È un luogo comune affermare che siamo al cuore di una grande crisi di civiltà. Essa non è regionale, ma globale. In verità, questa crisi globale contiene un numero infinito di altre crisi sul piano economico, politico, ideologico, educativo, religioso e persino spirituale. Non sappiamo cosa ci aspetta. Abbiamo sempre più coscienza collettiva che, così com’è, il mondo non può continuare. Il cammino attuale ci sta portando sull’orlo di un precipizio. Dobbiamo cambiare. È attribuita ad Einstein la frase: “il pensiero che ha creato la crisi attuale non può essere lo stesso che ci farà uscire da essa”. Dobbiamo definire un nuovo cammino. Come possiamo costruirlo affinché sia davvero un altro tipo di mondo?
Il fatto inconfutabile è che c’è troppo caos distruttivo senza previsione che possa essere generativo. Ci sono forme di disumanità che ultra-passano tutto ciò che abbiamo vissuto e sofferto nella storia fino al momento attuale. Basta guardare al genocidio che avviene a cielo aperto nella Striscia di Gaza, perpetrato da un primo ministro israeliano, crudele e spietato, Benjamin Netanhyau, sostenuto da un presidente cattolico nord-americano e dalla Unione Europea che tradisce i suoi ideali storici di diritti umani, di libertà e di democrazia. Tutti questi diventano complici dell’atroce crimine contro l’umanità. C’è un’enorme ondata di odio, di disprezzo per la solidarietà, per la scienza, di negazione della verità e per il dominio dell’ignoranza. Questo anti-fenomeno si verifica soprattutto in Occidente.
Solo il fatto che l’1% possieda la ricchezza di più della metà dell’umanità, dimostra quanto sia perverso, profondamente diseguale e ingiusto, lo scenario sociale globale. A ciò si aggiunge l’emergenza ecologica con l’insostenibilità del pianeta Terra, vecchio e con risorse limitate che, di per sé, non sostiene un progetto di crescita illimitata, ossessione delle politiche sociali dei paesi. Questo processo ha esaurito, attraverso l’eccesso di sfruttamento, i biomi terrestri e sta mettendo a rischio i fondamenti naturali che sostengono la nostra vita e la vita della natura (Earth Overshoot). La continuità dell’avventura umana su questo pianeta non è assicurata. Ha scritto bene Papa Francesco nella sua enciclica Fratelli tutti (2020): «Siamo tutti sulla stessa barca; o ci salviamo tutti o nessuno si salva”. Il tutto si riassume con il riscaldamento globale crescente, inaugurando, quella che sembra essere, una nuova fase, più calda e pericolosa nella storia della Terra e dell’umanità.
Perché siamo arrivati all’attuale situazione minacciosa che può mettere a rischio il futuro della vita umana e della natura?
Esistono diverse interpretazioni della situazione critica attuale. Non pretendo di avere una risposta sufficiente. Ma lancio un’ipotesi, frutto di una vita di studi e riflessioni. Stimo che la nostra situazione risalga a più di due milioni di anni fa, quando comparve l’homo habilis, l’essere umano che inventò strumenti di intervento nei cicli della natura. Fino ad allora, il suo rapporto era di interazione, di sintonizzazione con i ritmi naturali e prendendo quello che le sue mani potevano raggiungere. Ora, con l’homo habilis o faber, inizia l’intervento sulla natura: la caccia agli animali e l’abbattimento sistematico degli alberi. Dopo migliaia di anni, l’intervento continuò fino a 10-12 mila anni fa, nel Neolitico, con l’aggressione della natura. Ha interferito con il corso dei fiumi, inaugurando un’agricoltura irrigua e una gestione di intere regioni, che implicava cambiamenti nei rapporti con la natura fino a depredarla. Infine, a partire dall’era dell’industrialismo e del modo di produzione moderno e contemporaneo, attraverso la tecnica, l’automazione e l’intelligenza artificiale, si è giunti alla distruzione della natura. Proiettiamo una nuova era geologica, quella dell’antropocene, del necrocene e del pirocene, in cui l’essere umano appare come il Satana della Terra. Ha trasformato il giardino dell’Eden in un mattatoio, come denunciato dal biologo E. Wilson. Non si è comportato come l’angelo custode del suo habitat, la Madre Terra.
