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Lo sviluppo da sostenuto a sostenibile

Il 5 dicembre u.s. Koinè ha organizzato un seminario su “I nodi da sciogliere per uno sviluppo ecosostenibile”.

Tra le tante argomentazioni interessanti, ce n’è stata una di cui ho ammirato l’efficacia terminologica: Il passaggio che dobbiamo realizzare è dallo sviluppo sostenuto allo sviluppo sostenibile, dove il termine sostenuto ben rappresenta la pluralità e complessità delle azioni relative che il concetto di sostegno implica eracchiude (sostenuto da …), mentre il termine passaggio implica il cambiamento di attori e di scena tra gli attuali sostenitori (che resistono e sostengono) e chi richiede modelli produttivi e residenziali capaci di garantire lo sviluppo ecosostenibile.

La difficoltà vera risiede in una domanda: da chi è sostenuto lo sviluppo che conosciamo? Da singoli soggetti, da un sistema o da un’intera storia che si è costruita nei secoli nelle sue culture, tradizioni, abitudini?

La risposta è implicita e come sempre obbliga a prendere coscienza delle difficoltà, a programmare azioni lunghe di convincimento, coinvolgimento, partecipazione, azioni capaci di costruire una nuova storia. 

Non ci sono scorciatoie se vogliamo costruire un’altra storia rispetto a quella che si è dipanata nella modernità e nella progressiva trasformazione del capitalismo industriale e finanziario, segnata dal vapore e dal carbone, dal petrolio e dal gas fino alla globalizzazione. Come tutte le storie, ha formato cultura, scuole e educazione, modi di produrre manufatti e ricchezza, organizzazioni sociali e differenze sociali e censuali, rapporti esterni e interni tra Stati e Continenti, scoperte scientifiche e progressi tecnologici nel succedersi di vere e proprie epoche delle scienze e delle tecnologie.

Questo insieme storico e culturale sostiene ciò che conosce, ciò su cui si sono formate regole comportamentali, teorie economiche ecc.

È per la presenza attiva di questo insieme consolidato che dobbiamo avere la consapevolezza che il passaggio allo sviluppo sostenibile non è un’evoluzione ma un cambiamento di valore epocale per cultura, scienza, società, regole economiche. 

La catarsi è recente e realizzata in questi ultimi decenni in cui questa storia ha inciso sugli ecosistemi, alterandone gli insiemi e gli equilibri specifici, superando spesso la loro capacità di carico e di resilienza.

Nella storia dell’uomo, e quindi in quella piccola parte della storia del Pianeta che ci appartiene, non si erano mai verificate modificazioni sistemiche ed ecosistemiche così profonde, non si era mai raggiunto un peso della demografia umana simile ad oggi corredata da quantità smisurate di oggetti e trasformazioni del territorio.

La conservazione di questa storia oggi continua a sostenere lo sviluppo conosciuto nelle sue culture, filosofie e teorie; sostiene quello sviluppo consolidato da abitudini sociali, da lobby d’interesse, da formazioni politiche nazionali e internazionali che lo interpretano, da Stati che ne garantiscono produzione e gestione. 

Paradossalmente il modello storico è sostenuto (almeno in una sua parte) anche da settori cui appartengono coloro che vogliono ‘lo sviluppo sostenibile’.

Mi riferisco a tutti quelli che, pur sentendo il disagio, riferiscono la loro contrarietà al solo negavalore delle fonti fossili da cui si ricava l’energia, senza riflettere, in termini sistemici e in particolare sull’organizzazione culturale e territoriale, dell’uso e della distribuzione dell’energia, senza intervenire cioè sul rapporto tra luoghi di estrazione, luoghi di trasformazione, reti e luoghi di consumo.

È enorme il sostegno che danno le abitudini consolidate, il conosciuto, le comodità della conservazione a qualsiasi livello e in qualunque forma si presentino.

