Quando mi è stata offerta l’opportunità di fare un intervento programmato in questo convegno, ho subito proposto di parlare delle assunzioni congiunte in agricoltura per diversi motivi:
- perché è un argomento strettamente collegato alle “Reti d’impresa”;
- perché, in qualità di avvocato e presidente in una Organizzazione di Produttori agricoli organizzata in forma di società agricola cooperativa, ho ritenuto che si trattava di un’occasione imperdibile per raccontare a Roma, in un convegno così prestigioso, una storia di ordinaria confusione giuridica italiana che ha coinvolto me ed altri presidenti di cooperative agricole e che non sarà più ripetibile grazie all’entrata in vigore delle norme sulle assunzioni congiunte in agricoltura;
- perché penso che dal racconto della suddetta esperienza potremo trarre molti spunti di riflessione all’interno della nostra associazione per individuare nuovi campi di lavoro, di studio e approfondimento.
Noi abbiamo espressamente indicato nel nostro statuto, tra gli scopi dell’associazione, quello di sviluppare e diffondere l’analisi dei processi di trasformazione degli ordinamenti nazionali degli Stati, per effetto della loro integrazione nel diritto dell’Unione Europea.
L’esperienza di cui vi parlerò dimostra quanto diverse siano le velocità a cui spesso viaggiano il diritto dell’Unione rispetto al nostro diritto interno e, soprattutto, quanto sia opportuno, se non addirittura necessario, che il diritto interno si adegui in tempi rapidi alle riforme adottate a livello comunitario, se non altro per evitare che incolpevoli cittadini ed imprese dell’Unione Europea possano subire lunghi e defatiganti processi penali per il semplice fatto di essersi attenuti alle norme comunitarie non recepite tempestivamente dall’ordinamento interno.
La questione, a mio parere, è particolarmente delicata se si pensa ai riflessi che le riforme comunitarie possono portare nei più disparati campi del diritto, compresa la gestione dei rapporti di lavoro, dove tutto diventa ancor più complicato se si pensa che dopo la recente riforma dell’art. 603 bis del Codice Penale, qualsiasi violazione delle norme di legge e contrattuali che regolano i rapporti di lavoro può essere considerata come indice di sfruttamento del lavoro e portare a pesantissime conseguenze penali.
Mi rendo perfettamente conto che non possiamo accettare sic et simpliciter l’idea di recepire in maniera quasi automatica tutte le norme che vengono adottate a livello comunitario, essendo sempre necessario verificare la rispondenza delle stesse ai nostri principi costituzionali, tuttavia non possiamo neppure perdere l’occasione (passatemi il termine) di “sfruttare” gli impulsi e le sollecitazioni al cambiamento che ci vengono imposti dall’alto e che non saremmo in grado di attivare autonomamente per via dei numerosi dogmi, tabù e freni che sono tipici del nostro Stato. Ciò soprattutto quando, come nell’esperienza che mi accingo a raccontare, si dimostra -dati alla mano- che le riforme comunitarie hanno funzionato determinando una crescita dimensionale e qualitativa delle imprese agricole, un forte processo innovativo e un rapido diffondersi di tecniche di coltivazione sempre più rispettose dell’ambiente e della salute dei consumatori, e, non ultimo, un forte impulso alla corretta gestione dei rapporti di lavoro.
Nel 2005 insieme ad un gruppo di produttori agricoli di uva da tavola del Sud Est barese abbiamo deciso di dar vita ad una Organizzazione di Produttori impostata secondo il Regolamento (CE) 2200/1996. Questo regolamento indicava le regole fondamentali per permettere alle imprese agricole di crescere attraverso un processo aggregativo sotto forma di Organizzazione di Produttori. Obiettivo primario delle Organizzazioni di Produttori era l’aggregazione del maggior numero possibile di imprese agricole che venivano spinte a dar vita ad una vera e propria “rete d’imprese”.
Senza volersi in questa sede dilungare sulla molteplicità di azioni ed interventi suggeriti e/o imposti dalla Politica Agricola Comunitaria, per restare al tema del convegno mi sembra opportuno rimarcare il fatto che la nuova PAC, al fine di migliorare il rendimento delle imprese agricole e la qualità dei loro prodotti, ha spinto le suddette imprese con consistenti aiuti economici verso forme di aggregazione e verso modelli di gestione centralizzata dei rapporti di lavoro.
