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Riace: come funziona l’ accoglienza attaccata dal Governo

Il reportage  dalla cittadina calabrese, che negli ultimi anni ha accolto oltre 6mila richiedenti asilo provenienti da 20 diverse nazioni e ora sotto accusa del neo ministro dell’Interno Matteo Salvini.

Riace è un comune di 1.726 abitanti della provincia di Reggio Calabria, noto per il ritrovamento, nel 1972, dei famosi Bronzi di Riace, due statue di bronzo di provenienza greca pervenute in un eccezionale stato di conservazione proprio a duecento metri dalle coste di Riace Marina.

Dal 2004, grazie alle politiche di accoglienza del sindaco Domenico Lucano, il paese e in particolare il centro storico ormai spopolato hanno concesso ospitalità a oltre 6mila richiedenti asilo provenienti da venti diverse nazioni, integrandoli nel tessuto culturale cittadino e inserendoli nel mondo del lavoro del piccolo borgo, ridando di fatto alla città di Riace una nuova vita. Nel borgo calabrese da tempo si pratica il sistema dell’accoglienza diffusa, con i migranti ospitati in appartamenti indipendenti.

Un modello che nel 2016 fruttò al sindaco Mimmo Lucano l’inserimento da parte della rivista Fortune tra i 50 leader più influenti al mondo.

Il borgo calabrese è tornato al centro delle cronache dopo che l’attuale ministro dell’Interno Matteo Salvini, in un video che sta circolando in rete, ha attaccato il sindaco di Riace, criticando il sistema di accoglienza dei rifugiati utilizzato da Mimmo Lucano nella sua città.

Il 2 ottobre 2018 il sindaco è stato messo agli arresti domiciliari con l’accusa di istigazione dell’immigrazione clandestina.

Il tutto è iniziato nel 1998, con lo sbarco di duecento profughi dal Kurdistan a Riace Marina. L’associazione Città Futura (dedicata al parroco siciliano Don Giuseppe Puglisi, ucciso dalla mafia) ha deciso di aiutare i migranti appena sbarcati dando loro a disposizione le vecchie case abbandonate dai proprietari, ormai lontani dal paese.

Grazie alle sue politiche di inclusione, il primo cittadino di Riace è riuscito a dare ospitalità non solo ai rifugiati (ora 400 in tutto il paese), ma anche a tutti gli immigrati irregolari con diritto d’asilo, mantenendo in vita servizi di primaria importanza come la scuola e finanziando il piccolo comune con micro attività imprenditoriali legate all’artigianato.

Ci sono infatti laboratori tessili e di ceramica, ma anche bar e panetterie per arrivare alla raccolta differenziata porta a porta, garantita da due ragazzi extracomunitari e trasportata attraverso l’utilizzo di asini.

L’integrazione dei migranti è assicurata da circa settanta mediatori culturali assunti dal comune e facenti parte del sistema Sprar (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati), nato proprio per proporre, oltre le misure di assistenza e di protezione ai singoli beneficiari, il processo di integrazione sociale ed economica di cui Riace si fa promotrice.

Il modello Riace rischia però di dissolversi a causa di mancati pagamenti dei fondi necessari per l’accoglienza.

“Dal maggio 2016 non riceviamo un euro dalla Prefettura. Abbiamo un sistema che funziona, ma iniziamo a pensare che dia fastidio. Da troppi anni siamo abbandonati”. C’era stata anche una spinta all’economia locale con 50 persone stipendiate come le maestre che fanno i corsi di italiano per gli immigrati adulti. Oggi anche il loro futuro è appeso a un filo racconta oggi il sindaco.

 

Per favorire autonomia e integrazione dei migranti, a Riace assieme all’euro circola una moneta esclusiva del posto, utilizzata ogni giorno dai migranti nei soli negozi riacesi per l’acquisto di cibo, vestiti e ricariche telefoniche. “Il ministero ci accredita queste risorse con molto ritardo, ci siamo inventati un’idea di moneta locale spendibile solo a Riace con riscontro positivo dell’economia locale”, spiegava il sindaco.

Il progetto è diventato un modello finché Mimmo Lucano non è stato indagato.

A lui vengono contestati i reati di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ai danni dello Stato e dell’Unione Europea, concussione e abuso d’ufficio. In particolare, sotto la lente degli inquirenti era finito il rapporto tra il comune e le sei cooperative che gestiscono, senza aver vinto una gara pubblica ma solo attraverso delle convenzioni, i quasi due milioni di euro all’anno che finiscono a Riace per l’accoglienza.

“So quello che ho fatto e di certo non mi sono arricchito, qui si sta giocando con la vita di molte persone”, sostiene il sindaco. A Riace intanto è stato dichiarato lo stato di dissesto finanziario.

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