E’ sempre più urgente che la nostra società ritrovi la fiducia, una fede comune, cioè una convinzione, un’adesione a dei principi e dei valori condivisi. Ogni società può vivere se riunisce i suoi membri attorno a un orizzonte comune, altrimenti prima o poi è votata alla decadenza e quindi alla decomposizione. Questa fiducia comune deve essere fede nell’umano, negli uomini e nelle donne reali che oggi vivono gli uni accanto agli altri in questa nostra terra europea. La democrazia muore quando diventa maggioritario il partito dei “senza fiducia”, perché la convivenza civile è figlia del credere gli uni negli altri.
Non si tratta di credere che l’umanità sia naturalmente buona o che un nuovo assetto politico e sociale metta fine alla malvagità, bensì di credere nelle possibilità di umanizzarsi sempre di più, di contrastare l’ingiustizia e la violenza, di trovare vie di pace e di libertà che non escludano nessuno ma, anzi, tengano particolarmente conto dei deboli, dei meno muniti e difesi, sempre presenti nella società. Nessuna concorrenza tra la fede dei credenti cristiani nel loro Dio e la fede nell’uomo, anche perché quest’ultima è sempre volontà di fraternità universale e principio di speranza, come affermava Ernst Bloch.
In verità, secondo il messaggio cristiano, solo su una trasparente fede nell’uomo si può innestare la fede in Dio, perché, se non c’è la fede negli uomini e nelle donne che si vedono, non si può avere fede in un Dio che non si vede. Questa fede-fiducia negli umani è generata dal guardare il volto dell’altro, dall’ascoltare l’altro, dalla mano tesa che attende di essere stretta; non sta nell’ordine delle idee, ma proviene dal vissuto, dall’esperienza. Il primo compito di chi insegna è dunque quello di trasmettere fiducia, di fare fiducia, mostrando in prima persona di essere affidabile.
Proprio la mancanza di fiducia permette la moltiplicazione e la crescita delle paure, perché il contrario della fiducia è la paura, e le paure creano il nemico, facilmente identificabile dalla collettività in chi è diverso: lo straniero, lo zingaro, l’ebreo, chi ha un orientamento sessuale altro, chi è troppo povero per essere visto e sopportato. Credere significa abbattere i pregiudizi, incontrare l’altro e scambiare la parola, ed è in questo modo che si crede a se stessi e agli altri perché solo mettendo fiducia negli altri ognuno sviluppa e afferma la propria identità.
Senza l’operazione del credere nell’altro non si accede all’amore: che cos’è una storia d’amore se non una storia di fiducia? Come ha scritto Hannah Arendt: “C’è un futuro per la polis, se in essa vi è la complicità del credere, della fiducia gli uni negli altri”.
* saggista italiano, monaco laico, fondatore della Comunità monastica di Bose