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UNIÃO E RECONSTRUÇÃO *

La terza domenica del governo Lula è passata nella tranquillità. Molto bene

Vedo di ricostruire, a ritroso, una cronaca degli avvenimenti.

Domenica 8 gennaio – Brasilia. C’è stata una manifestazione di tre/quattromila persone di estrema destra, delusi e abbandonati dalle loro stesse fantasie e, di fatto, orientati da un ex Presidente che non ha (ancora e mai) accettato la sconfitta elettorale.

Questi manifestanti esaltati e disperati hanno dato l’assalto ai palazzi del potere: il Congresso (Parlamento) il Palazzo presidenziale e la sede del Supremo Tribunale Federale (la Corte Suprema).

Hanno spaccato tutto.

La polizia, a ranghi ridottissimi, ha assistito a tutta la loro manifestazione: non è intervenuta durante il corteo e né si è organizzata per prevenire quanto era prevedibile. Sostanzialmente, ha lasciato che l’assalto avvenisse e che le azioni di vandalismo si consumassero. 

Quando la sarabanda era ancora in corso, ci sono state le prime reazioni e un decreto del Presidente Lula che ha “commissariato” il responsabile della Sicurezza del governo del Distretto Federale.

Da quel momento in avanti si è visto che la polizia ha cominciato ad agire ed è subito cominciata l’azione di sgombero dell’“area dei tre poteri”. Già all’inizio della notte, alla spicciolata, molti avevano abbandonando la manifestazione, ma altri facinorosi erano ancora in piazza e stavano opponendosi, a distanza, alla polizia. Nella tarda serata erano stati arrestati più di trecento manifestanti. 

Lunedì 9 gennaio: a Brasilia la situazione appare completamente “bonificata” e si comincia a fare l’inventario dei danni: incredibile vedere come ci sia stata una minuziosa volontà di sfasciare tutto. 

Danni irreparabili in tutte le sale, al patrimonio artistico e alla documentazione lì conservati. Un panorama desolante. Nelle reti sociali, da diverse fonti, i brasiliani hanno ricevuto una valanga di video prodotti dagli stessi assaltanti che si esibiscono in atti di vandalismo, brandiscono i “trofei” e mostrano i loro sfoghi, attuati con gusto profanatore, sui simboli repubblicani. 

Fortunatamente non ci sono state vittime. I fatti dimostrano che l’estrema destra politica non può essere presa alla leggera. È sempre ad un passo da atti di sopraffazione, di violenza e di distruzione. E qui si sono sentiti evidentemente autorizzati a passare il segno.

Durante la settimana, il numero degli arrestati è salito a mille e cinquecento.

E le Forze Armate? Spudoratamente defilate, ostentano un clamoroso silenzio.

Di fronte a tutto questo e, ancora una volta, lo spirito democratico è stato profondamente ferito. 

Tuttavia, il coordinamento tra i poteri repubblicani, ricucito sapientemente dal Presidente Lula, è stato la carta vincente: è riuscito a rispondere immediatamente e a dare garanzie istituzionali al Paese. Ma all’orizzonte, le pesanti nubi di un piano extranazionale, oltre che domestico, non sono scomparse. Anzi… 

E pensare che solo una settimana prima, avevamo assistito a una stupenda festa della democrazia.  

Domenica 1° gennaio c’è stata la cerimonia dell’insediamento di Lula e, a fine giornata, potevamo dire che era passato un incubo. Temevamo che la festa sarebbe stata cancellata o macchiata dal sangue, ma questo non è avvenuto: il servizio di sicurezza che era stato messo in piedi è stato un successo, nella totale e colpevole latitanza del “governo uscente”.

Bolsonaro, per non partecipare alla cerimonia del passaggio dei poteri, due giorni prima era “volato via” (con l’aereo presidenziale). Ora è in Florida (USA), ospitato, dicono le cronache, in un villaggio turistico di proprietà di Trump.

Il “passaggio” della fascia presidenziale c’è stato, ma in un modo del tutto imprevisto: originale e pienamente adeguato alla situazione.

Immediatamente, e senza tanti complimenti, Lula, appena insediato, ha firmato una batteria di decreti che hanno revocato o abrogato le peggiori leggi del quadriennio di Bolsonaro.

In questo contesto vanno evidenziati i grandi protagonisti di questa meravigliosa giornata:

Le delegazioni estere presenti sono state più di settanta, con diversi livelli di rappresentanza. Molti i Capi di Stato presenti: tra i latinoamericani, Fernandez (Argentina), Petro (Colombia), Boric (Cile), Lacalle (Uruguay), accompagnato dall’ex Presidente Pepe Mujica. Molti Presidenti africani e molto significativi gli europei: il presidente della Repubblica di Germania, il Presidente del Portogallo e il Re di Spagna Filippo VI. A rappresentare il governo italiano, l’ambasciatore a Brasilia, dott. Azzarello.

