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Il Rapporto e le ragioni di una competitività sostenibile europea

In una fase di epocali transizioni ed instabilità geopolitica internazionale l’Unione europea è chiamata ad esprimere tutte le sue potenzialità in maniera competitiva e sostenibile, evitando una marginalizzazione dagli effetti devastanti. 

A questo proposito, il Rapporto Draghi costituisce uno strategico contributo alla direzione da intraprendere in materia di competitività europea, in un contesto caratterizzato da una debolezza tecnologica interna e da una maggiore concorrenza globale associata ad un mercato meno accessibile a causa di barriere “nazionali”.

È un Rapporto articolato ed ampio, che analizza il tema della competitività europea approfondendone i principali settori al fine di colmare il divario di innovazione, coordinare la de-carbonizzazione e la competitività in modo da evitare processi di de-industrializzazione, ridurre le dipendenze e aumentare la sicurezza europea, finanziare gli investimenti e rafforzare la governance dell’Unione.

I messaggi che emergono sono dirompenti e chiari: la necessità di 800 miliardi di euro aggiuntivi all’anno per affrontare le sfide – circa il 5% del Pil UE-, da realizzarsi anche con strumenti di investimento basati sul debito comune; la riforma della governance europea partendo dal superamento dell’unanimità; la coerenza e coordinamento delle politiche industriali, commerciali e di concorrenza verso gli obiettivi di de-carbonizzazione, evitando gli errori distonici del passato; una politica industriale realmente europea che superi la frammentazione nazionale dannosa per la competitività di sistema; la centralità dell’inclusione sociale e delle strutture del welfare per gestire  sostenibilmente le transizioni e non generare ulteriori disparità.

Il rafforzamento delle istituzioni europee, in una prospettiva federale è per la CISL prioritario quanto la realizzazione di politiche e strumenti di investimento europei che facciano tesoro dell’esperienza pandemica.

Il Rapporto evidenzia opportunamente il legame sinergico tra il fabbisogno enorme di investimenti, la necessità di strumenti di investimento comuni per progetti transnazionali e le condizioni istituzionali di riferimento. Tali condizioni implicano un completamento del processo di integrazione senza il quale il nostro continente sarà destinato ad una lenta e inesorabile agonia. Un rafforzamento istituzionale su cui lo stesso Draghi offre declinazioni operative differenti in base alla volontà politica corrente, dalla riforma dei Trattati, alle “clausole passerella”, alle “cooperazioni rafforzate” fino ad accordi intergovernativi, ma che mantengono vivo il messaggio di fondo che la CISL condivide appieno. La prospettiva federale, ovvero la necessità che l’Europa disponga delle competenze adeguate, ad esempio, in materia di energia, innovazione, difesa, industria, è fondamentale per poter competere con altri “player” internazionali che agiscono come attori unitari, in primis Usa e Cina. Alla politica economica e monetaria europea non può che corrisponderne anche una fiscale e tributaria. Ciò impone una capacità fiscale, debito europeo ma anche risorse proprie e regolamentazione per affrontare i vari dumping a partire da quelli fiscali in un contesto che veda un maggior protagonismo del Parlamento europeo.

Il Rapporto sottolinea in maniera chiara le criticità e potenzialità che insistono sulla competitività sistemica europea: la capacità di innovazione, le competenze, il commercio, la concorrenza e l’energia.  Dal Rapporto emerge chiaramente la priorità strategica di mantenere una forte base industriale attenta alle industrie innovative quanto a quelle tradizionali, cruciali per l’intera catena di approvvigionamento, in una logica di complementarietà, e di salvaguardare il futuro dell’industria europea che rappresenta una delle più grandi prove che la UE debba affrontare. 

È un approccio che va sicuramente approfondito, rafforzandone le componenti sociali volte a declinare la competitività in maniera sostenibile. 

A tal fine non possono essere trascurati i richiami del Rapporto ad un “approccio partecipativo” che coinvolga istituzioni politiche, sindacato e mondo delle imprese, ad un nuovo contratto sociale, al ruolo dell’inclusione sociale, e alle condizionalità sociali nei finanziamenti pubblici, seppur limitate alla formazione. Alla stessa stregua occorre evidenziare i richiami ad una competitività non basata sui costi del lavoro e all’importanza dello stato sociale e delle strutture del welfare per gestire la transizione. 

