L’amministrazione europea e l’esercizio sempre più integrato e sempre più esteso di compiti amministrativi da parte delle istituzioni europee e nazionali, hanno prodotto risultati di grande rilievo di cui, talvolta, non sembra esservi consapevolezza.
Durante la pandemia da COVID 19, la Commissione, agendo per conto di tutti gli Stati membri, ha negoziato la fornitura di grandi quantità di vaccini e li ha ottenuti in tempi estremamente rapidi.
Tutti conoscono il progetto Erasmus, finanziato dalla Commissione, che consente a un sempre più nutrito numero di studenti europei di frequentare l’università anche in un altro Stato membro. Con il tempo si sono sviluppate alleanze e forme di collaborazione tra le università di diversi Paesi membri. Attualmente, tra i finanziamenti più cospicui per le ricerche universitarie vi sono quelli assegnati dalla Commissione europea.
Oggi siamo molto più sicuri della nostra alimentazione perché l’Unione europea impone standard rigorosi di sicurezza alimentare e si preoccupa di assicurare controlli diffusi ed efficaci.
Ci sentiamo sicuri anche per quanto riguarda i farmaci e la loro sperimentazione, in virtù del coordinamento tra le agenzie del farmaco dei diversi Stati dell’Unione.
La proprietà intellettuale è protetta a livello europeo e questo ne rafforza la tutela.
I nostri voli sono sicuri, per via delle regole imposte dall’Agenzia europea per la sicurezza aerea. Grazie ad accordi conclusi in ambito europeo possiamo viaggiare senza passaporto e senza sostenere costi aggiuntivi per telefonare.
La criminalità viene contrastata con maggiore efficacia, aumentando la nostra sicurezza, in conseguenza delle diverse forme di cooperazione rafforzata che siamo riusciti a realizzare tra le forze di polizia dei Paesi membri.
Questo, naturalmente, non significa ignorare i limiti delle regole europee. Bisogna esserne consapevoli e impegnarsi nel rimuoverli e superarli, agendo con sempre maggiore efficacia per migliorare il funzionamento delle istituzioni dell’Unione.
Dall’esame dell’attuale assetto dell’amministrazione europea e dei principi sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali emerge, quindi, la tendenza a una progressiva convergenza tra ordinamento europeo e ordinamenti nazionali.
Ciò appare dovuto alla natura dei fenomeni e delle questioni emergenti oggetto dell’azione amministrativa.
Il cambiamento climatico, la crisi energetica, la carenza di materie prime essenziali per lo sviluppo tecnologico, i movimenti migratori, la transizione digitale, la difesa, la cybersicurezza non sono problemi risolvibili autonomamente dagli Stati nazionali ma richiedono l’interazione tra parlamenti, esecutivi e amministrazioni nazionali, europee e, se possibile, sovranazionali.
L’ordinamento europeo è andato incontro ad un progressivo accrescimento di tali interazioni, dimostrando di essere un sistema aperto, flessibile, capace di individuare nuove soluzioni e nuove forme organizzative e procedimentali.
Ad oggi, potremmo dire per “stato di necessità” e, per evidenti e non eludibili ragioni, le politiche di carattere economico, sociale, sanitario, ambientale di rilievo nazionale hanno assunto una dimensione europea.
La tendenza è quella di garantire la coerenza, la composizione e la continuità tra procedure e diritti nazionali e quelli dell’Unione, in funzione della transizione verso nuove forme ordinamentali di portata generale e di natura fondamentalmente unitaria. Il programma Next Generation UE è probabilmente l’espressione più compiuta di questo orientamento.
D’altro canto, nelle società complesse l’azione amministrativa è costretta a farsi carico della valutazione dei nuovi rischi causati dall’attività umana, rischi ambientali, sanitari, finanziari.
In questo contesto, soltanto attraverso lo stretto coordinamento dei sistemi amministrativi nazionali è possibile assicurare misure di efficace contrasto alle crisi – di natura economico-finanziaria, migratoria, sanitaria, energetica – e risposte adeguate alle sfide della globalizzazione.
L’evoluzione registrata e l’attuale configurazione dei diritti fondamentali in tema di amministrazione appaiono innanzitutto legate agli elementi comuni delle tradizioni costituzionali degli Stati membri che, come noto, rappresentano la pietra angolare della costituzione europea. Tra tradizioni nazionali e costituzionalismo europeo si è stabilito una sorta di circolo virtuoso che ne determina il rispettivo e convergente sviluppo.
Il presente assetto dell’amministrazione europea sconta tuttavia l’assenza di uno spazio politico europeo effettivamente integrato, di soggetti politici realmente di livello europeo, di un’opinione pubblica europea che non si riduca alla semplice sommatoria delle diverse sensibilità nazionali.
Nei singoli contesti nazionali si continua troppo spesso a considerare l’Unione europea come un soggetto estraneo agli Stati membri e non – quale effettivamente essa è – come il prodotto della loro interazione e cooperazione, costruita nel tempo sulla base di scelte democraticamente assunte, volontariamente, dai parlamenti e dai governi nazionali; e dalle istituzioni europee, anch’esse costituite ed operanti per volontà e con il contributo fondamentale degli Stati nazionali.
La limitata coscienza politica, che l’Unione ha di sé stessa, condiziona il suo operare concreto e la rende troppo spesso non adeguatamente risoluta – e quindi tempestiva – dinanzi alle grandi sfide che gli Stati e i popoli europei si trovano ad affrontare.
Eppure, quanto sta avvenendo a livello internazionale, dove prevalgono dinamiche fortemente conflittuali e perfino distruttive, fa emergere, per contrasto, la decisiva importanza della comunanza di valori e di principi che rendono gli Stati europei naturalmente vicini e necessariamente solidali nell’affermare i valori di democrazia, dignità umana, libertà, equità sociale, pace.
Si è soliti affermare che l’Unione europea si è costruita e si costruisce nei momenti di crisi e di emergenza. Questo è, in parte, certamente vero.
In tempi recenti, la crisi finanziaria e la pandemia sono state l’occasione per compiere scelte coraggiose, superando concezioni miopi dell’identità e dell’interesse nazionale,
Questa attitudine non appare tuttavia più sufficiente. Il tornante della storia che stiamo attraversando richiede di trarre le dovute conseguenze dalla consapevolezza che gli Stati europei singolarmente non sono in grado di fornire risposte adeguate alle sfide del presente.
Nel marzo 2017, sono stati celebrati a Roma i sessant’anni dalla firma dei Trattati d’origine. In quella occasione, rivolgendo un saluto ai Capi di Stato e di Governo presenti, mi sono permesso di dire che i Paesi dell’Unione si dividono in due categorie: i Paesi piccoli e quelli che non hanno ancora compreso di essere piccoli anch’essi.
Soltanto uniti potranno continuare ad assicurare ai loro cittadini, come avviene da oltre settant’anni, un futuro di pace e di diffuso benessere.
*Estratto dalla Lectio doctoralis del Presidente della Repubblica in occasione del conferimento del Dottorato honoris causa in Scienze delle Pubbliche Amministrazioni, Università di Messina, 22/01/2025 (II mandato)