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Migrazioni, una invasione che non c’è

I numeri degli ultimi due anni dicono che l’emigrazione non è un’emergenza, né in Europa né in Italia, eppure le vicende della politica dicono il contrario; i partiti sovranisti e xenofobi dall’Italia alla Svezia, dominano sempre più la scena politica, accusando l’immigrazione di tutti i mali.  

I migranti illegali entrati nei confini europei della UE sono passati da 1,8 milioni (agosto 2015) a 91.000 (agosto 2018). 

I migranti illegali giunti in Italia via mare sono passati da 95.000 del periodo gennaio-agosto 2017 a 18000 del periodo gennaio-agosto 2018.  

Come si vede i numeri degli ultimi anni, quasi un decimo di quelli di due anni fa, parlano di una emergenza che non c’è. 

Un’altra percezione tutta italiana è che in Europa l’Italia sia il paese che ha sofferto il peso maggiore dalle migrazioni, ma così non è. Sia come rifugiati con diritto d’asilo che come migranti senza status l’Italia, tra i paesi UE è quello con il peso minore. 

Secondo i dati UNHCR, nel 2016 il numero di rifugiati ogni 1.000 abitanti era di 23 in Svezia, 18 a Malta, 8 in Germania, 5 in Francia, e solo 2,4 in Italia. Cioè i rifugiati per abitante erano 10 volte di più in Svezia, 8 volte di più a Malta, 3 volte di più in Germania, 2,5 volte di più in Francia.  

Anche per quanto riguarda gli immigrati l’Italia è agli ultimi posti della UE, con l’8,3% di immigrati rispetto alla popolazione contro il 17% dell’Austria, il 15% della Germania, il 13% di Francia e Spagna.  

Dietro la distanza tra percezione e realtà ci sono soprattutto le cattive politiche di accoglienza ed integrazione, poi la propaganda dei movimenti xenofobi, oltre l’incapacità delle sinistre di controbattere le tesi sovraniste e xenofobe secondo cui tutti i problemi di insicurezza, disoccupazione, crisi economica siano dovuti agli immigrati. L’eredità di decenni di cattive politiche di accoglienza pesa molto, cioè l’incapacità dei governi, soprattutto di quello italiano, di regolare ed organizzare al meglio l’accoglienza degli immigrati. In Italia, tra rifugiati ed immigrati irregolari ci sono quasi 600mila unità che vagano senza meta nei punti più improbabili delle città, dalle stazioni ai quartieri periferici, acuendo nelle popolazioni quell’odio per lo straniero all’origine dei successi politici delle destre sovraniste.

L’Italia, età media della popolazione 45 anni, per la bassa natalità, è oggi col Giappone, il paese più vecchio del mondo. Un altro deficit delle politiche della sinistra è la sottovalutazione del buco demografico. Pochi conoscono i danni che un rapido invecchiamento della popolazione, come quello di cui da decenni soffre l’Italia, produce sull’economia e lo stato generale del Paese. Nessun sistema economico e previdenziale può sopravvivere con un rapporto di quasi uno tra giovani ed anziani. Con l’attuale divario di 200mila unità tra decessi e nascite, senza il contributo di 200mila immigrati l’anno come prevede l’Istat, nel 2050 l’Italia sarebbe un paese in declino definitivo, non solo demografico ma anche economico.

 

1 – Migrazioni, fenomeno ciclico

I movimenti migratori sono stati, da tempo immemorabile, parte integrante della vita e del progresso delle popolazioni, sia pure con andamenti ciclici. Il numero di migranti internazionali è continuato a crescere: nel periodo 2000-2015, è stato di circa 70 milioni. Da notare che dei 70 milioni di migranti del quindicennio, circa 20 milioni si sono diretti verso l’Europa, ma il 90% di questi erano spostamenti interni, talchè i flussi reali dall’esterno verso l’Europa sono stati abbastanza modesti, per un continente di 700milioni o una Comunità europea di 500 milioni, flussi inferiori a 500mila l’anno

Nei sessant’anni che precedettero la prima guerra mondiale, dal 1850 al 1910 l’Europa è stato il continente col record mondiale delle emigrazioni, più di 40 milioni di persone emigrarono verso il nuovo mondo, cioè il 10% della popolazione di allora, infinitamente più alta della quota di popolazione africana che oggi emigra.