La giornata di domenica 1° gennaio è stata un capolavoro dell’equipe di Lula, a partire dal momento in cui abbiamo visto il massimo livello della nazione salire sulla macchina presidenziale che, scoperta, ha fatto il percorso previsto, attraversando una marea di folla.

Lula era accompagnato da sua moglie Janja (Rosangela), dal Vicepresidente Geraldo Alkmin con la sua consorte, Lu.

Ad ogni metro ci chiedevamo se fosse un atto di coraggio o di incoscienza.

Ma tutto è andato bene, grazie ad una organizzazione ferrea quanto discreta di un sistema di sicurezza gestito dal nuovo governo che lo ha messo in atto, ancora senza poteri, con la proverbiale ginga brasiliana (capacità di dribblare gli avversari e fare gol) e con la creatività di chi ha un rapporto con le avversità della vita antico e sapiente.

Fino all’ultimo è stato mantenuto il segreto sulla possibilità di osservare il percorso tradizionale e, soprattutto, sul come rispettare il consueto passaggio della fascia presidenziale.

Tutto è stato risolto con soluzioni coraggiose e piccoli fatti, altamente simbolici, che faranno storia.

In assenza del presidente uscente e dell’ex vicepresidente latitante, sono stati i rappresentanti del popolo brasiliano che hanno accompagnato Lula fino alla porta del palazzo e gli hanno consegnato la fascia presidenziale. La fascia è passata dalle mani di un disabile a quelle di un bambino negro, a quelle di un professore, a quelle di Raoni, prestigioso leader indigeno di 93 anni, a quelle di un artigiano, di una cuoca, di un metalmeccanico e, infine a quelle di una giovane donna negra che lavora in una cooperativa di selezionatori di rifiuti riciclabili. A metterla sulle spalle di Lula è stata lei, Aline Sousa, in mezzo all’entusiasmo e alla commozione di una folla di oltre trecentomila persone, presenti nonostante le incertezze della vigilia. 

Questi sentimenti hanno segnato tutti coloro che hanno seguito, anche da casa, la cerimonia.  

Il riconoscimento internazionale, la serenità e la determinazione operativa del nuovo governo, il caloroso abbraccio dei Brasiliani, insieme alle soluzioni coraggiose e ai “semplici fatti simbolici”, stanno già rimescolando l’atteggiamento dei Brasiliani, creando nuove attenzioni di apprezzamento e di sostegno al nuovo cammino democratico del Brasile.

Commento rapido: 

Siamo difronte a due Brasili? Mario de Andrade, poeta, scrittore e saggista, già nella prima metà del ‘900 parlava di Brasiis, al plurale, ovvero del Brasile delle tante diversità. Ma in questo caso non si tratta della grande ricchezza culturale di questo paese.

A contrapporsi ai sostenitori della Democrazia, sono i manovali della violenza, i protagonisti delle distruzioni. Qui li chiamano terroristi, ma noi sappiamo che questo è, inequivocabilmente squadrismo fascista: di fatto sono dei fanatici incoscienti ispirati da un incosciente fanatico, principalmente, di sé stesso.

In queste settimane, l’argomento all’ordine del giorno doveva essere l’avvio del lavoro del nuovo governo che, essendo il frutto di una coalizione ampia, doveva definire non solo le priorità di ciascun ministero, ma anche le modalità di lavoro del nuovo Esecutivo.

Invece, oggi, si deve pensare prioritariamente a ricostruire fisicamente i luoghi del potere repubblicano, identificare e arrestare i responsabili delle distruzioni vandaliche, scoprire i finanziatori e perseguire i mandanti. Sì i mandanti, perché queste azioni criminose erano state farneticate da tempo e anche preordinate, come sta emergendo con chiarezza dai risultati delle prime indagini.

Inutile dire che oltre al vulnus istituzionale, sono state aperte nuove ferite, nuove piaghe difficili da sanare, nuovi solchi profondi, sostanzialmente inutili per quanto riguarda la condizione materiale della gente e l’identità spirituale dei Brasiliani.

Ora, alle Istituzioni spetta un compito immenso. Il possibile sembra già avviato, ma non si può dimenticare che il 1° febbraio ci sarà la seduta inaugurale del nuovo Parlamento che si presenta con una composizione più sbilanciata a destra rispetto all’attuale e con prevedibili nuove velleità.
E nuovi compiti spettano, ai Sindacati, alle varie Organizzazioni della Società Civile ma anche ad ogni cittadino democratico cui toccherà quel ruolo da certosini che nei luoghi di lavoro, nelle scuole, in ogni forma di convivenza, saranno chiamati a ricostruire fiducia e consenso, attraverso il dialogo.

Lo slogan “Unione e ricostruzione”, più che un proposito di partenza sembra assumere, oggi, un significato molto più impegnativo. Quello di essere un obbiettivo da raggiungere.

* UNIONE e RICOSTRUZIONE, slogan del terzo mandato di Lula

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