Mentre tutto questo accadeva a livello europeo dal 1996 in poi, in Italia ben 13 anni dopo, nel 2009, eravamo ancora molto indietro e non pronti ad accettare modelli di gestione centralizzata e più efficiente dei rapporti di lavoro. A tal proposito voglio solo ricordare la (dal mio punto di vista famigerata) circolare INPS n. 126 del 16.12.2009 intitolata “Attività di vigilanza in agricoltura per il contrasto del fenomeno dei falsi rapporti di lavoro e del lavoro nero”.
Si tratta di una circolare che meriterebbe una lunga e dettagliata analisi che, per motivi di tempo certamente non possiamo fare in questa sede ma che va comunque segnalata per dimostrare la distanza abissale che in quegli anni si registrava tra le trasformazioni volute dalla Politica Agricola Comunitaria e la realtà italiana.
Avendo la circolare INPS legato il riconoscimento della natura agricola del rapporto di lavoro non all’attività dell’impresa ma a quella concretamente svolta dai lavoratori, ha ammesso che anche un’impresa commerciale, ovvero un’impresa che ha come oggetto esclusivo o prevalente lo svolgimento dell’attività commerciale (quindi non agricola) poteva concretamente inquadrare in agricoltura tutti i lavoratori addetti alla raccolta dei prodotti ortofrutticoli destinati alla commercializzazione anche se impiegati presso i terreni agricoli di terzi.
La circolare 126 aggiunge poi che “laddove l’impresa, pur formalmente titolare di codice di attività IVA e/o di iscrizione alla C.C.I.A.A., per effettuare servizi all’impresa agricola finalizzi le assunzioni esclusivamente ad un successivo distacco di proprio personale a favore di terzi (anche soci, qualora dovesse trattarsi di Cooperativa), prima ancora di integrarsi l’elusione della norma di cui alla legge n. 92/79, così come modificata dal D. Lgs. n. 173/98, la fattispecie verrebbe a configurarsi quale somministrazione irregolare di manodopera per conclamato difetto di interesse dell’impresa distaccante.
Quanto sopra risulta confermato dalla Direzione Generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale con risposta ad interpello n. 15 del 2007
Sempre secondo la circolare in esame non è riconducibile a quanto innanzi detto, (ovvero alla somministrazione irregolare di manodopera)l’ipotesi della (impresa) cooperativa già inquadrata in agricoltura ex articolo 1, comma 2 del decreto legislativo n. 228/2001 laddove l’eventuale fornitura di manodopera ai soci è effettuata non con lo scopo unico ed esclusivo del distacco, ma in una dimensione di omnicomprensività di beni e servizi diretti alla cura e allo sviluppo del ciclo biologico. Resta inteso che tale ipotesi non riguarda il conferimento dei prodotti da parte dei soci alle cooperative di cui alla legge n.240/1984, in quanto tale fattispecie non risulta riconducibile al concetto di “servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico”.
Tale ultima locuzione sembra tagliare fuori dal novero dei rapporti di lavoro agricolo regolari proprio gli operai assunti dall’impresa cooperativa con il compito di selezionare e raccogliere nei terreni dei soci il prodotto di questi ultimi.
La formula dubitativa è d’obbligo sia perché il testo della circolare sul punto non è affatto chiaro, sia perché sembra che anche gli ispettori del lavoro della cosiddetta task force agricoltura inviati nei campi a scovare le sacche di lavoro irregolare negli anni 2010 e seguenti, in presenza di operai assunti dall’impresa cooperativa per prestare attività lavorativa di selezione e raccolta del prodotto dei soci nei loro terreni agricoli non se la sono sentita di far partire le denunce penali per somministrazione irregolare di manodopera.