L’Italia è, con l’Irlanda, paese col record mondiale di emigrazione. Dalla seconda metà dell’ottocento a prima della grande guerra, 1850-1913, sono emigrati definitivamente circa 20 milioni di italiani, più di 300mila l’anno, pari a circa il 10% della popolazione con destinazioni principali, Europa, Stati Uniti, America latina. Da una quarantina d’anni in Italia le nascite si sono dimezzate a mezzo milione l’anno e da una ventina d’anni le immigrazioni sono aumentate. Da qui i forti flussi migratori che hanno investito il paese a ritmi di 300mila l’anno dopo il 2000. Nel periodo 2000-2010 la popolazione residente è aumentata di tre milioni solo grazie agli immigrati.  L’aumento di immigrati si è fortemente ridotto negli anni successivi. 

Dal 2000 sono riprese anche le emigrazioni dall’Italia per le difficoltà del paese di creare lavoro qualificato per i giovani più istruiti. Nelle emigrazioni italiane sono sempre più numerose le persone istruite. Nel 2002 sono usciti definitivamente (cancellati dalle anagrafi) 14mila laureati e diplomati, nel 2015 ben 50mila. Questo è un triste paradosso, un Paese che ha pochi giovani e che per carenza di crescita innovativa non riesce a impiegare neanche quei pochi che ha. 

Il futuro demografico del Paese è addirittura peggiore del presente, perché la denatalità non sembra ridursi. Sono uscite di recente due autorevoli “previsioni demografiche al 2050 a migrazioni zero” elaborate da Eurostat e dal prof. Massimo Livi Bacci che descrivono un futuro preoccupante. Il quadro che ne esce è preoccupante, non tanto per le consistenti riduzioni di popolazione previste, da 10 a 14 milioni, quanto per l’ulteriore invecchiamento. Un Paese ad alta densità abitativa come l’Italia potrebbe vivere benissimo anche con 10 milioni in meno, ma non con una media di 12 milioni in meno di persone in età lavorativa e circa 2 milioni di anziani in più.

 

Tab. 1 – Italia, popolazione al 2050 nell’ipotesi di Immigrazioni zero

                  popolazione 2015 (000)  popolazione 2050 (000) variazioni (000)    %

Eurostat              60.795                    51.500                   -9.295          -15 

 0-59 anni           43.832                    33.000                 -10.832           -23

 60 anni e +        16.963                    18.500                  +1.537           + 9

M.Livi Bacci         60.795                    46.123                 -14.670           -24

0-59 anni           43.832                     27.388                 -16.444           -37

60 anni e +        16.963                     18.735                  +1.774           +10

Fonti: Eurostat, Massimo Livi Bacci, lezione all’Università di Verona, 10/10/2016

L’età media della popolazione passerebbe dall’attuale 45 anni, record mondiale di vecchiaia insieme al Giappone, a 53 anni, che decreterebbe il tracollo definitivo di una economia già fortemente stressata per l’anzianità della popolazione, fattore negativo per i consumi ed il Pil, che è fatto per l’80% di consumi.

In sintesi la mia tesi è semplice, la stagnazione economica ed occupazionale dell’Italia ha molte cause, a cominciare dalla inefficienza della pubblica amministrazione e della Giustizia, per finire ad un capitalismo industriale familiare ed asfittico, ma la causa numero uno è la bassa natalità ed il conseguente invecchiamento che danneggia sia la domanda che l’offerta e quindi il Pil e l’occupazione. 

