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Non si fa previdenza soltanto con i tagli

Credo che tutte le risposte che finora sono state date, come le risposte che darò, come credo quelle che seguiranno, dimostrano una cosa: che non c’è una risposta per ogni quesito come se fosse un problema tecnico a sé stante, ma dentro ogni risposta c’è la logica ispirata da valori distintivi di una identità politica. Allora, oggi, qual è la logica che presiede al modello di stato sociale del nostro Paese? Quella del risparmio? Quella dei tagli?
La risposta che si è avuta in questi ultimi anni dai Governi che si sono succeduti è stata, solo, quella del risparmio. E’ possibile che si possa risparmiare solo dalla previdenza? La risposta l’abbiamo sotto gli occhi, sui giornali.

I tanti scandali che si susseguono nel mondo della finanza, nel mondo della banche, l’assenza di trasparenza nell’acquisizione di beni e servizi nella Pubblica Amministrazione. Si può risparmiare solo nella previdenza? Ecco perché bisogna dare risposte che tengano conto complessivamente di tutte le esigenze. Sono convinto che in una Società ci sia necessità di stato sociale ispirato da giustizia sociale ed equità in ogni intervento, consapevoli del come redistribuire le ricchezze di un Paese ottenute attraverso il fisco, un fisco rispettato da tutti, a partire da chi evade, per realizzare uno società che abbia la sua trasparenza, il suo sviluppo ed in grado di sostenere chi ne ha realmente bisogno.

Allora la prima osservazione mi viene spontanea alla terza domanda, quella sull’integrazione tra le politiche assistenziali e le politiche del lavoro. Se non modifichiamo le politiche del lavoro, anche nei modi di agevolarle, noi avremo inevitabilmente un conflitto generazionale, stante il costo del lavoro di un giovane e di un meno giovane ed il modo con cui oggi un’ azienda vive la competitività. Se lo Stato agevola tutta una serie di assunzioni solo al di sotto dei 35 anni, inevitabilmente un lavoratore che perde il lavoro a 50 anni non lo ritroverà più. Allora sono indifferenti le politiche del lavoro? È indifferente ridisegnare politiche del lavoro che tengano conto anche dell’invecchiamento della popolazione? C’è un datore di lavoro che ritiene indifferente le politiche pubbliche di sostegno alle assunzioni con un lavoratore oltre i 55 anni? E se quel datore di lavoro ritiene non concorrenziale il costo di un lavoratore oltre i 55 anni, è giusto lasciare quest’ultimo senza pensione e senza stipendio?

Perseguire il pareggio del bilancio dello Stato è ottimale ma come ripeteva Robert Reich, Ministro del Lavoro dell’amministrazione Clinton, “un punto di Pil non vale la vita di un essere umano”

Per questo c’è differenza nelle scelte politiche, tra una politica di destra ed una di sinistra, tra una scelta tecnica ed una politica sociale che si vuole perseguire rispondente al modello di stato sociale che vogliamo realizzare. Costa qualcosa di più? Verifichiamo dove è possibile risparmiare. Confrontiamoci, con una discussione di merito trasparente, sul bilancio pubblico dello Stato. E’ possibile verificare responsabilmente come si spendono 760 miliardi di spesa pubblica? È possibile rendere il bilancio comprensibile a tutti? È possibile avere dati effettivamente confrontabili per la pubblica opinione a partire dai dati sulla spesa previdenziale? E’ possibile avere una classificazione univoca dei dati della previdenza di questo Paese? È possibile avere una classificazione univoca, anche nella contabilità Europea, di cos’è previdenza e di cos’è assistenza, secondo una razionalità dettata dalle ragioni dell’intervento e non per le furbizie contabili adottate in ogni singolo Paese?

