“Infortunio zero” sul lavoro è obiettivo utopico. Ma che nel 2019 vada ai “disonori” delle cronache perchè essi sono in aumento rispetto al passato, è tragico. L’escalation è presente soprattutto in agricoltura, nell’edilizia, nei servizi più dequalificati, ma anche – sebbene in misura più ridotta – nell’industria. L’allarme è crescente, ma il fenomeno non da segni di inversione di tendenza. Chi minimizza, riconduce la ragione di questa tendenza alla maggiore capacità di trasparenza del sistema di controllo.
E’ un giustificazionismo che tende a lasciare le cose come sono, a declassare la questione, a metterle il silenziatore. E’ lodevole che la Ministra del Lavoro Catalfo abbia convocato tempestivamente un tavolo di confronto e si spera, di decisioni concrete e non devianti o di facciata. Le parti sociali sono chiamate a dare orientamenti adeguati alla difficoltà che devono maneggiare.
Al contrario di quello che ha affermato la Ministra, che ha annunciato nuove leggi, serve altro. Abbiamo a disposizione leggi sulla sicurezza del lavoro aggiornate e robuste. Abbiamo un’attenzione contrattuale accumulata nel tempo di tutto rispetto. Abbiamo una letteratura scientifica ampia e seria che fa da sostegno a chi vuole tenere sotto controllo la materia. Sarebbe fatica inutile e dispersiva pensare di aggiungere norme a norme, in un’opera lombrosiana di pseudo completamento, da Testo Unico continuo. Ovviamente, ciò che va cambiato, va fatto. Un esempio per tutti: va drasticamente ridotta la norma del decreto “sblocca cantieri” che incrementa fino al 40% la quota di sub appalto delle commesse. Il rischio che si estendano le irregolarità salariali e sui diritti è palese.
Ma ciò che serve è tenere ampio e sotto osservazione il fenomeno degli infortuni, per contenerli al massimo. E i buchi, da questo punto di vista, sono fondamentalmente tre: il lavoro nero, la potenza d’urto delle ispezioni, il ruolo dell’INAIL verso i lavoratori.
Sul lavoro nero – specie nei settori a forte vocazione, come l’agricoltura e il turismo – soltanto la formazione di strutture consistenti ed attrezzate per essere efficienti può far saltare la convenienza a sottopagare il lavoro o a disattendere i diritti delle persone. E quindi occorrono politiche di medio e lungo periodo di moderna strutturazione ed aggregazioni aziendali, oltre che politiche di crescita della cultura d’impresa e del lavoro tutelato.
L’attività di controllo affidata all’Ispettorato Nazionale del Lavoro è cronicamente inadeguata. Ci sono troppo poche risorse umane che vengono impiegate in questo campo. Chi vuole evadere le norme di sicurezza, non sente il fiato di un intervento vigile e tempestivo dietro il collo. Chi sa che la probabilità di ricevere la visita di un ispettore è di 1 ogni 20 anni (questa è la situazione in molte province industriali e agricole italiane) è quasi autorizzato ad avere un’attenzione lasca. Non c’è molto da girarci intorno: bisogna da una parte aumentare l’autocertificazione delle misure di sicurezza da parte delle aziende, con aggiornamenti periodici da comunicare agli uffici competenti e dall’altra potenziare gli organici degli ispettori del lavoro da sguinzagliare nei territori.
Infine l’INAIL. E’ un ottimo istituto di intervento ad infortunio avvenuto. E’ un buon istituto per il sostegno delle aziende nella loro responsabilità di prevenzione dagli infortuni. E’ un modesto istituto di aiuto ai lavoratori per essere i primi a tutelarsi dalle pressioni aziendali e dalle proprie disattenzioni. E’ questo profilo dell’ente che va rafforzato. Deve informare ogni singolo lavoratore, appena viene assunto, dei suoi sacrosanti diritti alla tutela della salute e dell’incolumità.
Lo deve informare direttamente e chi riceve l’informazione deve poter contare sull’assistenza nell’approfondire ciò che legge nella comunicazione. L’INAIL lo farà nelle forme che consente la moderna comunicazione digitale. L’informativa non deve essere generica ma minuta e approfondita, a seconda dei settori in cui il lavoratore o la lavoratrice viene assunto. Una informazione esaustiva accresce attenzione e senso di responsabilità del lavoratore, il quale naturalmente può sempre rivolgersi al patronato sindacale per farsi tutelare. Ma la prima comunicazione la deve ricevere dall’INAIL, segno tangibile di valore assegnato al lavoro sano, protetto, accettabile. Le risorse per fare questo potenziamento dell’intervento dell’INAIL ci sono, dato che il suo bilancio ha un risultato positivo, anno dopo anno, ragguardevole. Ora è il Governo che ringrazia, poiché le trattiene per ragioni di equilibrio dei suoi conti. Domani saranno i lavoratori a considerarlo un ente amico.
La prevenzione è una cultura da alimentare continuamente, da parte di tutti: governo, imprese, sindacati ma può essere sempre più considerata un investimento e non un costo, soltanto se si rafforzano le condizioni di consapevolezza individuale sul suo valore. Quando un infortunio avviene, si deve individuare di chi è la responsabilità, chi va curato al meglio (se non è mortale), chi deve indennizzare e quanto deve essere indennizzato. Ma è quando l’infortunio non avviene che si ha il massimo del guadagno per tutti. Su questo vanno concentrati gli sforzi finanziari e umani.