Dal lato della domanda il Pil è fatto per l’80% di consumi ed i consumi degli ultrasessantacinquenni, abitazioni, abbigliamento, mobilità, alimentari, con l’eccezione dei farmaci, sono meno della metà di quelli della popolazione più giovane. Dal lato dell’offerta nella società digitale la maggioranza delle innovazioni è fatta dai giovani ed infatti l’Italia è un paese a bassa innovazione che non riesce a dar lavoro neanche ai suoi giovani che sono la metà di trent’anni fa. Da tutti i dati emerge con chiarezza che l’eccessivo invecchiamento mette in crisi l’economia di un paese, a meno di non compensarla con flussi immigratori paralleli ed intelligenti, come ha fatto ad esempio un altro paese a bassa natalità e molto vecchio, la Germania (45 anni di età media) che ha migliorato la condizione demografica prima con massicce immigrazioni di italiani, spagnoli e turchi, poi di siriani, afgani, africani ed oggi ha una quota di immigrati superiore al 15% della popolazione. E a meno di non ridurne i danni sociali con politiche pro labor, riduzioni di orario e simili. L’Italia, invece, marcia in direzioni contrarie, con la precarietà crescente dei giovani senza futuro e senza figli e con le paure anti immigrati che non si abbassano neanche davanti al fatto che 4.000 Comuni su 8.000 sono in via di spopolamento e destinati a divenire Comuni fantasma.

2 – I migranti non rubano lavoro ai locali, anzi creano lavoro

Nel decennio 2000-2010, a fronte di una massiccia immigrazione di 3 milioni di unità, malgrado la crisi del 2009, si ebbe una crescita di occupazione di 1,3 milioni (Tab 2). Di contro, nel successivo quinquennio, 2010-2015, con un’immigrazione annua meno della metà del decennio precedente, si ebbe un consistente calo di occupazione. Il tasso di occupazione (rigo 4 della tabella 2) vera misura dello stato occupazionale è aumentato nel periodo di forte immigrazione e si è ridotto nel periodo di debole immigrazione. 

Quali sono gli effetti della denatalità sul mercato del lavoro? Per carenza di mano d’opera vanno in crisi settori economicamente poco competitivi, aumentano fortemente gli anziani e peggiorano gli indici di anzianità (rapporto tra ultra sessantacinquenni e popolazione in età da lavoro), dati che decreterebbero un declino ancora più accentuato del Paese se non fossero  compensati dagli immigrati. 

Infatti l’Istat, nelle sue previsioni demografiche, prevede per alcuni decenni un flusso annuo di 150mila-200mila immigrati.  Perchè gli stranieri salvano lavoro italiano? Perché se la raccolta di frutta e pomodori è ancora possibile lo è grazie ad alcune centinaia di migliaia di migranti pesantemente sfruttati, se le concerie non chiudono grazie agli immigrati si possono continuare a fare scarpe e borse, etc.. In Abruzzo, in Puglia, in Emilia e Lombardia, in Campania e nel Veneto, agricoltura ed allevamento sono mantenuti in vita dagli immigrati. I quasi due milioni di badanti e colf stranieri consentono il lavoro familiare ad altrettante persone. In Sicilia senza il lavoro di migliaia di tunisini la più grossa flotta di pesca d’altura del Mediterraneo resterebbe in porto e migliaia di siciliani, comandanti, motoristi, venditori di pesce resterebbero senza lavoro. Nel Centro-Nord molte industrie, con lavori usuranti sopravvivono grazie agli stranieri, concerie, fonderie, alimentari, abbigliamento, pulizia, infermieri, alberghi, etc..

 

 Tab. 2 – Italia, Immigrazione ed occupazione nel periodo 2000-2015                   

              (000)

                                               2000                      2010                  2015

1 – Stranieri presenti                   2.122                  5.122                5.789

2  – Occupati                             21.595                22.873              22.500

3 – Popolazione 15-64 anni         38.840                38.968              40.540

4 – 2/3 Tasso di occupazione       55,6%                56,9%               55,5%

 

 

 In Europa i paesi a più alto tasso di occupazione sono proprio i paesi con la più alta presenza di immigrati: l’Austria, col 17% di immigrati ha un tasso d’occupazione del 72%, la Germania, col 15% ha un tasso d’occupazione del 74%, la G.B. col 13% ha un tasso d’occupazione del 72%, la Francia col 12% ha un tasso di occupazione del 65%, l’Italia, col 9% ha un tasso d’occupazione del 56%, pari a 4 milioni di posti lavoro in meno rispetto all’Europa. 

