Sono ormai moltissimi gli studi e le analisi (compresi i 4 rapporti UIL) su come “il buono lavoro” abbia riscosso, nel corso degli ultimi anni, un successo in termini di utilizzo. E’ vero che, rapportato al numero generale delle ore lavorate, siamo a percentuali molto basse ma, nel contempo, va sottolineato come sia, comunque, molto alto il dato su quante persone abbiano ricevuto (1.4 mln.), in cambio di una prestazione, una retribuzione sotto forma di voucher. In sostanza, il fenomeno va compreso, soprattutto, per come impatta sulle persone data la crescita esponenziale degli ultimi 3/4 anni, fino ad arrivare ai 133 milioni di voucher venduti del 2016.
La domanda che ci si è posti, quindi, non è se il voucher sia uno strumento che favorisca l’emersione (certamente valido in particolari e specifiche attività), ma se esso, in moltissimi settori produttivi, abbia alimentato un effetto “vizioso” (e non “virtuoso” quale sarebbe dovuto essere) quale quello di stimolare il passaggio da lavoro “flessibile”, ma tutelato (come il contratto a termine, spesso stagionale, in primis), a lavoro debole e con poche tutele per il prestatore di lavoro.
Evitare il sommerso e sfavorire lo scivolamento verso attività poco (o nulla) protette deve essere la funzione del nuovo strumento che dovrà spingere il legislatore e le parti sociali a individuare il “sostituto” del voucher.
Deve essere chiaro che qualunque misura si individui, è nella “sopravvenuta e mera temporaneità della prestazione” che deve ancorarsi lo strumento. Laddove infatti la prestazione sia “prevedibile” il nostro ordinamento è già dotato di una normativa contrattuale che consente al datore/committente di regolarizzare la prestazione.
Diventa, quindi, fondamentale individuare strumenti adatti a rispondere a tale condizione che può palesarsi sia nel caso in cui il datore sia un’impresa, una famiglia o altri soggetti quali associazioni, onlus, attività sportive e ricreative.
Una premessa però va fatta: una delle cause dell’uso improprio (e abuso in molti casi) del voucher, è stato, a nostro avviso, il pensare di mettere un tetto massimo all’utilizzo dei voucher solo per il prestatore di lavoro e non anche per il committente.
Dall’assenza di limiti per il committente, siano essi quantitativi e/o economici, l’inevitabile risultato è stato quello di vedere imprese acquistare centinaia di migliaia di voucher distribuendoli a centinaia di persone per attività ampiamente programmabili e ricorrenti e per le quali la normativa (ed i contratti) prevedono tipologie ben utilizzabili.
E’ il caso, ad esempio, del contratto a tempo determinato o, laddove la prestazione debba essere resa con carattere saltuario ed urgente, ma anche in costanza di programmabilità della prestazione, può essere utilizzato il lavoro intermittente. Tale strumento, però, sono ormai molti anni che sconta l’assenza di emanazione del Decreto Ministeriale che, sentite le Parti Sociali, dovrebbe ridefinire le esigenze di tipo oggettivo per l’applicazione dell’istituto contrattuale.
Al netto di questo inciso sul lavoro a chiamata, qualunque nuovo strumento si individui per regolare il lavoro “occasionale e/o accessorio”, riteniamo che tra i requisiti di applicazione debba prevedere anche un tetto per i datori/committenti da definire o in termini di compenso annuo erogabile o di ore annue (meglio sarebbe la combinazione di entrambi) indipendentemente dal numero dei prestatori di lavoro.
In sostanza, e questo può valere sia per le famiglie che per determinate attività, è giusto consentire in casi di eccezionalità, imprevedibilità e straordinarietà l’uso di uno strumento semplice, a costi definiti, ma circoscrivibile nella quantità e nel tempo.
La nostra proposta, come UIL, è quella di prevedere un doppio strumento: uno da applicare nel caso in cui il committente sia una famiglia e l’altro nel caso in cui sia un soggetto che svolge attività d’impresa o un professionista.
Poiché la finalità è quella, essenzialmente, di regolamentare prestazioni di lavoro improvviso e con una durata brevissima, contrastando al contempo la creazione di posizioni lavorative in nero, lo strumento deve necessariamente essere agile e veloce nell’applicazione.
