato essi rappresentano l’11% del totale dei dipendenti, nel pubblico appena il 2%. Tra le diverse tipologie contrattuali i nuovi entrati costituiscono il 29% dei dipendenti a termine nel privato, il 26,5% degli apprendisti e il 17% dei dipendenti a termine nel settore pubblico.
Salari stabili
L’ultima buona notizia nel complesso è che la retribuzione media annua dei dipendenti è in leggero aumento (-1,1% nominalmente rispetto al 2017), un valore perfettamente allineato a quello dell’inflazione, anche se la crescita si è registrata principalmente nel settore pubblico (+3,4%) al contrario del settore privato, dove si è fermata allo 0,7%. Fra gli occupati full time, nel privato un contratto a tempo determinato offre in media 13.858 euro annui (un contratto da apprendista 14.716 euro annui), mentre uno a tempo indeterminato 32.712 euro. Nel settore pubblico si va dai 18.374 euro annui dei contratti a tempo determinato ai 36.593 di quelli a tempo indeterminato.
Bene: la visione complessiva pare dunque abbastanza positiva. Ma la media ha il neo di appiattire i gap sociali, che invece sono molti.