I dati pubblicati dall’Istat nei giorni scorsi ci permettono di capire le dinamiche del mercato del lavoro del trascorso 2013 e di spingere lo sguardo al 2014, con i primi dati provvisori di gennaio.
La lettura a consuntivo ci dice che, nella media del 2013, gli occupati diminuiscono di 478.000 unità rispetto al 2012, con una perdita del 2,1%. In valori assoluti gli occupati nel 2013 ammontano a 22.420.000 contro i 22.899.000 del 2012.
Dei 22.420.000 occupati del 2013 i lavoratori dipendenti erano 16.878.000, mentre gli indipendenti erano 5.542.000. Gli occupati nell’arco del 2013 sono scesi del – 1,9% tra i dipendenti e di – 2,5% tra gli indipendenti.
Nel Mezzogiorno la riduzione dell’occupazione è più rilevante (- 282.000 unità). Gli uomini scendono di 350.000 unità e le donne di 128.000 unità. E’ interessante guardare dentro al calo occupazionale del 2013, in particolare rispetto alle classi di età:
– occupati tra 15 e 34 anni – 482.000 unità
– occupati tra 25 e 49 anni – 235.000 unità
– occupati dai 50 anni in su +239.000 unità
Questi dati apparentemente contradditori sono in gran parte il risultato della riforma pensionistica Monti – Fornero, come più volte ricordato: è ovvio che se si protrae di alcuni anni il pensionamento (di contro la Germania in questi giorni lo ha riportato da 67 anni a 64), si ritarda l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, aumenta la fascia dei lavoratori da 50 e fino a 67 anni, si riducono i giovani sotto i 30 anni nei luoghi di lavoro. Invece di redistribuire con varie modalità e flessibilità il poco lavoro che rimane, la scelta di prolungare l’età lavorativa è stata quella più contraddittoria ed errata.
L’occupazione degli stranieri cresce di 22.000 unità.
Può essere utile ricordare la variazione del tasso di disoccupazione e quella del tasso di disoccupazione giovanile (tra i 15 e i 24 anni), dall’inizio della crisi ad oggi:
Anno Tasso di disoccupazione % Tasso di disoccupazione giovanile (15 – 24 anni) %
2008 6,7 21,3
2009 7,8 26,4
2010 8,4 27,8
2011 8,4 29,1
2012 10,7 35,3
2013 12,2 40,0
2014 gennaio 12,9 42,4
Ad aggravare questa situazione si aggiungono per il 2013 più di 1 miliardo di ore di CIG (ordinaria, straordinaria e in deroga), che hanno coinvolto oltre 1 milione di lavoratori; tra questi ben 515.000 sono stati, come si suole dire “a zero ore”, non avendo mai lavorato durante tutto l’anno. Si calcola che l’intervento della CIG abbia prodotto una riduzione dei redditi da lavoro per l’anno di oltre 4 miliardi di €, a danno dei lavoratori coinvolti e dei consumi interni.
Il calo occupazionale nel 2013 ha riguardato sia i dipendenti a tempo indeterminato (- 190.000, cioè – 1,3%) che quelli con contratti a termine (- 146.000, cioè – 6,1%); anche gli indipendenti hanno avuto una riduzione del 2,5%, con 143.000 lavoratori in meno.
L’industria perde 89.000 unità (- 1,9%), le costruzioni perdono 163.000 unità (- 9,3%); il terziario con 191.000 unità in meno (- 1,2%) vede crescere solamente i servizi alla persona e alle imprese, mentre scendono i servizi della P.A. e tutto il settore del Commercio.
Nel 2013 prosegue una tendenza già riscontrata nel 2012: mentre diminuiscono di 586.000 (- 3,1%) i lavoratori a tempo pieno, aumentano quelli a tempo parziale (+ 108.000 pari a + 2,8%). Tra i lavoratori a tempo parziale cresce il numero di coloro che il part time non l’hanno richiesto, ma l’hanno subito e accettato, pena la non assunzione.
Il part time “involontario” riguardava 57,4 lavoratori su 100 nel 2012, mentre nel 2013 il loro numero è diventato di 61,6 su 100.
Aumenta la disoccupazione dal 14,1% al 17,3% anche tra i lavoratori stranieri.
E’ interessante la relazione tra posizione professionale, carattere dell’occupazione e tipologia di orario, con le variazioni 2013/ 2012 come dal seguente prospetto dell’ISTAT:
I dati ISTAT provvisori riferiti a tutto gennaio 2014 ci danno i seguenti valori percentuali:
– tasso di occupazione (15 – 64 anni): 55,3%
– tasso di disoccupazione: 12,9%
– tasso di disoccupazione (15 – 24 anni): 42,4%
– tasso di inattività (15 – 64 anni): 36,4%
I disoccupati salgono a 3.293.000 (+ 60.000 su dicembre 2013) a riprova del fatto che anche il 2014 sarà un altro anno duro, soprattutto sul versante del lavoro.
I disoccupati nella fascia 15 – 24 anni sono arrivati a 690.000 portando, come visto, il tasso di disoccupazione relativo al 42,4% con un aumento dello 0,7% su dicembre 2013 e del 4% sull’anno precedente.
Stante la situazione sul versante occupazionale, il dibattito sul tema del lavoro non tiene conto dell’allarme che è stato lanciato dal Rapporto Cnel di fine 2013: per riportare il tasso di disoccupazione al valore del 2011 (8%) occorrerebbe un incremento del PIL del 2% annuo fino al 2020!
Oggi non servono fideismi legati alla capacità della ripresa e dello sviluppo di creare automaticamente lavoro, ma sono necessarie anche ricette nuove sulla redistribuzione del lavoro e del reddito.
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Oltre all’occupazione, anche il versante economico – finanziario del paese presenta una situazione negativa.
Il PIL nel 2013 è stato pari a circa 1.560 miliardi di €: è diminuito dell’1,9% rispetto al 2012, mentre il governo dell’epoca l’aveva previsto al – 1,7%; è cioè tornato ai livelli dell’anno 2000.
Per un raffronto, la situazione del PIL negli USA è + 1,9%, nella Gran Bretagna del + 1,9%, nel Giappone del + 1,6% e nella Germania del + 0,4%.
I consumi finali interni sono diminuiti del 2,2% (- 3,1% per gli alimentari), gli investimenti fissi lordi del – 4,7%, le importazioni del – 2,8%; le esportazioni sono invece aumentate dello 0,1%.
Il rapporto deficit/PIL nel 2013 è stato del 3%, l’avanzo primario del 2,2%, mentre il rapporto debito/PIL ha raggiunto il livello record del 132,6%, in quanto il debito pubblico ha chiuso il 2013 a 2.067 miliardi di €, dopo aver toccato a novembre 2013 i 2.100 miliardi di €.
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A fine febbraio è uscita anche una nota dell’ISTAT sulla situazione dei CCNL, aggiornata al gennaio scorso. A questa data i CCNL da rinnovare erano 51 (di cui 15, per 2.900.000 lavoratori, della Pubblica Amministrazione), interessando 8.500.000 milioni di dipendenti.
Il 66,2% dei dipendenti era in attesa di rinnovo contrattuale. Mediamente i mesi di attesa per il rinnovo contrattuale sono 24,5 e scendono a 11,8 mesi per i dipendenti del settore privato.