Dalla definizione di povertà educativa alla messa a punto di indicatori per la rilevazione, dai risultati della rilevazione alla formulazione di obiettivi prioritari alle azioni conseguenti, anche con l’individuazione delle possibili risorse economiche. Questa è il coerente campo di azione proposto da Save the Children nel suo recente secondo rapporto “Illuminiamo il futuro. Obiettivi per liberare i bambini dalla povertà educativa” (1). Entro il 2030.
Povertà educativa ovvero “la privazione da parte dei bambini e degli adolescenti della possibilità di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni”. Questa la definizione coniata da Save the Children nel suo primo rapporto “La lampada di Aladino” (2). Rapporto in cui veniva proposta una batteria di 14 indicatori (3) utilizzati poi per analizzare la situazione italiana, sperimentare l’Indice di povertà educativa (IPE) e per proporre una strategia più complessa (4), orientata ad un nuovo Piano per l’infanzia e l’adolescenza, costruito dall’Osservatorio (5).
Il secondo rapporto aggiorna la rilevazione della situazione italiana (6). Ne esce uno stato di povertà educativa complessivo, con le influenze economiche e sociali, la territorialità, una differenza per genere e per condizione di immigrazione (7) . Le implicazioni sui comportamenti extra cognitivi.
In Italia, il 24,7% degli alunni di 15 anni non supera il livello minimo di competenze in matematica e il 19,5% in lettura. Non sono in grado di ragionare in modo matematico, utilizzare formule, procedure e dati, per descrivere, spiegare e prevedere fenomeni, in contesti diversi. Nel caso della lettura, non sono in grado di analizzare e comprendere il significato di ciò che hanno appena letto. Si trovano, quindi, in uno stato di povertà cognitiva. L’Italia si colloca al 24° posto su 34 paesi OCSE. In ambito europeo, l’Italia si posiziona prima soltanto del Portogallo, della Svezia e della Grecia, che presentano rispettivamente le seguenti percentuali: 25%, 27% e 36%.
La povertà cognitiva risulta associata allo status socio-economico e culturale della famiglia (8) .
La povertà socio-economica dei genitori influenza la povertà educativa dei ragazzi in modo diverso, a seconda della zona geografica (9). Le differenze a livello territoriale suggeriscono che la scuola ed altri interventi educativi sono in grado di contrastare la povertà educativa delle famiglie, compensandone gli effetti negativi sulle competenze cognitive. Ad essere particolarmente svantaggiati, oltre alle regioni del Sud, sono anche i piccoli centri con meno di 2.000 abitanti, in tutte le regioni. La varietà dell’offerta educativa risulta generalmente più carente nei piccoli centri.
Le differenze di reddito dei genitori incidono anche sulla possibilità di fruire di diversi stimoli ricreativi e culturali (10).
La povertà educativa presenta un carattere ‘ereditario’. Comunque anche i bambini che vivono in famiglie che non hanno particolari criticità di carattere socio economico possono essere caratterizzati da privazione ed esclusione.
Rilevante è la correlazione tra la bassa acquisizione delle competenze minime in matematica e lettura per i ragazzi in condizioni socio-economiche e culturali svantaggiate e le limitate capacità ‘non-cognitive’: il piacere di stare con gli altri, la facilità nel farsi degli amici e vincere la solitudine, l’attitudine verso comportamenti a rischio per la salute.
Inoltre le adolescenti italiane sono maggiormente toccate dalla povertà educativa rispetto ai loro coetanei maschi in matematica, ma significativamente meno in lettura (11) .
Un altro fattore influente nella povertà cognitiva è l’origine migrante dei genitori (12).
2. Save the Children propone tre obiettivi strategici, articolati in sub obiettivi, motivati in termini di indicatori e ritenuti percorribili entro il 2030.
Per raggiungere tali obiettivi è indicata la necessità: -di un “ deciso impegno da parte delle istituzioni centrali, regionali e locali, del settore privato e della società civile”, – diun “intervento integrato tra diversi livelli di responsabilità, -di un “pacchetto di misure che riguardino il welfare, la scuola, le politiche urbane, l’ambiente, lo sport, la cultura”.
In particolare:
1. un piano nazionale di lotta alla povertà minorile comprendente: -sostegno economico alle famiglie in povertà con minori, rafforzamento dei servizi sociali ed educativi, sostegno alla genitorialità, messa a disposizione gratuita di beni e servizi essenziali; – una misura strutturale di sostegno al reddito per tutti i cittadini in condizioni di povertà assoluta che dia priorità alle famiglie con minori, comprese quelle di origine straniera; – il sostegno alla partecipazione femminile al mercato del lavoro;
2. mense scolastiche per contrastare povertà alimentare e dispersione: – accesso gratuito alle mense scolastiche per i bambini in povertà sia considerato un livello essenziale di servizio; -attivazione di mense scolastiche gratuite nelle zone a più alto tasso di povertà educativa;
3. scuola di qualità per tutti: – completare l’Anagrafe Nazionale degli studenti, per programmare interventi mirati contro la dispersione scolastica; – curare lo stato degli edifici scolastici; – migliorare i sistemi di valutazione dell’apprendimento; -trasformare la scuola in una comunità educante aperta al territorio;.
