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Un patto strategico per l’Automotive

  • L’iniziativa FIM-CISL

Abbiamo organizzato questo importante evento con i massimi esponenti del settore automotive perché riteniamo indispensabile contribuire, anche con questa iniziativa, alle scelte che, come sindacato insieme alle imprese del settore, alle istituzioni e al governo,  siamo chiamati ad attuare in tempi molto stretti per uno dei settori industriali più importanti del Paese per le implicazioni che ha dal punto di vista occupazionale, sull’economia complessiva, sul tessuto economico e sociale di molte realtà territoriali. 

 

  • Il settore automotive (auto, veicoli commerciali, agricoli e movimento terra)

È un settore industriale che nel nostro Paese conta oltre 278mila addetti e 5.500 imprese, fattura 106 miliardi di euro l’anno e vale il 6,2% del PIL. Le implicazioni che questo settore ha in altri comparti (commerciale, trasporti…) si stima impattino su oltre 1 milione di addetti.

 

  • Il dramma sociale è già realtà

Si registrano numeri che fanno tremare i polsi per chi come noi si occupa quotidianamente di lavoro.

La situazione è veramente pesante e grave.  E la gravità sta anche nei fatti delle ultime ore, che stanno determinando una situazione drammatica per molti lavoratori. La carenza dei semiconduttori ha determinato un fermo totale delle produzioni finali di Stellantis in Italia. Dopo le ferie non c’è stata, di fatto, alcuna ripartenza: nel mese di settembre la quasi totalità degli stabilimenti di assemblaggio sta subendo uno stop tra l’80% e il 90% della produzione.

La situazione che si è determinata sulla carenza dei semiconduttori deve interrogarci e spingerci a ripensare le scelte fatte nel passato: delocalizzazioni e concentrazione di alcuni particolari della filiera produttiva in primis. 

È notizia di l’altro ieri che il gruppo Stellantis ha comunicato per lo stabilimento Sevel la riduzione dei turni da 18 a 15. Ciò comporta un impatto occupazionale di circa 950 unità con ripercussioni anche sull’occupazione dei somministrati. Come Fim-Cisl, non condividiamo la scelta del Gruppo di procedere ad una riduzione della capacità produttiva. Quei lavoratori per noi sono lavoratori di Stellantis e non possono subire il costo di una crisi temporanea delle forniture. La cassa integrazione ordinaria è lo strumento che abbiamo a disposizione per questi casi: la si utilizzi. Per quanto ci riguarda, ci siamo attivati verso le altre OO.SS. per organizzare nei prossimi giorni iniziative di protesta a difesa dell’occupazione e delle prospettive dello stabilimento. Purtroppo, questa situazione di fermo delle produzioni negli stabilimenti di Stellantis ricadrà su tutte le realtà della fornitura della componentistica, sia interne che esterne al gruppo.

 

  • La situazione di Stellantis

Ci aspettiamo una immediata convocazione del governo del tavolo di Stellantis presso il Mise. Parallelamente, pensiamo che il Presidente del Consiglio Mario Draghi debba intervenire direttamente sull’azienda, perché anche il Governo Italiano deve far pesare gli interessi del nostro Paese nel gruppo e, soprattutto, dare risposte concrete alle preoccupazioni che in questi giorni emergono con più forza negli stabilimenti italiani e che come Fim-Cisl abbiamo rappresentato e sollevato pubblicamente. 

È indispensabile riprendere il confronto sul versante complessivo del gruppo per la verifica puntuale degli investimenti già deliberati che devono andare a compimento, ma è necessario anche avere garanzie sui futuri investimenti che dovranno riguardare ogni realtà produttiva, ente di servizio e ricerca di Stellantis in Italia. Abbiamo ottenuto due risultati importanti e di prospettiva negli ultimi mesi: la piattaforma medium elettrica a Melfi con le quattro auto e la Gigafactory a Termoli, ma servono altri investimenti e piani industriali in grado di saturare di lavoro gli impianti. 

