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Il pansindacalismo carnitiano non esiste

Carniti ha segnato, per la storia della Cisl, ma più in generale, per tutto il sindacato confederale, una svolta non solo della confederalità, ma anche della sua cultura politica. 

Per  Carniti, infatti, il sindacato non era solo lo strumento rivendicativo, sul piano economico, ma anche lo strumento della realizzazione della giustizia sociale nella società.

Qualcuno, in senso dispregiativo ed erroneamente, ha parlato di pansindacalismo carnitiano. In realtà La Cisl di Carniti era diventata ii punto di riferimento per tutti i riformisti sia laici che cattolici. Per noi, giovani cattolici di sinistra, Carniti rappresentava il sano radicalismo riformista di cui sentivamo la necessità, un radicalismo riformista che dava anima all’azione sociale di giustizia.

In questo senso Carniti era davvero un fedele “discepolo” di Emmanuel Mounier, “l’engagement”, termine usato da Mounier molto prima di Sartre, era, per Carniti, un pensiero combattivo, un progetto sociale a favore degli ultimi. Per questo il sindacato doveva superare il cancro del corporativismo. 

Quella visione anticorporativa, rendeva ragione della presenza del sindacato nella società. Il farsi carico degli ultimi implicava capire i meccanismi che producevano ingiustizie e combatterli. La sua storia degli anni ’70 lo testimonia. 

Il suo radicalismo riformista lo porterà poi, negli anni ’80, a rompere con i tabù della vecchia sinistra comunista. Il referendum sulla scala mobile, che è stato un momento drammatico per il sindacalismo confederale, per Carniti è stato un momento di chiarezza per la costruzione di un sindacalismo moderno. Lui, l’uomo che si è sempre battuto per l’unità sindacale, diventava elemento di divisione. Una divisione necessaria.

Da uomo di sinistra, riformista, cattolico democratico, per la sua azione politica, guardava all’Europa come la grande patria dei diritti del lavoro e la sua adesione al gruppo socialista europeo  va intesa in questa direzione. 

Mi piace terminare questi piccoli pensieri “disordinati” su Pierre definendolo come uomo che ha incarnato pienamente i valori della Costituzione. Cioè il lavoro inteso come strumento di promozione umana, e la lotta all’ingiustizia come compito imperativo della politica. 

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