4. priorità alla prima infanzia:- rafforzare l’offerta di asili nido, soprattutto nelle aree più svantaggiate e prive di risorse, in una logica di centri multifunzionali per i bambini e le famiglie;
5. alta “densità educativa” nelle zone più deprivate: tutti i servizi pubblici, privati e non profit, dedicati ai bambini e agli adolescenti, si dotino di un sistema di protezione dei minori (linee di condotta e procedure specifiche) che prevenga il rischio di comportamenti inappropriati e abusi da parte degli adulti di riferimento;
6. trasformare le aree urbane degradate tramite progetti di riqualificazione sociale e culturale;
7. beni e iniziative culturali a disposizione di bambini e adolescenti;
8. costruire “comunità educanti”.
Le risorse europee, utilizzate in maniera complementare e non sostitutiva, possono contribuire al raggiungimento degli Obiettivi 2030 .
3. Save the Children ha deciso di continuare ad impegnarsi con un programma fondato su due assi strategici:
1) un intervento di tipo comunitario – territoriale: attraverso l’attivazione dei Punti Luce, nei contesti privi di servizi e di opportunità aperti a bambini/e e adolescenti.
2) un intervento di tipo individuale – personalizzato: un piano individuale con il supporto di una dote educativa dedicata alla fornitura di beni e servizi per singoli bambini e adolescenti che vivono in condizioni certificate di povertà.
Ad oggi Save the Children ha aperto 13 Punti Luce in 8 regioni in Italia. Sono stati direttamente coinvolti nelle attività 4.510 beneficiari di cui 2.854 frequentanti regolari e sono state erogate 300 doti educative.
4. Della proposta manifesto va apprezzata innanzitutto la continuità e costanza di Save the Children nel porre l’attenzione su una questione che non ha solo un impatto immediato per quanto riguarda le condizioni dell’infanzia ma riguarda la qualità del futuro del nostro Paese e della presenza di questo nello sviluppo del mondo globalizzato.
In secondo luogo, è da condividere l’approccio culturale, la promozione delle capabilities e quello sistemico, l’affermazione della logica dell’integrazione delle politiche sociali, culturali, formative e della necessità di governance multilivello e multidimensionale. Il tutto nell’ambito del confronto con esperienze e orientamenti internazionali ed europei. Peculiarità questa, comunque valore aggiunto, di un’organizzazione internazionale.
In terzo luogo, è da considerare come le stesse proposte abbiano alle spalle per la situazione italiana, non soltanto il supporto di una significativa comunità scientifica, ma l’impegno concreto da parte di Save the Children nelle situazioni di disagio territoriale.
E l’ottimismo della ragione e la spinta della speranza progettuale per il caso italiano ( e non solo) vanno incoraggiate e sostenute anche nel confronto di questioni rilevanti quali: lo specifico della situazione istituzionale italiana non (ancora ?) congeniale agli approcci integrati per la settorializzazione e i diversi livelli di competenze sulle tematiche proprie del welfare, della formazione; gli scenari europei di perdurante incertezza della situazione istituzionale, economica e occupazionale; i nuovi profili quantitativi e qualitativi dell’immigrazione.
note
1 Il rapporto, presentato a settembre 2015, èdisponibile presso www.savethechildren.it/pubblicazioni .
3 Save the Children ha selezionato 14 indicatori ritenuti significativi per costruire il primo e sperimentale Indice di Povertà Educativa – IPE:
1. Copertura dei nidi e servizi integrativi pubblici; 2. Classi a tempo pieno nella scuola primaria; 3. Classi a tempo pieno nella scuola secondaria di primo grado; 4. Istituzioni scolastiche principali con servizio mensa; 5. Scuole con certificato di agibilità/abitabilità; 6. Aule connesse ad internet; 7. Dispersione scolastica; 8. Bambini che sono andati a teatro; 9. Bambini che hanno visitato musei o mostre; 10. Bambini che hanno visitato monumenti o siti archeologici; 11. Bambini che sono andati a concerti; 12. Bambini che praticano sport in modo continuativo; 13. Bambini che utilizzano internet; 14. Bambini che hanno letto libri.
4 Diversi sono gli interventi proposti, di lungo e breve periodo: Nuovo Piano per l’infanzia, politica contro la dispersione, formazione continua dei docenti, piano di edilizia scolastica, protezione dei minori, piano nidi, apertura delle scuole anche il pomeriggio, educazione al movimento, educazione musicale e artistica, uso consapevole dei nuovi media, rilancio della lettura e delle biblioteche scolastiche.