 

 

  • I nuovi vincoli del piano “Fit for 55”

Il settore automobilistico è nel mezzo di un cambiamento strutturale, che è in gran parte causato dalla dirompente trasformazione dell’automobile: da un prodotto hardware meccatronico alimentato da combustibili fossili si sta passando ad un prodotto di servizio elettrificato, basato sui dati, sulla connettività, sulla guida autonoma e sulla digitalizzazione. 

Il 14 luglio scorso la Commissione Europea ha adottato il pacchetto di proposte relative alla transizione energetica “Fit for 55”, finalizzato a una riduzione delle emissioni nette di gas a effetto serra pari ad almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 per le auto e almeno il 50% per i veicoli commerciali leggeri. L’obiettivo: raggiungere il traguardo di un’Europa a impatto climatico zero, con l’abbattimento del 100% delle emissioni entro il 2050. Tra le iniziative presenti nel piano vi è lo stop alla vendita di auto a benzina e diesel (ma anche a Gpl, metano, nonché auto ibride plug-in) a partire dal 2035, quando le nuove auto immatricolate dal 2035 saranno a zero emissioni. La situazione che potrebbe inoltre determinarsi è un’ulteriore accelerazione dettata dal comportamento dei consumatori.

 

  • ·      L’impatto occupazionale

Il passaggio alla motorizzazione elettrica determina di per sé una forte riduzione della componentistica che, a parità di autovetture prodotte, impatta negativamente sull’occupazione di circa il 30%. Un costo sociale enorme in un arco temporale brevissimo (14 anni).  In Italia c’è un numero elevato di aziende legate alle tecnologie più tradizionali, alla meccanica e al motore termico; quindi i rischi e le conseguenze saranno maggiori. Sono a rischio circa 50-60 mila addetti che operano nell’ambito delle tecnologie e dei componenti legati ai powertrain tradizionali. Anche gli altri Paesi in Europa stanno vivendo una situazione critica, basti pensare alla Germania, dove recentemente l’Igmetall ha dichiarato oltre 178 mila occupati in pericolo. Solo in Stellantis, in un recente studio Fim, abbiamo calcolato che nel powertrain tradizionale oggi operano 7.000 lavoratori diretti a cui bisogna aggiungere gli indiretti interni e tutto l’indotto. E in questi casi i numeri raddoppiano. 

La Fim-Cisl ha sempre dichiarato che la transizione ecologica, che noi sosteniamo, debba avere una sostenibilità sociale. Come organizzazioni sindacali in Europa stiamo intervenendo, facendo pressioni legittime per cercare di mitigare gli obiettivi troppo stringenti del piano “Fit for 55”. Dobbiamo però avere la consapevolezza che il dado è tratto e che è necessario intervenire con determinazione, e in tempi stretti, per governare la transizione ecologica, sostenendo con risorse importanti un forte processo di reindustrializzazione dell’intera filiera, individuando specifici strumenti per garantire la sostenibilità sociale.

 

  • Un cambiamento strutturale, opportunità da cogliere per evitare la deindustrializzazione

Dobbiamo essere consapevoli che questo cambiamento strutturale, che passa anche attraverso un nuovo concetto di mobilità individuale in cui l’auto è concepita più come un prodotto di servizio, si sviluppa lungo la digitalizzazione e il raggiungimento della neutralità climatica, portando a sfide economiche e sociali per la nostra società con conseguenze di vasta portata a breve e a lungo termine. Il cambiamento strutturale offre anche l’opportunità di un posizionamento per il futuro dell’industria automobilistica, opportunità che deve essere colta nel processo di transizione con risorse e investimenti dedicati dai soggetti economici e dalle istituzioni del nostro Paese. 

Le alternative sono il lento declino e un processo di deindustrializzazione che iniziano già a rappresentarsi all’orizzonte con le prime crisi e i primi segnali di riduzione occupazionale  nel settore che coinvolge già migliaia di lavoratori: si va dai ridimensionamenti “soft” con le uscite incentivate e volontarie (vedi Stellantis e altre grandi aziende) alle forme più drammatiche dei licenziamenti (Gkn, Giannetti e Timken) o alle crisi preannunciate per il futuro di Denso, Vitesco e Bosch. 

