“Ancora oggi la burocrazia compromette l’efficienza della pubblica amministrazione e costituisce un freno alla crescita economica e sociale del Paese” ha detto il presidente del consiglio dei ministri Giuseppe Conte, cioè la persona a cui, in ultima istanza, fa capo la burocrazia, il 19 aprile scorso a «ll Giornale», Dichiarazioni di analogo tenore hanno fatto in passato altri titolari di quella carica, come Romano Prodi e Matteo Renzi.
Ma è poi cosi incombente e ostile, per adoperare le parole di Franz Kafka, questa burocrazia? E tanto incombente è il pericolo, che da essa proviene, di «ossificazione amministrativa»? E le cause di questa situazione di blocco burocratico sono prevalentemente interne (vanno cioè cercate nella scarsa preparazione ed esperienza dei burocrati, o nella loro inerzia, o in un loro disegno di sabotaggio delle politiche governative) o piuttosto esterne (derivano cioè dalle leggi che li governano, da inabilità o inesperienza dei governanti, o dalle difficoltà dei contesti, a cominciare dall’aggressività degli interessi di settore con cui le amministrazioni pubbliche debbono avere a che fare quotidianamente)?
Su tutti questi problemi si sono cimentati finora per lo più i giuristi, che da veri camaleonti hanno assunto spesso la veste e hanno adottati i metodi dei sociologi, degli scienziati politici, degli studiosi delle scienze amministrative. Pochi gli scienziati politici, i sociologi, gli altri studiosi delle scienze empiriche che si sono inoltrati in un campo tanto ostico, pieno di trabocchetti, poco conosciuto e tra- sparente, che parla un linguaggio diverso dal comune, come quello delle amministrazioni pubbliche.
Ci si inoltra ora, con il piglio da esploratore che gli è consueto, uno dei nostri più dotti e prolifici sociologi, Domenico De Masi, con un libro che analizza l’universo dei dipendenti pubblici tenendo sempre d’occhio le altre grandi organizzazioni, l’industria, i partiti (e la politica), il terzo settore. Come negli altri suoi studi (ricordo qui l’importante opera Il lavoro nel XXI secolo, Einaudi 2018, recensita in queste pagine da Mauro Campus), De Masi non teme le ibridazioni, anzi cerca volutamente le contaminazioni e commistioni, avvicinando teorici dell’organizzazione (come Taylor) e rivoluzionari (ad esempio Lenin), filosofi e ingegneri, teorici della democrazia e studiosi delle amministrazioni, storia delle idee, proposte politiche e costruzioni scientifiche, con non minore attenzione per Marx (per lui la burocrazia è un corpo parassitario che avvolge come un involucro il corpo della società e ne ostruisce tutti pori) o per Franz Kafka e Stefan Zweig e per Herbert Simone James March.
Un altro tratto caratteristico dello studioso De Masi è quello di non analizzare solo le grandi idee, ma di aggiungervi anche l’attenzione per i particolari. Ne è un bell’esempio la pagina di questo libro dedicata a una psicologa e ingegnera, Lilian Moller Gilbreth (1878- -1972), pioniera nel campo della psicologia industriale e organizzativa. Avendo dodici figli ed essendo emarginata, in quanto donna, dalla comunità degli ingegneri, spostò la sua attenzione scientifica sul lavoro domestico e mise a punto il layout delle cucine moderne, inventò la pattumiera a pedale, i ripiani delle porte interne dei frigoriferi e gli interruttori a parete.
Questo libro, erudito e brillante, si apre con un capitolo nel quale De Masi analizza dieci tensioni che attraversano il campo burocratico, autorità e servizio, social democrazia e neoliberismo, politica e amministrazione, accentramento e decentramento, riforme e resistenze al cambiamento, burocrazia e utenti, amministrazione e nuove tecnologie, lingua della burocrazia, interesse generale e interessi particolari.
Continua con una completa storia del pensiero organizzativo, sia quello rivolto allo studio del- l’industria, sia quello rivolto allo studio dell’amministrazione (e della politica): ne esce un “Pantheon” che va da Montesquieu alle teorie del New Public Service passando per Tocqueville, von Stein, Mosca, Fayol, Pareto, Marx, Burnham, Taylor, e molti altri.
Il volume, però, nella seconda parte, contiene anche i risultati di una ricerca, compiuta per conto della Camera di commercio di Roma con il metodo “Delphi”, sentendo 11 esperti, su come evolverà il mondo della burocrazia da qui al 2030. Gli esperti, tutti di altissimo livello, hanno risposto a una fitta rete di domande, da cui si trae l’impressione che l’opinione dominante sia piuttosto negativa sul processo di innovazione, nel senso che si continuerà a spendere piuttosto poco per migliorare la burocrazia, persisterà la cultura amministrativa di tipo giuridico-avvocatesca, continueranno le esternalizzazioni, continuerà a sentirsi l’esigenza prioritaria di riformare la dirigenza amministrativa.
*daSole 24 ore 26 aprile 2020