5 Come specifica proposta di contrasto il rapporto indicava l’apertura di “Punti luce”. “Nessun bambino in Italia dovrebbe essere privato dell’opportunità di mangiare adeguatamente, andare a scuola con i libri di testo, i quaderni e l’astuccio, leggere un libro o avere un pallone per giocare in uno spazio pulito e allegro. Per questo Save the Children ha deciso di creare, nelle aree più difficili e prive di servizi , i Punti Luce, centri in cui bambini e adolescenti tra i 6 e i 16 anni possono studiare, giocare, avere accesso ad attività educative e sportive altrimenti a loro precluse. I Punti Luce saranno il punto di riferimento per attivare la dote educativa: un piano individuale di supporto per fornire beni e servizi educativi a bambini in gravi e certificate condizioni di povertà. Questo sostegno potrà servire ad esempio per l’acquisto di libri, per le spese scolastiche, per il pagamento di un corso di musica o sportivo, per partecipare a un campo estivo, o per altre attività di contenuto educativo.”
6 Per la rilevazione dei livelli di competenza è stato utilizzato il Programme for International Students Assessment (PISA) dell’OCSE che misura l’acquisizione di alcune competenze in matematica, scienza, lettura, e 4 problem solving, ai 15 anni. L’indagine PISA, oltre alla capacità degli studenti di riprodurre le conoscenze in matematica e
lettura apprese a scuola, valuta la capacità di estrapolare tali conoscenze ed applicarle in contesti scolastici ed extra-scolastici non familiari. Si parla, quindi, nel caso dei test PISA, di ‘literacy’ in matematica e in lettura, riferendosi alla capacità degli studenti di utilizzare conoscenze e abilità in domini chiave, e di analizzare, riflettere e comunicare in maniera efficace nel momento in cui identificano, interpretano, e risolvono problemi in una varietà di situazioni. I ragazzi di 15 anni che non raggiungono le competenze minime in lettura e matematica – i cosiddetti ‘low performers’ o ‘low achievers’ – hanno quindi capacità di literacy molto limitate. Non è detto che tali studenti siano del tutto incapaci di eseguire operazioni matematiche o di interpretare testi di lettura, ma non sono in grado di utilizzare le loro limitate competenze nelle situazioni problematiche previste anche dai quesiti più facili.
7 Riportiamo a riguardo alcuni grafici.
grafico12
8 Quasi un terzo dei minori di 15 anni che vivono in famiglie con un più basso livello socio-economico e
culturale non raggiunge i livelli minimi di competenza in matematica e lettura, rispetto a meno del 10% dei quindicenni che vivono in famiglie con i livelli socio-economici e culturali più elevati.
9 Nel Nord-Ovest, nel Nord-Est e nel Centro Italia la percentuale di adolescenti in famiglie maggiormente svantaggiate che non raggiungono le competenze minime in matematica si attesta tra il 26,2% ed il 31,2%, mentre al Sud e nelle Isole, raggiunge rispettivamente il 44,2% e il 41,9%. Situazione analoga si riscontra rispetto ai livelli minimi in lettura: se nel Nord-Ovest il 22% dei minori è in povertà educativa, lo è il 34,5% nel Sud e nelle Isole.
10 La percentuale di bambini e adolescenti tra i 6 e 17 anni, che non hanno praticato sport in modo continuativo, non hanno utilizzato internet quotidianamente, non sono andati a teatro e a concerti, non hanno visitato musei e siti archeologici, non hanno letto libri, è significativamente maggiore tra coloro i quali vivono in famiglie con risorse economiche scarse o assolutamente insufficienti
11 Il 23% delle alunne non raggiunge le competenze minime in matematica contro il 20% dei maschi, mentre il 23% degli alunni non raggiunge le competenze minime in lettura contro appena l’11% delle femmine.
12 I ragazzi di 15 anni figli di migranti soffrono maggiormente questo fenomeno. In particolare, ben il 41% dei minori figli di genitori migranti e non nati in Italia (migranti di prima generazione) non raggiungono i livelli minimi di competenze in matematica e lettura. Tale percentuale scende al 31% in matematica e al 29% in lettura per i cosiddetti ragazzi di seconda generazione nati in Italia da genitori stranieri, e si dimezza ulteriormente per i quindicenni non migranti (il 19% in matematica e il 15% in lettura).
13 Si fa riferimento alle risorse dalla programmazione 2014 2020 destinate all’Italia: complessivamente: circa 44 mld di euro di cui € 20,6 mld al Fondo Europeo di Sviluppo Regionale e € 10,4 mld al Fondo Sociale Europeo. Agli stanziamenti comunitari si aggiungono oltre € 20 mld di cofinanziamento nazionale e regionale previsti dai Programmi.
L’Italia ha presentato 60 programmi regionali (ripartiti tra FSE, FESR e politiche agricole) e 14
programmi nazionali (tra cui il PON Inclusione ed il PON Legalità) più il programma attuativo del Fondo aiuti materiali agli indigenti (FEAD).