 

  • Elettrificazione e Digitalizzazione

L’elettrificazione non ha solo un impatto sulla riduzione di CO2 nel settore dei trasporti; ha anche un impatto globale sulle catene del valore così come sulla necessità di rafforzare le competenze dei lavoratori e la loro qualificazione nelle aziende. L’elettrificazione pone sfide particolari per le piccole e medie imprese fornitrici (PMI), spesso altamente specializzate e quindi particolarmente colpite dai cambiamenti a causa dell’alta pressione dei costi sul mercato. Spesso le PMI non hanno le risorse finanziarie necessarie per investire nella modernizzazione degli impianti e nella ricerca e sviluppo e nemmeno le conoscenze strategiche per sviluppare e implementare i nuovi modelli di business sostenibili.

Il cambiamento dei motori con l’obiettivo della neutralità climatica è il cuore della trasformazione dell’industria automobilistica

La trasformazione del powertrain ha un impatto sulle case automobilistiche e pone grandi sfide per l’industria dei fornitori e l’ingegneria meccanica e impiantistica. Diventa fondamentale rafforzare le catene di valore nel campo della produzione automobilistica del futuro. Si devono formare alleanze in grado di fornire soluzioni per il mercato della tecnologia di fabbricazione per la produzione di veicoli elettrici e dei suoi componenti. Questo obiettivo deve essere raggiunto attraverso priorità di finanziamento con un focus sull’aumento dell’efficienza e degli effetti sinergici nei settori degli assali elettrici, delle batterie e delle celle a combustibile.

Nelle grandi aziende automobilistiche assistiamo ad un “insourcing difensivo” (internalizzazione) delle attività e produzioni fino ad ieri svolte dai fornitori, che rischia di avere un forte impatto occupazionale sulla componentistica e sui servizi esterni. Lo definisco “insourcing difensivo” perché rappresenta il tentativo di compensare i cali di mercato e la scomparsa di alcune attività, riportando “in casa” il lavoro ceduto in passato. E con l’elettrificazione questo fenomeno potrà solo che aumentare.

 

La digitalizzazione deve essere vista come il motore dominante del cambiamento. Cambierà significativamente la modalità di progettare e produrre i veicoli. La creazione di valore tradizionale in fase decrescente basata sul vecchio sistema polarizzato sulla produzione e sull’assemblaggio è contrastata da nuovi elementi di creazione del valore guidati dai dati; Il collegamento in rete di veicoli, infrastrutture e utenti e la guida autonoma diventeranno elementi centrali nella progettazione dei mezzi e i servizi in rete diventeranno un’esigenza crescente degli utenti. Questo ha anche un grande impatto sul focus e sull’organizzazione della creazione di valore, sulla forza lavoro e sui suoi profili di qualificazione, così come sulla situazione competitiva generale dell’industria automobilistica. L’accelerazione dello sviluppo verso soluzioni di mobilità digitali e tecnicamente sofisticate dà spazio a nuovi attori come le aziende IT e di software che operano a livello internazionale e che sono già in forte competizione con i produttori e i fornitori tradizionali di automobili. Di conseguenza, le aziende dell’industria automobilistica devono affrontare la concorrenza di aziende digitali ricche di capitale e, allo stesso tempo, rompere le precedenti catene di valore e investire in nuove aree e campi di business che devono ancora essere sviluppati.

 

Non può mancare una politica di maggiore equità rivolta ai consumatori, in modo da consentire anche a chi ha meno possibilità di avere un sostegno con un bonus per la rottamazione e incentivi per l’acquisto dell’elettrico almeno fino a quando non si raggiungerà una parità di costo con le auto endotermiche

Ma c’è una questione centrale e fondamentale: l’industria automobilistica deve investire in ricerca e sviluppo per mantenere un alto livello di innovazione per affrontare le sfide future e cogliere le opportunità redditizie di creazione del valore.Le aziende dell’industria automobilistica, insieme alla comunità scientifica, sono quindi sfidate a progettare nuovi concetti per una mobilità dinamica e sostenibile. Il tema dell’istruzione e, soprattutto, della formazione professionale dei lavoratori sono aspetti qualificanti ed indispensabili per adeguare le competenze ai temi della digitalizzazione e dell’elettrificazione. 

