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Ricordarsi che la persona viene prima del profitto

La scorsa settimana a Firenze si è consumata l’ennesima tragedia su un luogo di lavoro dove cinque lavoratori sono morti ed altri tre sono stati ricoverati in ospedale, per il crollo di una trave nel cantiere mentre veniva costruito un centro commerciale. Questo grave incidente riporta alla cronaca il dibattito sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e contestualmente la giusta indignazione, le prese di posizioni, le ore di sciopero, che rischiano di essere dei “riti” quotidiani. 

Ogni tragedia è il riflesso di un mancato rispetto delle regole che ci sono e vanno rispettate, le norme vanno applicate, la Legge 81/2008 su salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è un’ottima legge invidiata ed attenzionata da molti in Europa. 

Nel settore dell’edilizia, il subappalto spesso aumenta il rischio di un lavoro già denso di pericoli. Annunciare più ispettori e ispezioni è positivo ma non risolutivo. Occorre operare sul subappalto quando non corrisponde ad un’impresa specialistica, dotata di apparecchiature e lavoratori specializzati. Perché queste imprese si aggiudicano l’appalto, ma non lavorano in un cantiere, limitandosi a dividere le lavorazioni ricorrendo al subappalto, dove spesso vengono applicati altri contratti, come quello dei metalmeccanici evitando così gli obblighi di formazione e prevenzione previsti dagli accordi nazionali del settore edile, sfruttando anche cittadini stranieri costretti a lavorare in nero. 

In questi anni e durante l’agevolazione fiscale del Superbonus 110% sono state create imprese che posseggono le credenziali formali, ma non dispongono né di attrezzature né di lavoratori formati per tale attività lavorativa. Per questo i controlli delle autorità dovranno essere stringenti e gli appalti al massimo ribasso dovranno essere eliminati. 

Oltre a non abbassare la guardia attraverso le ispezioni degli organi competenti e proseguendo ad investire sulla prevenzione, attingendo anche ai finanziamenti messi a disposizione da Inail, occorre garantire un presidio in ogni realtà lavorativa, dalle micro alle grandi imprese, attraverso una rappresentanza sindacale competente, ma serve pure una assunzione di responsabilità collettiva da parte della società civile. 

Il governo innanzitutto deve definire al più presto una Strategia Nazionale in materia di Salute e sicurezza, un sistema di qualificazione delle imprese, (es. patente a punti) ed aggiornare la Legge 81/2008 assicurando in ogni realtà lavorativa un’adeguata sorveglianza sanitaria, ma anche prevedere per i grandi appalti privati le garanzie di qualità, la trasparenza, la regolarità contributiva e contrattuale previste per gli appalti pubblici. Inoltre, deve realizzare una campagna straordinaria sulla sicurezza, anche in ambito scolastico, per trasferire le adeguate conoscenze di base sulla prevenzione ai futuri lavoratori, partendo dai Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (PCTO) e nelle esperienze degli stage per tutelare gli allievi e le allieve coinvolte. Inoltre, dovrebbe sollecitare, attraverso gli organi di vigilanza e controllo, ispezioni coordinate nei cantieri pubblici delle grandi opere ed in tutti i luoghi di lavoro. La concretizzazione della formazione per tutti i datori di lavoro, un’adeguata organizzazione del lavoro che metta in relazione mansioni, età, competenze e salute, rappresenterebbero un passo determinante per un cambiamento radicale nel sistema di prevenzione. 

La ripresa economica con gli investimenti del PNRR, la crescita del PIL e gli incentivi fiscali devono essere linfa che alimenta il sistema lavoro, non a discapito di vite umane e di sofferenza per famiglie e persone. Siamo di fronte a un processo che vede intersecarsi e crescere, insieme al lavoro tradizionale, l’avvento delle nuove tecnologie, il lavoro agile (dove tempo e luogo sono per legge indifferenti), gli strumenti innovativi a tutela della salute (esoscheletri), e della sicurezza (dispositivi indossabili come smartwatch, occhiali intelligenti, orologi che monitorano l’attività fisica, cardiaca e del sonno). La persona va, per questo, messa “al centro” e protetta applicando un diverso modello di tutela molto più articolato e innovativo. Non si può garantire un posto di lavoro per poi metterlo a rischio sul fronte della mancata prevenzione e protezione.

Ecco allora che il compito delle politiche e delle normative sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro diviene importante perché deve essere in grado di prevenire pericoli ancora indefiniti senza, tuttavia, creare allarmismi nel sistema economico e in particolare tra gli stessi lavoratori. Davanti a questi cambiamenti è fondamentale il coordinamento e il rafforzamento dei controlli, accrescendo il fronte della vigilanza (ASL, INL, INAIL, Vigili del fuoco e Carabinieri), riducendo i vincoli burocratici per le assunzioni e formando le forze in campo, avendo un occhio di riguardo sul rendere effettiva la funzione di deterrenza delle sanzioni, stringendo le maglie dei provvedimenti disciplinari oggi poco applicate e la messa a regime dei flussi informativi (banche dati) e l’incrocio dei diversi sistemi (regionali, istituzionali e parti sociali).

Chi lavora deve pretendere la sicurezza e impegnarsi in prima linea affinché nei luoghi di lavoro questa sicurezza sia effettiva. Oltre alla formazione dei datori di lavoro, bisogna pretendere che nelle aziende ci siano investimenti nelle nuove tecnologie, che possono non soltanto ridurre la gravosità e la pesantezza del lavoro, ma anche garantire sempre di più il modo di lavorare. Naturalmente la tecnologia deve essere utilizzata senza disattivare i sistemi di sicurezza come purtroppo è successo. Anche in questo caso è importante la formazione, l’informazione e l’addestramento, perché una persona impara a come muoversi su una impalcatura, a come si produce e a come viene utilizzato un impianto, un macchinario, un trattore, una gru. 

Sono anche le modalità, i tempi e i ritmi di lavoro che rappresentano il reale punto debole, il tutto riconducibile ad una organizzazione del lavoro che spesso non è attenta alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori. Per svolgere più velocemente le lavorazioni purtroppo si sceglie di disattivare le protezioni di sicurezza, di non mettere l’imbragatura quando si opera sulle impalcature, oppure di non indossare i dispositivi di protezione individuale, saltando così alcune fasi delle procedure di lavorazione che garantirebbero la protezione necessaria. Alla fretta incosciente va contrapposta una coscienza che non può esimersi dall’aiutare la persona a lavorare con più responsabilità e con più attenzione, unendo la produzione alla sicurezza e alla salute.

Occorre inoltre un sindacato forte, autorevole e unito che faccia sentire la voce delle lavoratrici e dei lavoratori. Perché, quando un lavoratore è precario, oppure irregolare e pagato in nero è molto difficile che decida di denunciare chi lo paga per queste inaccettabili condizioni lavorative. È impensabile che un operaio sfruttato oppure un immigrato irregolare denuncino contesti pericolosi. Sono i rappresentanti dei lavoratori, come quotidianamente fanno, che possono, in una situazione di parità e non di subalternità, costringere gli imprenditori che cercano di eludere le regole, di tornare nell’alveo della regolarità e della legalità. 

*Consigliere Civ Inail, Vicepresidente Ebna e Fsba, Già Segretario nazionale CISL

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