L’istruzione e la formazione per i giovani sono molto più che la somma di nozioni e competenze. L’istruzione e la formazione sono attività che permettono lo stare insieme agli altri in modo corretto, sono una palestra mentale nella quale i neuroni si allenano a sviluppare il pensiero ipotetico deduttivo, la capacità di anticipazione, la capacità di prefigurare mentalmente la soluzione di un problema, con tutte le ipotesi alternative possibili per raggiungere obiettivi di miglioramento personale, la capacità di stare alle regole e di riconoscere il proprio limite.
Sperimentare e sviluppare efficacemente queste facoltà vale molto di più che un 10 in matematica! Imparare ad affrontare e superare le difficoltà, saper rispettare il prossimo sono conquiste valide per tutta la vita. Questo è il vero e profondo successo scolastico-formativo. E non solo questo. La programmazione neuro linguistica attribuisce un valore significativo anche ai piccoli successi. Ogni successo lascia una traccia chimica nei nostri neuroni che rinforza la probabilità di ottenere altri successi.
Queste premesse sono prerequisiti indispensabili per i giovani che, come direbbero i nostri nonni, prima di agire debbono imparare a contare fino a 100, imparare a non essere impulsivi, a non cacciarsi nei guai, in poche parole a non entrare in conflitto con la legge. E infatti, guarda caso, i dati statistici sugli autori di reato, riscontrano un elevato tasso di insuccesso scolastico e di analfabetismo di ritorno, sia del settore minorile che del settore adulti, sia tra gli italiani che tra i soggetti provenienti dal altri Paesi. Nel documento relativo alle attività trattamentali realizzate negli Istituti penali per i minorenni nell’anno 2012 risulta che il 27% dei corsi di istruzione attivati riguarda la scuola primaria ed il 22% riguarda la scuola secondaria di 1° grado, e denota perciò, che il livello di istruzione di questi giovani, ancorché di origine straniera, è incongruente rispetto alla loro età anagrafica che va dai 14 ai 21 anni. Molti di loro, troppi, hanno collezionato, prima di entrare in conflitto con la legge, gravi insuccessi scolastici di base.
Senza contare poi, che spesso i giovani entrati in conflitto con la legge appartengono a fasce sociali più fragili, caratterizzate da contesti sociali deprivati culturalmente, economicamente ed affettivamente, con scarsa possibilità di entrare nel mondo del lavoro regolare. La carenza di abilità di base fa correre il rischio per questi giovani di passare da una condizione di “marginalità” ad una condizione di vera e propria emarginazione ed esclusione sociale. E qui, purtroppo, bisogna precisare che anche le esperienze negative, gli insuccessi, lasciano una traccia chimica nei propri neuroni, aumentando la probabilità di ulteriori insuccessi, come prospettato sia dagli studi sulla programmazione neuro linguistica che dalla criminologia per quanto concerne gli effetti della stigmatizzazione.
I giovani non possono affrontare da soli questo percorso, hanno bisogno di essere guidati ed accompagnati nell’apprendimento, da docenti, da volontari, da educatori, da sportivi, da uomini e donne di cultura, da genitori e parenti, in buona sostanza hanno bisogno di punti di riferimento adulti che fungano da modelli, da traino, che attivino le loro risorse personali e li guidino verso la consapevolezza di se stessi e la maturità.
I minori in conflitto con la legge seguiti dal Dipartimento per la Giustizia Minorile sono poco più di 20.000 all’anno, per lo più in misure non detentive, visto che soltanto 2.000 fanno ingresso nelle Comunità e soltanto 1.200 fanno ingresso negli Istituti penali (IPM) per i minorenni con una permanenza media negli IPM spesso inferiore a due mesi. Uno dei principi del processo penale minorile è la residualità della detenzione e la finalità del trattamento volto al reinserimento sociale per cui le misure detentive vengono trasformate, quando vi sono le condizioni giuridiche, in misure non detentive.
Il quadro normativo in Italia anche in questo settore è all’avanguardia in Europa; già con l’art. 19 della legge 354/1975 concernente l’ordinamento penitenziario è prevista l’organizzazione di corsi di istruzione, formazione professionale e culturale a favore della popolazione detenuta. I minori del circuito penale, tra l’altro, sono destinatari dell’obbligo formativo fino al compimento del 18° anno di età previsto dalla legge 144/1999 e assicurato dagli Uffici Scolastici Regionali e dalle Regionali ex D.P.R. 616/1977 e dalla legge 845/1978, nonché dei corsi di istruzione organizzati nei Centri di istruzione per gli adulti (CPIA) ex D.P.R. 263/2012.