Ma qualcosa si è rotto e la rottura è drammatica; si è rotta la salute dell’ecosistema Mondo, e in questa la salute complessa dell’ecosistema Uomo. Correlo le due forme di ‘salute’ perché la prima, quella del mondo, è da milioni di anni sempre diversa (è lei che crea sé stessa nel divenire dei suoi equilibri), mentre la salute dell’ecosistema uomo è capace di vivere solo nell’equilibrio sistemico in cui è nata.

Se l’ecosistema uomo si troverà a vivere fuori di questo equilibrio, correrà seri rischi di entrare nella categoria delle specie in via di estinzione.

E’ tempo di entrare nella consapevolezza che dobbiamo cambiare cultura, economia e valori, formazione e comportamenti; soprattutto non dobbiamo più sostenere la conservazione del passato ma vivere nella curiosità e nella pratica del futuro.

Mi viene in aiuto il detto ‘il mare è fatto di gocce’ per cui se vogliamo passare dallo sviluppo attualmente sostenuto allo sviluppo sostenibile, dobbiamo intraprendere la costruzione di un sistema sociale ed economico capace di sostenere … lo sviluppo sostenibile. 

Questo sostegno si costruisce con due categorie, “la cultura e la convenienza” e si realizza con la condivisione, la partecipazione, lo sviluppo locale.

Partecipazione sociale e sviluppo locale sono un binomio inscindibile perché con la prima (la partecipazione sociale) si costruiscono la volontà e le azioni comuni, con il secondo (lo sviluppo locale) si realizzano le convenienze, i valori materiali delle merci, la soddisfazione dei bisogni. Si costruisce soprattutto il lavoro locale costruito sull’economia locale, sui valori nati dai luoghi e non dall’omologazione, sulla cultura e la nuova multiculturalità espressa dai luoghi. 

Possiamo dire che senza un forte valore qualitativo e quantitativo dello sviluppo locale sparisce da molti luoghi (la distribuzione attuale della ricchezza ne è testimone) il mondo delle locali convenienze e possibilità legate al lavoro, alla formazione e distribuzione della ricchezza, alla costruzione del benessere.

Se lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che fa dell’equilibrio degli ecosistemi locali il suo punto di forza, non può e non deve poggiarsi sulle grandi reti di mobilità delle merci e dell’energia. L’energia da fonti rinnovabili per sua definizione si realizza dove sono presenti le rinnovabili: sole, vento, biomasse, geotermia ecc.  sono ovunque e quindi sono il presupposto per legare luoghi e sviluppo, partecipazione e sviluppo locale. 

Ci vengono in aiuto le comunità energetiche che per essere tali devono superare i valori delle azioni individuali e capire il valore dell’insieme e della comunità. Sarà in questi nuovi insiemi che si realizzerà più facilmente un sistema sostenibile di sviluppo e di crescita.

Certo la strada è lunga, il conosciuto è tranquillizzante, il valore del risparmio è spesso già sufficiente per mettere pannelli fotovoltaici sul tetto, ma in questo modo rimaniamo monadi che dipendono per tutto il resto ancora dai carburanti, dalla mobilità per il lavoro e l’istruzione, per i servizi.

I passi sono lunghi e complessi e per questo bisogna raggiungere l’obiettivo della partecipazione alle decisioni; ma per decidere cosa? In linea teorica la risposta è facile: lo sviluppo sostenibile nei luoghi e nel valore sociale della condivisione.

La premessa per cui ‘è la storia che viviamo che sostiene l’attuale modello ’ esprime nella sua sintesi complessa tutte le difficoltà. Ma è una via obbligata, che lo vogliano o no le lobby economiche e le oligarchie politiche.

Meglio percorrerla con la costruzione della partecipazione sociale nelle regole dello sviluppo locale che non regalare tempi di recupero a lobby e oligarchie che, capendo dove spira il vento, si attrezzano a creare i loro sistemi pieni di vantaggi per i soliti noti e di svantaggi per i più.

Non bisogna andare lontano per sapere cosa può succedere se lasciamo tempi e terreno a lobby e oligarchie, basta guardare l’attuale modello di formazione e distribuzione della ricchezza.

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