Sono Tanti i problemi che non si sono mai voluti affrontare. Ad esempio quello posto con il secondo quesito: l’unificazione degli Enti Previdenziali. Non è un problema quello dell’unificazione. Abbiamo sempre affermato: “l’unificazione sì, ma non così”. Non così. Se il Governo Monti avesse letto la relazione della Bicamerale della 15° legislatura, fatta sotto la Presidenza dell’on. Elena Cordoni, avrebbe compreso che il problema non era l’unificazione, ma il suo percorso, le tappe. Unificazione da affrontare con la dovuta gradualità, con la razionalità di chi conosce i punti di partenza. Davanti abbiamo un Inps che ancora oggi gestisce 276 aliquote contributive e l’unificazione in un’unica contribuzione per tutti i lavoratori privati è un sogno. Nel mentre l’Inpdap ancora non èiuscita a mettere insieme i lavoratori dello Stato, ex Enpas con quelli degli Enti Locali e delle Regioni, ex Inadel. E’ sotto gli occhi di tutti quanto avvenuto per l’unificazione dei trattamenti di liquidazione dei lavoratori pubblici con quello dei privati sancito dalla Ministro Fornero. C’è voluta la Corte Costituzionale per richiamare un principio di mero buon senso per tutti. tranne che per il Ministro. “A parità’ di prestazione parità di contribuzione.” Se un lavoratore pubblico paga di più per il proprio trattamento di fine servizio bisogna restituire il maggior prelievo. Solo il Ministro non lo sapeva. Ha pensato che bastasse scrivere tutti uguali dal 1 gennaio 2012 e si risparmiavano un sacco di soldi. Peccato si sia dimenticata anche degli esodati. Lavoratori che, anche con l’assistenza del Ministero del Lavoro, avevano chiuso intese ed accordi, come per il personale dell’ Alitalia, delle Banche, delle Poste, oltrechè intese individuali. Persone alle quali si era garantito che la loro espulsione forzosa dal lavoro sarebbe avvenuto con l’accompagnamento al pensionamento. E all’improvviso, estemporaneamente, si allunga l’età del pensionamento e si lasciano tali lavoratori senza più né la pensione né lo stipendio? Al di là di qualche benpensante che diceva “si potevano riassumere”, come si può pensare di fare un’unificazione così? Dal primo gennaio siamo tutti uguali. Tutti uguali come?

Bisognava riflettere rispetto ai problemi ed anche sui suoi presunti risparmi. Se avessero letto il documento della Ragioneria Generale dello Stato, allegato alla Relazione Cordoni, avrebbero letto che non è possibile fare un’unificazione Inps/ Inpdap in tempi così brevi, perché comunque si avrebbero costi maggiori. I risparmi si avrebbero esclusivamente nel medio-lungo periodo.

Esiti dovuti a problemi di unificazione delle sedi, di messa in comune dei sistemi informatici, di unificazione di regole e trattamenti per il personale. Veniva ricordato, da chi mi ha preceduto, che oggi se un lavoratore delle Poste, a seguito della unificazione del proprio Istituto di Previdenza all’Inps, pone una domanda all’Inps stesso, per avere una risposta deve venire a Roma, perché non ci sono più gli uffici periferici delle Poste. Un lavoratore delle Poste di Milano deve venire a Roma per farsi spiegare il suo diritto previdenziale perché non c’è più a Milano un ufficio che presidia la risposta delle Poste e le sedi Inps non sono in grado di dare risposte a quel sistema previdenziale.

Le sedi! Ma quali? Si stanno chiudendo le sedi territoriali riaccentrandole nelle sedi provinciali. In un Paese molto lungo e composito, tra zone montane, zone collinari, zone interne e zone costiere, si possono chiudere le sedi territoriali lasciando solo gli uffici provinciali? E si richiede ai pensionati di divenire operatori informatici, collegando i diritti al computer.

Questo è il modello di stato sociale che si intende realizzare? Improvvisandolo? Per questo avevamo chiesto tempi e razionalità. Chiedevamo di arrivare a degli obiettivi condivisi e che fossero fatti con la dovuta gradualità. Con la consapevolezza che eravamo e siamo all’interno di una crisi che richiedeva e richiede responsabilità, ma anche rispetto per le persone. Ecco perché se si voleva rivisitare la Previdenza andava fatta dentro un modello che avesse a fondamento la conoscenza, il senso della realtà ed una visione prospettica. Questo chiedevamo. Capire i passaggi che occorreva fare.

E con questo arriviamo all’ultima domanda: la governance. È possibile in un Paese civile far gestire ad un organo monocratico 376 miliardi di euro? Ad una sola persona? Senza nessuna possibilità di intervento da parte di nessuno. Occorre una governance vera, capace. Non sono convinto che ci voglia un Consiglio di Amministrazione. Sono convinto che insieme ad un C.I.V. rinvigorito, rigenerato e rafforzato nella sua competenza meglio si configuri un l’Amministratore Delegato con mandato revocabile al non raggiungimento degli obiettivi prefissati. Amministratore e componenti del C.I.V. scelti tra i nominativi presenti in un apposito Albo pubblico tra professionalità con precisi requisiti di competenza ed inattaccabile moralità. Non un C.d.A. che dà tanto l’impressione di una politica che si riappropria dei poteri di nomina cui sarei nettamente contrario, ma professionisti, che seppur indicati dalle Parti Sociali, abbiano documentati requisiti morali oltrechè competenze al servizio dell’ Ente Previdenziale capaci di garantire gli Assicurati.

Cioè dalla parte delle persone. Per dare risposte ai cittadini, per un servizio efficiente,tempestivo, comprensibile e che abbia tutte le caratteristiche di quella capacità sociale che uno Stato democratico deve garantire.

Commissione parlamentare di controllo sugli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale

Video dell’Intervento di Adriano Musi, Senatore PD, Commissione Parlamentare >>>

(*)Senatore PD

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