 

  • Le reti regionali e territoriali e i poli di trasformazione. 

Gli interventi devono essere governati da iniziative che vedano le regioni e i territori partecipi e protagonisti nel processo di trasformazione, sviluppando strategie in base alle conoscenze del settore dell’auto nei diversi contesti chiamati a sostenere le realtà più colpite dalle situazioni di crisi generate dal cambiamento.

Per riappropriarci della nuova catena del valore del veicolo del futuro è necessario sviluppare poli di trasformazione e di supporto alle realtà del settore, sviluppando aspetti di contenuto sui singoli componenti: propulsori, carrozzeria, guida autonoma, motorizzazioni elettriche e a idrogeno, lo sviluppo dei software, ecc. Bisogna sviluppare questi Poli di trasformazioni con il coinvolgimento delle comunità scientifiche intrecciandole con il settore industriale, coinvolgendo anche i grandi produttori del settore.

 

  • Una strategia che coinvolga tutte le parti interessate 

Tutti i protagonisti del settore – produttori di veicoli, fornitori, start-up, scienza, dipendenti, sindacati, il settore finanziario, nonché la politica e istituzioni ai vari livelli da quello nazionale, regionale e comunale – devono essere coinvolti in una strategia condivisa. La FIM-CISL parla di PATTO STATEGICO, volta  a rafforzare la capacità innovativa e la competitività della nostra industria. L’obiettivo comune di tutti gli attori deve essere quello di assicurare e creare più valore aggiunto e occupazione di qualità nel paese.

 

  • IL PNRR è un’occasione unica e irripetibile che rischia di essere persa per il settore automotive

Dei 235,1 miliardi di euro previsti dal programma complessivo del Piano nazionale di ripresa e resilienza, qual è il riparto destinato al comparto dell’auto? È una domanda certamente complessa a cui bisogna rispondere. Siamo a conoscenza che i fondi stanziati per l’investimento sulla rete di colonnine per la ricarica di auto elettriche sul territorio nazionale, per esempio, ammontano a 750 milioni di euro. Dei 70 miliardi di euro dedicati alla rivoluzione verde e alla transizione ecologica (Missione 2); circa  25,3 miliardi saranno spesi alla voce “Transizione energetica e Mobilità sostenibile”, di cui 8,6 miliardi saranno impiegati nella produzione, la distribuzione e gli usi finali dell’idrogeno. Vi sono poi le stazioni di ricarica per il trasporto stradale (230 milioni di euro) e la sperimentazione sul trasporto ferroviario (300 milioni di euro). La trasversalità di alcuni fondi che potrebbe anche riguardare il settore dell’automotive, ci preoccupa perché temiamo che poi concretamente non corrisponda nella realtà ad un intervento specifico nel settoreNemmeno alla voce “Politiche per il Lavoro” si menzionano interventi specifici o attenzioni particolari ai lavoratori del settore più coinvolti dalla transizione ecologica. Al contrario, in altri Paesi i fondi destinati al settore sono chiari ed evidenti.

 

  • La proposta FIM: un Fondo per sostenere la transizione di imprese e lavoratori dell’automotive

Come Fim-Cisl crediamo sia necessario rendere esplicito e chiaro l’intervento dedicato al settore dell’automotive, attingendo ai capitoli del PNRR. Nello specifico, pensiamo ad un Fondo per il futuro di questo settore importante e strategico per l’economia del nostro Paese e fondamentale per le migliaia di lavoratori che quotidianamente collaborano e cooperano dentro i più diversi contesti lavorativi.

