In queste ultime settimane sono stati raggiunti accordi di rinnovo dei Ccnl del Commercio, del Credito e degli Studi Professionali, in termini unitari tra i rispettivi tre sindacati di settore di Cgil, Cisl e Uil.
Nel settore del Commercio – Terziario, Distribuzione e Servizi – il rinnovo è tra Fisascat Cisl, Filcams Cgil e Uiltucs Uil e la sola Confcommercio, mentre per giungere a coinvolgere i circa tre milioni di addetti interessati andranno rinnovati anche i Ccnl con le altre parti datoriali del settore: Confesercenti, Cooperazione di consumo, Grande distribuzione organizzata (Gdo).
Dopo un anno e mezzo di trattative si è arrivati ad un’ipotesi di accordo per il rinnovo del Contratto Nazionale del Credito che ha scongiurato l’imminente disapplicazione del contratto minacciata dall’Abi. Per i contenuti dell’intesa si rinvia all’articolo del Segretario generale della Fisac Cgil, organizzazione che, con Fiba Cisl, Uilca Uil e altri 5 sindacati del settore ha sottoscritto con l’Abi l’intesa contrattuale.
Ultimo arrivato l’accordo per il rinnovo del contratto di lavoro degli addetti degli studi professionali per circa un milione e 500 mila fra titolari, lavoratori dipendenti e collaboratori, per il 90% donne. L’intesa raggiunta dopo circa 18 mesi di trattativa tra Confprofessioni e i sindacati di settore delle tre Confederazioni interessa i dipendenti degli studi notarili e di avvocati, degli studi medici, dentistici, ingegneri, architetti e addetti dei laboratori di analisi. Le normative introdotte sul welfare contrattuale vengono estese anche ai titolari professionisti e ai collaboratori. L’intesa regolamenta e rende fruibile il telelavoro, mentre le agevolazioni per le assunzioni prevedono un contratto di reimpiego per gli over 50 e per i disoccupati da oltre 12 mesi, con la possibilità di sotto inquadramento solo se l’assunzione è a tempo indeterminato.
Non è positiva invece la situazione del rinnovo del Ccnl Turismo a fronte di una trattativa aperta ormai due anni orsono. Ci sono nel settore tre rappresentanze datoriali maggiori (Confindustria, Confcommercio e Confesercenti). Oltre a questioni di merito che dividono le rappresentanze datoriali e quelle dei lavoratori (costi contrattuali, abolizione degli scatti di anzianità rivendicata dai datori, ecc.) emergono problemi e tensioni anche all’interno della rappresentanza datoriale.
Queste tensioni sono ulteriormente accentuate a causa della crisi e della stagnazione, in un settore molto vulnerabile come quello del Turismo. Si frammenta la rappresentanza datoriale con l’emergere di visioni diverse per il settore e con la spinta a diversificare e moltiplicare i tavoli contrattuali.
Tutti e tre i contratti rinnovati e qui richiamati, Commercio, Credito e Studi professionali hanno in comune l’entità dell’aumento medio a regime di 85€ su un livello di classificazione fissato, con la conseguente parametrazione dell’aumento per tutti i livelli di inquadramento. E’ diverso invece il numero delle tranches e la loro decorrenza. La durata è triennale solo per il Ccnl del Commercio; per il Credito la durata è nei fatti quadriennale (tre anni e 9 mesi), come quadriennale è prevista la durata dei contratti di 2° livello: questo dovrà consentire ai due rinnovi (nazionale e 2° livello) di non sovrapporsi. Per il Ccnl Studi Professionali la durata è quadriennale.
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Dal rapporto Istat del 23 aprile 2015 su: “Contratti collettivi e retribuzioni contrattuali”, relativo a marzo 2015, vediamo che, alla fine di marzo, sono in vigore 35 Ccnl che regolano il trattamento economico di circa 5,5 milioni di lavoratori dipendenti ( 39,9% del monte retributivo complessivo).
I Ccnl in attesa di rinnovo sono 40 secondo l’Istat (di cui 15 riguardano la P.A.), che interessano circa 7,3 milioni di dipendenti (di cui 2,9 milioni nella PA.).
I dati Istat sono riferiti al monitoraggio di un insieme dei 74 Ccnl più applicati.
A marzo la quota di lavoratori in attesa di rinnovo, per l’insieme dell’economia, è del 56,9%.
I mesi di attesa per i lavoratori con contratto scaduto sono in media 39,3 (nello stesso mese del 2014 erano molti di meno, 27,2 mesi).
Nel settore privato la quota di lavoratori in attesa di rinnovo è pari al 44,4%, mentre i mesi di attesa per i lavoratori con contratto scaduto sono 23,7.
Questi indicatori permettono di valutare la “tensione contrattuale” per l’intera economia.
Il loro andamento è riportato nelle figure 2 e 3 (Istat), rappresentanti rispettivamente la quota
(in %) dei dipendenti con contratto scaduto e la durata (in mesi) della vacanza contrattuale.