Nel caso in cui il committente sia la “famiglia”, riproponiamo il vecchio voucher ma con limiti diversi dal passato. Poiché l’esistenza di un contratto collettivo sul lavoro domestico deve rimanere la regola, occorre che lo strumento per sopperire ad esigenze di tipo non programmabili e caratterizzate dalla straordinarietà/eccezionalità/ temporaneità della prestazione, debbano vedere un costo maggiore di quello stabilità dalla contrattazione collettiva. Ciò per evitare un effetto di “cannibalizzazione” del primo sulla seconda.
Proponiamo, quindi, che il singolo voucher non sia orario, ma che corrisponda a 3 ore di lavoro con un importo di € 45,00 lorde pari a € 33,75 nette (la singola ora corrisponderebbe, quindi ad € 15,00 lorde che diventano € 11,25 nette). Il tetto annuo di compenso massimo del singolo prestatore di lavoro, indipendentemente dal numero dei committenti, dovrà essere pari ad € 3037,50 nette equivalente a 90 giornate calibrate su un massimo di 3 ore l’una.
Abbiamo parlato anche di un necessario tetto per il committente. Per il committente, prevediamo un tetto massimo annuo di compenso erogabile pari ad € 1.012,50 netti e di 30 giorni annui calibrati su 3 ore massime giornaliere, indipendentemente dal numero dei prestatori di lavoro.
Resta la vecchia forma di comunicazione (Inps/Inail).
Nel caso in cui la prestazione di lavoro sia richiesta da un soggetto con natura imprenditoriale o da un professionista, ferma restando la condizione che sia richiesta per sopravvenuta necessità e temporaneità, lo strumento più agile e nello stesso tempo tale da sopperire a tali condizioni, è il “contratto extra o di surroga”, già presente da moltissimi anni nel nostro ordinamento.
E’ un contratto previsto dal d.lgs 81/2015 all’art. 29, comma 2, lett. b), ma la sua applicazione è oggi confinata ai soli settori del turismo e pubblici esercizi.
E’ uno strumento che è nato per rispondere alla necessità di prestazione di breve durata per rapporti di lavoro di durata non superiore a tre giorni consecutivi. A tale rapporto, pur essendo una sottoclasse del contratto a tempo determinato, non si applica la disciplina ed i limiti previsti per quest’ultimo.
Il rapporto è di natura subordinata e ad esso, quindi, si applicano tutte le tutele di un rapporto di tale natura. Il superamento dei 3 giorni fa scattare la sanzione della trasformazione in un rapporto a tempo determinato con l’applicazione della relativa disciplina.
Crediamo che sia il migliore strumento che possa sopperire a situazioni di sopravvenuta necessità e temporaneità di una prestazione di lavoro. A tal fine la nostra proposta è quella di estenderne, legislativamente, il campo di applicazione a tutti i settori, rinviando alla contrattazione collettiva di settore o ad accordi interconfederali, la relativa regolamentazione.
Accanto a queste proposte aggiungiamo che un Sindacato attento a ciò che realmente avviene nella società e nel mondo del lavoro, deve essere capace di comprendere come e quali siano gli effetti di eventuali innovazioni e di come, nella vita reale, alcuni cambiamenti stiano permeandosi in parte del nostro sistema economico e produttivo. Ci riferiamo in particolare al diffondersi della cosiddetta “economia dei lavoretti” o “Gig economy” nella quale il tema della regolazione del lavoro a confine tra prestazioni subordinate e autonome è sempre più labile. In questo quadro va collocata la “riforma dei voucher”, certamente necessaria, per evitare che un vuoto di strumentazione regolata spinga molti lavori o nella informalità totale (lavoro nero) o in modalità ancor meno garantite per migliaia di persone, attraverso l’espandersi, ad esempio, delle collaborazioni occasionali. Ecco perché non ci ha convinto la spinta abrogazionista dello strumento privilegiando, noi, sia la strada del confronto e della pressione sul legislatore (che ha prodotto un primo risultato come la tracciabilità), sia quella più strettamente contrattuale con una diversa regolamentazione del lavoro a chiamata o stagionale. I consulenti del lavoro sono usciti con questo approfondimento a seguito dell’abrogazione dei voucher.
(*) Segretario confederale UIL