Questo processo storico-sociale ha trovato la sua giustificazione teorica presso i padri fondatori della modernità: Galileo Galilei, Cartesio, Newton, Francis Bacon e altri. Per loro l’essere umano è il “signore e padrone” della natura. Non si sente parte di essa, ma sta fuori e al di sopra di essa. La Terra, fino ad allora considerata la Magna Mater che ci dona tutto, passò ad essere considerata come una cosa inerte (res extensa), senza scopo, al massimo, uno scrigno di risorse devolute all’uso e al piacere dell’essere umano. L’asse portante di questo modo di vedere il mondo è la volontà di potenza, come dominio sugli altri, sui popoli, sulle loro terre (colonizzazione a partire dall’Europa), sulla classe lavoratrice, sulla natura, sulla vita fino all’ultimo gene, sulla materia fino al minimo top-quark. A servizio del dominio fu proiettata la scienza, non solo come conoscenza teorica di come funzionano le cose, ma se ne è presto appropriata la volontà di potenza, convertendola in un’operazione tecnica di trasformazione della realtà. Con essa si è scatenata una vera e propria guerra contro la Terra, senza alcuna possibilità di vittoria, strappandole tutto in funzione del sogno di una crescita illimitata dei beni materiali. La Terra è stata attaccata a tutti i livelli (suolo, aria, acque, foreste ecc.) provocando la devastazione praticamente dei principali biomi, senza misurare gli effetti collaterali. È l’impero della ragione strumentale-analitica e tecnocratica. Non possiamo fare a meno di apprezzare gli immensi benefici che ha portato alla vita umana. Ma allo stesso tempo ha creato il principio dell’autodistruzione con armi letali in grado di spazzare via ogni forma di vita. La ragione è diventata irrazionale e folle.
Oggi siamo arrivati al punto-limite in cui la Terra si mostra gravemente malata. Essendo un Super-organismo vivente, reagisce inviandoci eventi estremi: gravi siccità e forti nevicate, una vasta gamma di virus e batteri, alcuni letali, oltre a tifoni, tornado, inondazioni e terremoti. Non stiamo andando incontro al riscaldamento globale. Ci siamo già dentro. La scienza è arrivata tardi, può solo avvisare del suo arrivo e mitigarne gli effetti dannosi. Questo cambiamento climatico minaccia di fatto la biodiversità e mette a serio rischio il futuro del sistema-vita.
Aggiunge un fatto non trascurabile. Il dispotismo della ragione – il razionalismo – ha represso ciò che di più umano c’è in noi: la nostra capacità di sentire, di amare, di prenderci cura, di vivere la dimensione dei valori come l’amicizia, l’empatia, la compassione e la capacità di rinuncia e di perdono, insomma il mondo delle eccellenze. Tutto ciò veniva visto come un ostacolo alla visione oggettiva della scienza. Abbiamo separato mente e cuore, la ragione intellettuale e la ragione sensibile. Tale rottura ha causato una profonda distorsione dei comportamenti, provocando l’insensibilità di fronte al dramma di milioni e milioni di persone povere e miserabili e alla mancanza di cura della natura e dei suoi beni e servizi.
Se volessimo sintetizzare la crisi di civiltà in una piccola formula, diremmo: essa ha perso la giusta misura, il suo valore, presente in tutte le tradizioni etiche dell’umanità. Tutto è eccessivo, l’assalto alla natura, l’uso della violenza nelle relazioni personali e sociali, le guerre senza alcuna misura di contenimento, l’eccessivo predominio della competizione al prezzo della cooperazione, il consumo eccessivo accanto alla fame da lupi di milioni di persone, senza alcun senso di solidarietà e umanità.
Seguendo questo progetto di civiltà, basato sul dominio del potere, ormai globalizzato, andremo fatalmente incontro ad una tragedia ecologico-sociale al punto da rendere il pianeta Terra inabitabile per noi e per gli organismi viventi. Sarebbe la nostra fine dopo milioni di anni su questo pianeta bello e ridente. Non abbiamo saputo prendercene cura affinché fosse la Casa Comune di tutti gli esseri umani, natura compresa.
Ma poiché il processo cosmogenico e terreno non è lineare, capace di balzi in alto e in avanti, può accadere l’imprevisto, rendendolo probabile attraverso un grande impatto. Ciò trasformerebbe la coscienza collettiva dell’umanità. Come diceva il poeta tedesco Hölderin (+1843): “Dove abita il pericolo, cresce anche ciò che lo salva”. Questo salvataggio significherebbe il necessario cambio di paradigma e garantirebbe così il nostro futuro. Ciò rappresenterebbe un’utopia possibile e realizzabile per l’attuale situazione della Terra e dell’umanità.
*Leonardo Boff ha scritto A busca da justa medida (2 vol), Vozes 2002/3; Cuidar da Casa Comum: pistas para evitar o fim do mundo, Vozes 2023.
(traduzione dal portoghese di Gianni Alioti)