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Poverta’, non possiamo permetterci di aspettare oltre

Le enormi diseguaglianze (tra paesi e tra classi sociali all’interno dei paesi) e un sistema di tassazione troppo poco progressivo nella redistribuzione della ricchezza sono un ostacolo alla riduzione della povertà e all’investimento in salute ed istruzione necessario per generare pari opportunità e condizioni di vita degne per una quota troppo ampia della popolazione mondiale.

Questo il messaggio fondamentale del nuovo rapporto Oxfam che punta su una chiave comunicativa leggermente diversa rispetto al passato. Invece di porre l’attenzione sul dato di stock (il famoso confronto tra la ricchezza degli uomini più facoltosi del pianeta pari a quella della metà meno fortunata) ragiona stavolta sui flussi.

Spiegando in modo efficace che il rubinetto degli averi dei poveri, del loro capitale umano e delle loro opportunità produce poche gocce di acqua, con 3,4 miliardi di persone che vivono con un reddito di meno di 5,5 dollari al giorno, mentre da quello dei miliardari del mondo esce ogni giorno una cascata del Niagara di 2,5 miliardi di dollari. Il dato a mio avviso più impressionante che spiega gli effetti di queste diseguaglianze di flussi di reddito sulla qualità della vita, anche tra persone che vivono quasi gomito a gomito è quello sull’aspettativa di vita a San Paolo in Brasile che arriva a 79 anni nei quartieri più ricchi mentre è solo di 54 anni nei sobborghi più poveri. La diseguaglianza consente ai ricchi di San Paolo di vivere un terzo di vita (25 anni) in più.

Dobbiamo per correttezza confrontare quest’istantanea del pianeta con quella più ottimista che ci ricorda che viviamo un’epoca di grandissime opportunità nella quale la quota di popolazione che viveva con meno di 2 dollari al giorno nel 1820 era del 94% mentre oggi solo il 9,6 percento vive con meno di 1,9 dollari al giorno.

Sono due foto dello stesso pianeta che ci dicono assieme che, sebbene i miglioramenti ci siano, non possiamo assolutamente ritenerci soddisfatti perché il potenziale enorme generato dal progresso scientifico e dalle opportunità di mercato non è ben sfruttato.

La soluzione intuitiva della maggiore progressività fiscale proposta da Oxfam nel Rapporto è oggi avversata dal diverso perimetro di azione in cui operano da una parte gli stati nazionali, che formulano provvedimenti validi all’interno dei loro confini, e dall’altra cittadini e imprese che si muovono su un campo da gioco globale e vanno alla ricerca del paese che offre loro le condizioni fiscali migliori. Ci vorrà ancora molto tempo per l’arrivo di regole e istituzioni mondiali in grado di frenare questa corsa verso il basso (anche se ovviamente bisogna lavorare con forza per questo obiettivo combattendo evasione, elusione e paradisi fiscali a livello globale). Nel frattempo diventa fondamentale trovare chiavi di azione valide anche nell’attuale contesto di istituzioni sovranazionali deboli.

La responsabilità fiscale d’impresa deve pertanto diventare importante quanto lo sono la responsabilità ambientale e sociale. E il voto col portafoglio degli stati nelle regole sugli appalti deve tenerne conto. E’ insensato e masochista per un’amministrazione locale o nazionale far vincere una gara al massimo ribasso ad un’impresa che è in grado di fare l’offerta migliore perché evade o elude il fisco sottraendo risorse per il welfare a quella stessa amministrazione (e spingendo le sue concorrenti a fare altrettanto). La responsabilità fiscale è oggi perfettamente misurabile e dunque negli appalti è possibile escludere o dare punteggi negativi laddove i punteggi sono più bassi. E non c’è bisogno di nessun coordinamento tra paesi per prendere questa decisione.

Invertire la corsa al ribasso dovrebbe essere più facile in contesti sovranazionali (come l’Unione Europea) nei quali gli stati membri dovrebbero capire meglio l’importanza del coordinamento perché il “rubamazzo” della concorrenza fiscale è alla fine un gioco nel quale tutti pensano di essere furbi ma in realtà nel medio termine tutti perdono e non guadagna nessuno.

Allo stesso modo paesi come l’India e la stessa Italia e, ancor più unioni come quella europea, hanno pensato e stanno pensando di istituire tasse sulle transazioni online per le imprese di dimensioni maggiori, per aggirare forme di elusione attraverso le quali le imprese producono di fatto gran parte del proprio reddito in alcuni paesi spostando poi gli utili in paradisi fiscali attraverso transazioni intra-gruppo.

Leggendo il rapporto Oxfam tornano alla mente le parole di papa Francesco quando nella Evangelii Gaudium critica il principio della “ricaduta favorevole” (trickle down), che è un po’ l’alibi contro la lotta alla diseguaglianza (i soldi dei ricchi comunque sgocciolano a valle), ricordando come “alcuni ancora difendono le teorie della “ricaduta favorevole”, che presuppongono che ogni crescita economica, favorita dal libero mercato, riesce a produrre di per sé una maggiore equità e inclusione sociale nel mondo. Questa opinione, che non è mai stata confermata dai fatti, esprime una fiducia grossolana e ingenua nella bontà di coloro che detengono il potere economico e nei meccanismi sacralizzati del sistema economico imperante. Nel frattempo, gli esclusi continuano ad aspettare.”

Gli ottimisti e i pessimisti hanno entrambi ragione. Se è vero che l’umanità non è mai stata meglio è anche vero che la lentezza con cui le incredibili opportunità dei nostri tempi “sgocciolano a valle” è scandalosa. Non possiamo permetterci di aspettare oltre. La sfida affascinante e generativa per le menti e i cuori dei prossimi anni sarà trovare le chiavi di comunicazione che attivino l’opinione pubblica e le politiche giuste per affrontare il problema. Per questo dobbiamo ringraziare Oxfam di essere uno dei maggiori pungoli ed attori impegnati in quest’opera.

 (*)Economista, professore ordinario di Economia politica presso l’Università di Roma Tor Vergata.

 

 

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