Il nodo problematico della formazione professionale è rappresentato dall’esigenza di conciliare i tempi di permanenza media dei ragazzi negli Istituti Penali per i minorenni (IPM), che si attesta tra i due ed i sei mesi, con i tempi e le scadenze dei corsi di istruzione e formazione che debbono essere programmati in moduli brevi per consentire ai ragazzi di portare a termine il corso e conseguire una certificazione spendibile nel mercato del lavoro. Nel 2012, negli IPM ci sono stati 1.252 ingressi, la quasi totalità dei ragazzi, 1.173, si è iscritta ai corsi di formazione professionale, di essi 156 hanno conseguito crediti formativi e 141 hanno conseguito il titolo previsto dal corso. Spesso la frequenza ai corsi viene proseguita nel territorio. La continuità dei corsi avviati negli IPM nel territorio è un punto fermo irrinunciabile da assicurare ai ragazzi, considerato che il provvedimento di scarcerazione deve essere applicato immediatamente e il ragazzo non può tornare “dentro” per portare a termine il corso.
Attività di formazione professionale IPM – Anno 2012 |
|
Numero iscritti ai corsi |
1.173 |
Conseguimento crediti formativi |
156 |
Conseguimento titolo |
141 |
Una delle caratteristiche che “attraggono” i ragazzi del circuito penale verso le attività che vengono loro proposte è il “fare” qualcosa di cui si vede nell’immediato il risultato, Vanno bene dunque i lavori artigianali, che in questo periodo stanno rinascendo e trovando nuove forme di espressione. La seconda è avere un obiettivo piuttosto ambizioso, impegnativo, che rappresenta una sfida e così aumenta la motivazione dei ragazzi. Non a caso alcuni progetti nelle città di mare hanno riguardato l’apprendimento di mestieri collegati alla navigazione, in cui i ragazzi, accompagnati da un tutor-educatore e da esperti del settore apprendono i mestieri collegati alla vela quali la manutenzione, la gestione ed il restauro delle barche. Vi sono state esperienze molto significative anche nei mestieri collegati alla cura di animali.
I settori dei corsi di formazione che rappresentano maggiore attrattiva per i ragazzi e che sono stati realizzati nel 2012 sono quelli relativi al settore della “Cucina e ristorazione”, rappresentando il 35% dei corsi attivati, seguiti dai corsi nel settore dell’”edilizia” secondo lo schema sotto riportato .
Tipologia corsi di formazione professionale negli IPM – Anno 2012 |
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Cucina e ristorazione |
23 |
35% |
Edilizia |
12 |
19% |
Informatica |
7 |
10% |
Artigianato |
7 |
10% |
Altro |
7 |
10% |
Falegnameria |
4 |
6% |
Giardinaggio |
2 |
3% |
Arte e cultura |
2 |
3% |
Estetica |
2 |
3% |
Tessile |
1 |
1% |
TOTALE |
67 |
100% |
A questo punto, due parole sul ruolo del tutor vanno assolutamente spese. I progetti di formazione finalizzati ad uno stage e quindi all’inserimento lavorativo per i minori del circuito penale debbono prevedere la presenza di un tutor per avere una alta percentuale di successo. Il tutor è una figura significativa di attaccamento che accompagna il ragazzo, che media gli aspetti cognitivi ed emotivi tra il ragazzo, i colleghi e il datore di lavoro. Il tutor aiuta il ragazzo a decodificare i messaggi impliciti diretti al ragazzo e prodotti dal ragazzo, fornendo un feed-back immediato dei significati impliciti, cognitivi ed emotivi, della comunicazione verbale e non verbale. Il tutor è un modello di riferimento adulto autorevole, che lo sostiene nei momenti critici, quelli in cui il ragazzo teme di non essere all’altezza, teme di deludere le aspettative e la fiducia dei genitori, dei compagni di lavoro e che sostiene il ragazzo nel processo di autonomia. Il tutor, per i minori in conflitto con la legge, è un investimento conveniente.
Tutto ciò va pianificato ed organizzato in un’ottica di governance, mettendo insieme le risorse istituzionali, private e del privato sociale per che hanno un ruolo chiave nel sistema, tra cui il Dipartimento per la Giustizia Minorile, il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, la Conferenza delle Regioni e le Province Autonome, le Organizzazioni Sindacali, le Camere di Commercio, l’ISFOL, l’Associazione Nazionale degli Enti deputati alla formazione professionale, affinché concordino e contribuiscano, ognuno per la sua competenza, a dare dei contenuti cognitivi ed emotivi ai ragazzi, alla loro professionalizzazione e per assicurargli un futuro migliore da adulti capaci di restituire quello che hanno appreso e ricevuto agli altri, come recita la Convenzione di New York del 1989.
(*) Funzionario della professionalità pedagogica – Dipartimento per la Giustizia Minorile