Ho vissuto personalmente questa esperienza nel corso di una verifica in cooperativa e penso che molto abbia influito sulla decisione dell’Ispettorato del Lavoro di archiviare la pratica la mia fermezza nell’affermare che avremmo dovuto discutere della questione in sede giudiziaria perché trovavo assurdo che l’Unione Europea elargiva consistenti finanziamenti economici alle Organizzazioni di Produttori aventi le nostre caratteristiche e i nostri requisiti e che, successivamente, lo stato italiano, per il tramite dell’Ispettorato del Lavoro, irrogava pesantissime sanzioni economiche e finanche condanne penali al legale rappresentante di una struttura cooperativa che aveva come unica colpa quella di essersi adeguata al modello europeo non ancora ben conosciuto in Italia.
Ci sarebbe a questo punto da aprire un’ulteriore campo di indagine per verificare se le vecchie norme sull’interposizione fittizia di manodopera e le più recenti regole sulla somministrazione irregolare di manodopera siano state effettivamente scritte per vietare l’assunzione di manodopera da parte delle imprese cooperative agricole, nella fase del conferimento, per effettuare la raccolta del prodotto dei soci nei loro terreni o per impedire diverse e ben più gravi forme di sfruttamento del lavoro in cui il lavoratore resti privo di tutele o abbia tutele ridotte a causa dell’interposizione fittizia di un soggetto terzo tra lavoratore ed effettivo datore di lavoro, ma anche questo tema non può essere trattato oggi a causa del ridotto tempo a disposizione. Personalmente mi limito solo a considerare che, a mio parere, con le regole da anni vigenti nel nostro ordinamento e con i principi giurisprudenziali via via consolidati nel tempo, un lavoratore assunto da una cooperativa agricola per prestare attività lavorativa nei terreni dei soci nella fase di conferimento del prodotto non ha nulla da temere rispetto alla tutela dei propri diritti avendo sicuramente il diritto di agire sia nei confronti della stessa cooperativa che dell’impresa socia e comunque nei confronti degli effettivi utilizzatori e beneficiari del proprio lavoro.
Sta di fatto, però, che nonostante la situazione innanzi illustrata, fin quando non sono state introdotte le nuove norme sulle assunzioni congiunte in agricoltura, i presidenti di cooperative agricole hanno seriamente rischiato la denuncia penale per interposizione fittizia di manodopera o per somministrazione irregolare di manodopera.
Tutta questa situazione di profonda incertezza e confusione è magicamente cessata nel momento in cui in Italia sono entrate in vigore le norme sulle assunzioni congiunte in agricoltura.
L’art. 31 del D. Lgs. 276/2003, dopo le modifiche introdotte dal D.L. 76/2013 convertito in Legge 99/2013, prevede che le imprese agricole, ivi comprese quelle costituite in forma cooperativa, appartenenti allo stesso gruppo ai sensi dell’art. 2359 c.c., ovvero riconducibili allo stesso proprietario o a soggetti legati tra loro da vincolo di parentela o di affinità entro il terzo grado, possono procedere congiuntamente all’assunzione di lavoratori dipendenti per lo svolgimento di prestazioni lavorative presso le relative aziende.
L’assunzione congiunta può essere effettuata anche da imprese legate da un contratto di rete quando almeno il 50% di esse sono imprese agricole.
Con D.M. 27.3.2014 il Ministero del Lavoro ha definito le modalità operative per le assunzioni congiunte. Di particolare interesse risulta l’art. 2 intitolato “Soggetti obbligati e modalità di comunicazione” il quale testualmente prevede:
“1. Le comunicazioni di assunzione, trasformazione, proroga e cessazione concernenti i lavoratori assunti congiuntamente sono effettuate al Centro per l’impiego ove è ubicata la sede di lavoro per il tramite del modello Unilav già disciplinato con decreto del Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale 30 ottobre 2007 concernente le Comunicazioni obbligatorie.
2. Le comunicazioni di cui al precedente comma 1 concernenti i lavoratori assunti congiuntamente da gruppi di impresa sono effettuate dall’impresa capogruppo.
3. Le imprese riconducibili allo stesso proprietario effettuano le comunicazioni di cui al precedente comma 1 per il tramite dello stesso proprietario.