Sono tutti elementi cruciali che vanno rafforzati per garantire una strategia coesa. In tal senso, posta la centralità di mobilitare gli investimenti pubblici, è importante accompagnarli da condizionalità sociali nell’utilizzo, che sostengano non solo la formazione ma anche la centralità della contrattazione, l’occupazione e i diritti sociali. Alla stessa stregua è importante valorizzare le componenti contrattuali e di protezione dei diritti nelle catene di fornitura attraverso processi di “due diligence” e negli appalti, anche mediante una riforma della direttiva europea in materia, proprio allo scopo di ridurre le possibili disuguaglianze. In materia di aumento della produttività è necessario agire sul contrasto ad un’eccessiva finanziarizzazione dell’economia, ripristinando un circolo virtuoso tra profitti – investimenti in innovazione e aumento di domanda. Infine è dirimente promuovere la strategicità economica della partecipazione dei lavori alla gestione d’impresa, nelle varie forme promosse anche nella proposta di legge della CISL, al fine di migliorare la competitività e coesione delle performance aziendali.

Il Rapporto offre spunti di riflessioni sui vari “drivers” di competitività che insistono sulla vita dei lavoratori e delle imprese, dal peso dei prezzi energetici 2-3 volte superiore agli USA o di 4-5 volte superiori per il gas, ad un affidamento di appalti dell’UE per il 78% verso aziende extra UE nel settore della difesa tra il 2022 e 2023, all’eccessiva dipendenza europea per le materie prime critiche da pochi Paesi in un contesto di ridotta stabilità geopolitica e quindi maggiore vulnerabilità, alla costatazione che su 50 aziende più importanti sotto il profilo tecnologico solo 4 siano europee. Di qui, alcune proposte concrete che vanno dallo sdoppiamento del gas dell’elettricità e dagli acquisti congiunti in materia energetica, a politiche che promuovano le produzioni locali negli appalti, ad una diversificazione delle catene di approvvigionamento mediante partenariati con attori che condividano i nostri valori, alla possibilità di ammettere fusioni aziendali valutandone l’incremento di innovazione e di resilienza, ovvero di capacità di ridurre i rischi di interruzione di forniture. Anche in questo caso sarà fondamentale combinare questi richiami con avanzamenti della dimensione sociale, ad esempio in termini di impatti sociali, occupazionali e di coesione territoriale nella valutazione delle fusioni aziendali oppure di valorizzazione della contrattazione e delle condizioni di lavoro negli appalti. 

Ulteriori spunti provengono da tematiche molto delicate come quelle degli aiuti di stato e la possibilità di prefigurare una possibile valorizzazione delle sovvenzioni europee per evitare il rischio di frammentazione del mercato, o sulle politiche settoriali, come quelli nel settore dell’automotive in cui il Rapporto evidenzia una spinta alla penetrazione del settore elettrico nel mercato a cui non si è associata una parallela spinta alla riconversione della catena produttiva.

Il Rapporto contiene infine questioni e strumenti “delicati e complessi” che tuttavia richiedono una discussione e gestione partecipata ed inclusiva, come la semplificazione normativa, necessaria ma che impone la preservazione degli standard sociali, o le proposte relative ad un 28° regime per accelerare la costruzione di infrastrutture energetiche transfrontaliere o la  “società europea dell’innovazione” che vanno valutati nella loro capacità di offrire una convergenza normativa verso l’alto e non un argine o una zona franca rispetto ai diritti dei lavoratori.

Questi, in sostanza, alcuni degli spunti che il Rapporto offre ad un’Unione Europea impegnata a rispondere adeguatamente alle sfide ed ai bisogni dei cittadini europei nonché a mantenere le promesse del green deal in termini occupazionali e di sviluppo oltre che ambientali. Un’Unione che può contare su potenzialità incontestabili di un mercato interno che costituisce una delle più grandi aree economiche mondiali, di aspettative e condizioni di vita e formazione tra le più elevate al mondo e di una leadership in termini di standard ambientali, ma che va rafforzata, in particolare attraverso una maggiore integrazione politica, per permettere il mantenimento del proprio sviluppo e la protezione dei suoi valori. 

Proprio per queste ragioni solo un approccio partecipativo che valorizzi il coinvolgimento delle parti sociali a tutti i livelli ed in tutte le sue forme potrà garantire questo percorso ed una gestione delle transizioni nel solco della sostenibilità quale imprescindibile componente della competitività europea.

*Segretario Confederale CISL 

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