 

3 – Il razzismo cresce se alimentato da movimenti e partiti xenofobi

Da qualche anno la paura dei migranti, insieme alla crisi economica e alla pessima politica di accoglienza, spingono settori sempre più ampi di ceti popolari verso movimenti di destra populista. I migranti sono diventati il primo tema con cui le destre fanno politica in Europa ma anche negli S.U. Tutte le analisi mostrano che la diffusione di sentimenti anti immigrati nelle popolazioni, più che essere legata a dati oggettivi come il peso degli stranieri e il tasso di disoccupazione, è legata alla cattiva organizzazione dell’accoglienza e ai movimenti populisti che politicizzano il tema migranti. 

E’ sufficiente dare uno sguardo ai paesi europei con la più alta presenza di immigrati, Svizzera 29%, Austria e Svezia, 17%, Germania 15%, Spagna e G.B. 13%, per vedere come i sentimenti anti immigrati crescano nei paesi a forte presenza di movimenti xenofobi. Ad esempio la Spagna è quasi l’unico paese europeo che non ha visto nascere un partito xenofobo, pur essendo ad alta disoccupazione e ad alta presenza di immigrati, registra una diffusione di sentimenti xenofobi nettamente inferiore alla media europea; di più la Spagna, oltre ad essere il paese europeo che, rispetto alla popolazione, ha più Rom di altri paesi, (500mila contro i nostri 180mila, 1% della popolazione contro il nostro 0,25%) è il paese che ha meglio risolto il problema. 

A differenza del ministro Salvini che ha promesso di chiudere tutti i Campi Rom senza dire che fine farà fare ai Rom, in Spagna i campi Rom sono chiusi da decenni, grazie anche ad una politica ad hoc, appoggiata da tutti i partiti e sostenuta da contributi UE che invece l’Italia non utilizza. Oggi il 90% dei Rom spagnoli vive in abitazioni individuali, il 50% è occupato e tutti i bambini sono iscritti alle scuole elementari. Osservazioni in parte simili possono essere fatte per la Svizzera, il paese europeo a più alta presenza di immigrati, 29%, che, anche se registra periodicamente qualche successo locale di referendum cantonali anti immigrati (il più recente in Canton Ticino), non ha mai messo in discussione le politiche nazionali di accoglienza. 

Il quadro è completamente diverso nei paesi dove prosperano movimenti di estrema destra che hanno rivolto contro i migranti i tutti i carichi di paure e insicurezza della crisi: Austria, Germania, Olanda, Grecia, Francia, Italia, Svezia e Gran Bretagna, sono paesi dove i sentimenti anti immigrati crescono insieme ai voti dei partiti populisti, a prescindere dai dati su disoccupazione e presenza di immigrati. Che fare? Una grande mobilitazione culturale, a cominciare dalle scuole, dove i dati reali sui flussi migratori, sulle opportunità create dagli immigrati e sui reali costi-benefici, siano diffusi per contrastare le bugie dalla destra xenofoba.

Organizzare meglio l’accoglienza ed il trattamento dei richiedenti asilo in attesa di dichiarazione di status e riassorbire il fenomeno degli immigrati irregolari è vitale per la sicurezza reale e percepita dei cittadini.  Perché gli immigrati sbandati non si concentrino intorno alle stazioni di transito, Milano, Roma, Como, Ventimiglia, non vagabondino senza controlli nelle strade, siano diffusi soprattutto nei Comuni in via di spopolamento che sono il 50% dei Comuni italiani, e perché impieghino i tempi di attesa in qualche attività socialmente utile.

Per realizzare tutto ciò è necessario che lo Stato assuma responsabilità dirette nella gestione dell’accoglienza, senza escludere il ricorso a microstrutture del terzo settore ma esercitando controlli puntuali e continui punendo esemplarmente i casi di corruzione e apportando modifiche alla Legge, ormai inadatta a favorire sia l’accoglienza umanitaria, per sua natura non selettiva, che la migrazione “utile” che per sua natura implica scelta e selezione. Purtroppo la legge di immigrazione e sicurezza, cosiddetta Salvini, va in direzione del tutto opposta. 

 

4 – Accoglienza diffusa, metà dei Comuni italiani si spopola, il modello    

     Riace

 

Quest’anno l’isola di Ventotene, come centinaia di Comuni italiani non avrà una scuola Media per mancanza di allievi ed il rifiuto dei cittadini locali ad accogliere qualche famiglia di stranieri. A differenza di centinaia di Comuni inseriti nel sistema SPRAR, anch’essi in via di spopolamento dove, grazie agli immigrati nessuna Scuola è stata chiusa. 