4. Le imprese riconducibili a soggetti legati tra loro da un vincolo di parentela o di affinità entro il terzo grado e le imprese legate tra loro da un contratto di rete effettuano le comunicazioni di cui al precedente comma 1 per il tramite di un soggetto individuato da uno specifico accordo o dal contratto di rete stesso quale incaricato tenuto alle comunicazioni di legge. In tal caso, l’accordo è depositato presso le associazioni di categoria, con modalità che ne garantiscano la data certa di sottoscrizione.
5. Con apposito decreto direttoriale, emanato ai sensi di quanto previsto dal decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 30 ottobre 2007 concernente la scheda anagrafico-professionale, sono apportate le necessarie modifiche alle classificazioni del modello UniLav”.
A decorrere dal 7 gennaio 2015, dopo la pubblicazione del Decreto del Direttore Generale del Ministero del Lavoro n. 85 del 28 novembre 2014 con il quale sono state apportate modifiche al modello Unilav con l’introduzione del nuovo modello “Unilav – congiunto”, è possibile inviare le comunicazioni di instaurazione, cessazione, variazione di assunzioni congiunte in agricoltura nel portale “Cliclavoro” del Ministero del Lavoro.
Sono obbligati a svolgere tutti gli adempimenti connessi alla gestione di questi rapporti di lavoro, tra i quali le scritturazioni sul L.U.L., l’elaborazione dei prospetti paga, l’invio dei modelli UNIEMENS, i soggetti individuati dal D.M. 27 marzo 2014 innanzi richiamato.
Oggi, pertanto, le cooperative agricole, le imprese agricole appartenenti allo stesso gruppo ex art. 2359 c.c., le imprese agricole riconducibili allo stesso proprietario o a soggetti legati da vincoli di parentela o affinità entro il terzo grado, o le imprese legate da un contratto di rete quando almeno il 50% sono imprese agricole, possono procedere alle assunzioni congiunte per lo svolgimento di prestazioni lavorative presso le relative aziende.
Si tratta di una rivoluzione epocale perché la medesima situazione lavorativa che fino ad un paio d’anni fa avrebbe potuto essere considerata irregolare, oggi è del tutto legittima e consente alle reti d’impresa con almeno il 50% di imprese agricole e alle aggregazioni a queste equiparate di gestire congiuntamente le assunzioni di personale e di impiegare i lavoratori dipendenti nello stesso tempo presso le diverse aziende agricole.
Grandissimi sono i vantaggi per le aziende sia in termini economici, per effetto della più efficiente gestione del personale, sia in termini di tranquillità per la certezza delle norme e la facilità di utilizzo del nuovo strumento giuridico.
Molteplici sono anche i vantaggi per i lavoratori in quanto hanno la possibilità di essere tutelati non solo dall’impresa capofila che effettua le assunzioni, ma anche dall’impresa associata che è in tutto e per tutto solidalmente responsabile con la prima per tutto quanto concerne i rapporti di lavoro.
In conseguenza dell’assunzione congiunta, infatti, il lavoratore instaura un rapporto di lavoro con una pluralità di datori, intesi come tali sia sotto il profilo formale che sotto quello sostanziale. Tutti questi datori di lavoro a norma dell’art. 31, comma 3 quinquies del D. Lgs. 276/2003 rispondono in solido delle obbligazioni contrattuali, previdenziali e di legge che scaturiscono dal rapporto di lavoro instaurato.
Nella mia esperienza professionale ho avuto diverse occasioni di valutare l’opportunità di suggerire ai miei clienti la costituzione di una rete di imprese. Confesso che nella maggior parte dei casi ho preferito pronunciarmi a favore di altre forme di aggregazione.
C’è oggi solo una fattispecie che mi trova convinto sostenitore delle reti d’imprese ed è quella di imprese agricole che intendono associarsi per la gestione congiunta dei rapporti di lavoro. E’, a mio parere, un modello che funziona e che ha poche regole di facile interpretazione e applicazione.
Facilità di interpretazione e applicazione sono merce molto rara di questi tempi che è bene mettere a frutto tutte le volte che se ne presenta l’opportunità.
Grazie per l’attenzione.
(*) Consulente delle Associazioni delle Cooperative, al Convegno sulle Reti di imprese tenutosi presso l’Avvocatura Generale dello Stato il 12 gennaio 2018.