Ci separano ormai pochi mesi dalla fase di rinnovo dei contratti. Entro l’anno in corso scadranno praticamente tutti i Ccnl dei settori industriali. Sono fermi da 5 anni i contratti della Pubblica Amministrazione.
Proprio in questa fase è indispensabile chiedersi quali scelte fare circa il futuro della contrattazione. Questo non solo per la devastazione che la crisi ha portato nella struttura produttiva e occupazionale del nostro Paese.
La deflazione ci ha portato a livelli di inflazione molto bassi e si è quindi ridotto il margine di recupero del potere di acquisto e la stessa prospettiva di margini per una politica salariale.
La riduzione delle risorse disponibili porterà inevitabilmente a ricercare margini dalla competitività e dalla produttività del lavoro e dei fattori; conseguentemente andranno anche rivisti ruoli e compiti di ciascuno dei due livelli contrattuali: il Ccnl e il 2° livello.
La contrattazione si può comunque continuare ad occupare di contenuti importanti che pesano spesso quanto il salario: orari, turni e organizzazione del lavoro, formazione e classificazione, tecnologie, ambiente, occupazione, welfare e sanità.
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Quando, a metà 2012, esaminai la criticità per le tutele del lavoro a causa del grado di applicazione dei Ccnl e al grado di copertura effettiva dei contratti stessi, dovetti inevitabilmente occuparmi de: “La frammentazione della rappresentanza” (Pelos F. 2013 Il mercato senza lavoro. Crisi, occupazione e tutele oggi in Italia. Pagg. 156-175 Edizioni Lavoro. Roma).
La domanda: “A quanti dei circa 17 milioni di lavoratori dipendenti si applica il Ccnl e quale Ccnl?”, posta ieri, nel 2012, e oggi nel 2015 ci porta sempre e in modo sempre più grave al tema della frammentazione della rappresentanza.
Da quando la legge 936 del 30 dicembre 1986 ha istituito presso il Cnel l’Archivio nazionale dei contratti collettivi nazionali di lavoro è stato possibile sapere quanti sono i Ccnl e cosa molto più interessante, conoscere chi sono i sindacati datoriali e dei lavoratori che firmano contratti collettivi nazionali di lavoro.
Nel 2011 i Ccnl depositati erano 509, mentre oggi sono 708 (!). Il numero dei Ccnl cresce a vista d’occhio. Datoriali e sindacati di lavoratori, spesso fasulli e non rappresentativi firmano uno o più contratti fotocopia e ci costruiscono attorno rappresentanza, centri servizi, patronati, caaf, network con altri soggetti sindacali, datoriali e dei lavoratori, formazione, presenze istituzionali e possibilità di essere sul “mercato” senza nessuna verifica sulla propria rappresentatività.
Vediamo lo sviluppo del numero di questi Ccnl vigenti, depositati al Cnel.
Marzo 2011 Ccnl n. 509 Dicembre 2012 Ccnl n. 551
“ 2013 “ n. 561 “ 2013 “ n. 607
“ 2014 “ n. 618 “ 2014 “ n. 675
“ 2015 “ n. 708
Da questa banca dati veniamo a sapere, sul tema dei rinnovi contrattuali, che:
– i Ccnl scaduti nel 2014 sono 67;
– i Ccnl già scaduti prima del 2014 e non ancora rinnovati sono 313.
E’ interessante esaminare la ripartizione per settori: ci sono, per citare solo alcuni esempi, 156 Ccnl nei settori Commercio e Turismo, 73 nei Trasporti, 57 nell’Edilizia, 83 negli Enti e Istituzioni private.
Senza accordi rigidi e vincolanti tra tutte le parti sulla rappresentanza, senza nuovi accordi sulle regole e sul modello contrattuale (l’accordo del 29.01.2009 sul modello contrattuale è scaduto) e soprattutto se continua a passare il tempo senza iniziative delle parti, le probabilità che il Governo intervenga con una legge diventano sempre maggiori.
E l’intervento potrebbe riguardare la rappresentanza, il modello contrattuale e magari anche il salario minimo per legge.
E allora avremo non solo uno snaturamento del ruolo del sindacalismo (di impresa e dei lavoratori), ma anche la fine di una esperienza di relazioni industriali. Il ritardo con cui le Confederazioni affrontano questa situazione è incomprensibile. In queste settimane si è finalmente raggiunto, dopo 13 mesi dalla firma del testo unico, l’accordo con l’Inps per la convenzione per la raccolta dati relativi al tesseramento delle diverse organizzazioni, base per il calcolo della rappresentatività di ogni sindacato.
Ora se viene meno il Cnel, che era stato incaricato ad essere il soggetto terzo che avrebbe dovuto contare i voti espressi per l’elezione delle Rsu, bisognerà trovare un soggetto che sostituisca il Cnel.
Il tema della rappresentanza, quella contrattuale e quella normata, va affrontato celermente perché altrimenti è il sistema stesso di relazioni che viene danneggiato: si pensi solamente al dumping sociale che molti Ccnl, stipulati al ribasso da organizzazioni di comodo, provocano sul mercato.