Oggi, non solo la legge Salvini “immigrazione e sicurezza” vorrebbe fortemente depotenziare l’unica struttura, lo Sprar, che accoglie ed inserisce decentemente circa il 20% degli immigrati. Sinora solo 2200 Comuni su 8000 hanno accettato di ospitare migranti, eppure il Censimento del 2011 aveva individuato ben 3.225 Comuni in via di spopolamento, diffusi su tutto il territorio, da Nord a Sud. I casi più riusciti di integrazione dei migranti sono realizzati dall’accoglienza diffusa, grazie alla quale molti Comuni-fantasma si stanno risollevando.  

Il caso più noto è quello di Riace, comune calabrese di 1.726 abitanti, di cui 400 stranieri, perfettamente integrati, tanto che il sindaco Domenico Lucano, citato dalla rivista Fortune tra i 40 uomini più importanti del mondo, è stato già eletto due volte negli anni novanta.  Riace, con soli 250 abitanti nel centro storico era un paese fantasma in via di estinzione ma oggi, dopo un primo sbarco di immigrati avvenuto nel 1998, il paese si è ripopolato ed è rinato, la popolazione del centro storico è raddoppiata, alcune scuole sono state riaperte e molti laboratori artigiani sono sorti, dando lavoro anche ai locali. Oggi il progetto Riace, che per anni non ha avuto sostegno pubblico, vive con i 35 euro previsti per ogni migrante dal Ministero degli Interni, di cui solo una parte va agli immigrati, mentre il resto viene impiegato dal Comune per la ristrutturazione delle case, gli stipendi degli assistenti, le borse lavoro. 

Il caso dimostra che con una gestione intelligente del Comune i 35 euro sono più che sufficienti e avvantaggiano tutta la popolazione, locali compresi. Ad oggi più di 100 immigrati sono usciti dal programma Sprar e sono autonomi. Riace è un modello esportabile? Si, a patto di rispondere con intelligenza sia alla migrazione “umanitaria” di rifugiati e perseguitati che alla migrazione “economica”, che vanno affrontati in modo diverso. Purtroppo in Europa sembra che quasi nessun leader, a parte la Merkel, abbia compreso i termini del problema. La politica migranti decisa dall’Europa fa acqua da tutte le parti. La Delocation non funziona e l’accordo con la Turchia funziona ma non in termini di solidarietà e civiltà, mentre il sistema SPRAR rischia la chiusura se la legge Salvini su “immigrati e sicurezza”, andrà in porto. 

5 – Rottamare le bugie ed organizzare meglio l’accoglienza

È necessario organizzare al meglio le politiche di accoglienza ed integrazione onde evitare che i migranti girino incontrollati per le strade impaurendo la gente, e fare in modo che siano impegnati nello studio dell’italiano e delle nostre leggi, svolgano lavoro retribuito in misura anche simbolica o socialmente utile. Bisogna inoltre che l’accoglienza sia diffusa al massimo, anche con incentivi ai Comuni, soprattutto quelli in via di spopolamento, diffusi al Nord, al Centro ed a Sud.  Occorre combattere con rigore il lavoro nero, di stranieri ma non solo, accusato a ragione, di deprimere salari e condizioni di lavoro degli italiani. È necessario informare meglio i cittadini sui vantaggi che gli stranieri portano al Paese, non solo in termini di reddito e di contributi pensione, nettamente superiori alle cifre che ricevono come previdenza, ma soprattutto come imprese private e pubbliche che chiuderebbero senza stranieri, ospedali, allevamento, agricoltura, pulizia città, industrie alimentari, siderurgiche, tessili, edilizia, etc. senza contare il milione e mezzo di badanti straniere, di cui la metà in nero, che assistono altrettanti anziani e consentono a milioni di donne di recarsi al lavoro. Infine, Last but not  Least, è necessario  varare una nuova Legge Immigrazione, che tra l’altro cancelli il reato di clandestinità, preveda il permesso di soggiorno temporaneo per la ricerca di occupazione, reintroduca la chiamata diretta.

 

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