Sono due le linee di intervento che suggeriamo:

–       Una dedicata a sostenere la trasformazione dell’industria automobilistica e, quindi, tutti gli interventi di carattere industriale necessari ad accompagnare e sostenere il processo di trasformazione e di innovazione, dalla digitalizzazione al cambio delle motorizzazioni, dalle nuove tecnologie alla produzione di batterie, dalle catene di valore all’economia circolare, dai semiconduttori fino ad arrivare a finanziare la modernizzazione dell’organizzazione del lavoro delle piccole e medie imprese, in un’ottica di una più stretta cooperazione tra le imprese e gli enti territoriali.

 

–       L’altra orientata alla protezione e alla promozione delle persone e dei lavoratoriche dentro la trasformazione rischiano di pagare il prezzo più altro in termini di sacrifici, ma che nello stesso tempo rappresentano il fulcro del cambiamento e della trasformazione. Pensiamo a intensi piani di riqualificazione dei lavoratori, soprattutto quelli coinvolti direttamente negli impatti generati dal passaggio all’elettrico. E a interventi di rafforzamento delle competenze professionali, che garantiscano una continuità, considerando le necessità sempre più richieste dal processo di transizione ecologica, dell’elettrificazione, della digitalizzazione e dalla guida autonoma. Sarà, inoltre, necessario coinvolgere, sia nella gestione che nella partecipazione finanziaria, i produttori i fornitori e le istituzioni ai vari livelli.

Il Fondo nuove competenze e i contratti di espansione sono certamente strumenti importanti, ma non alla portata in termini di possibilità di estensione per dare copertura ad un fenomeno che riguarderà l’intero settore dell’automotive. È  urgente  costruire ammortizzatori sociali dedicati al settore dell’automotive e alla difficile transizione, con un forte intervento formativo e orientati alla riqualificazione e alla ricollocazione in nuovi ambiti lavorativi. 

 

  • La proposta FIM: Il comitato tecnico di esperti

Come Fim-Cisl pensiamo sia importante che nel prossimo tavolo sull’automotive si costruiscano le condizioni per definire nel concreto delle linee di intervento specifiche per il settore. Pensiamo sia utile costituire un fondo specifico di settore come già sperimentato in altri Paesi. Allo stesso modo, riteniamo necessario che il “gruppo di lavoro dei produttori”, istituito al tavolo automotive del Mise, in cui è presente anche il sindacato, sia supportato da un Comitato di esperti, composto dalle migliori competenze specifiche del settore, con il compito di identificare le esigenze di azione per l’industria automobilistica e i settori industriali correlati e di proporre una serie di linee di intervento, definendone le priorità di finanziamento

Personalmente, penso che analizzare le esperienze già praticate in altri Paesi possa rappresentare un buon inizio così come sarebbe fondamentale aprire una interlocuzione e lavorare in stretto scambio con i rappresentanti dei diversi gruppi interessati dal cambiamento strutturale nell’industria automobilistica, organizzando specifiche audizioni e gruppi di lavoro. 

 

  • La proposta FIM: azione diretta del MISE sulle imprese per evitare le crisi non ancora conclamate

Nomino alcuni casi solo a titolo esemplificativo: Bosch, Vitesco, Denso che significano per noi oltre 3.500 dipendenti, considerando anche l’indotto. Queste realtà hanno annunciato ripercussioni negative sui livelli occupazionali a seguito di produzioni che negli ultimi anni hanno subito il crollo delle motorizzazioni endotermiche (-50%). Fanno parte di grandi gruppi multinazionali che stanno prendendo decisioni sul destino di questi stabilimenti e stanno valutando presso quali stabilimenti in Europa investire con produzioni alternative. Naturalmente, stanno valutando le convenienze che ogni Paese offre. Su queste società e su altre, che non hanno ancora preso una decisione, serve una interlocuzione proficua con il Ministero delle Attività Produttive per creare le condizioni e le convenienze per portare i gli investimenti sulle nuove produzioni da noi.  Il silenzio delle istituzioni le porta dritte all’unità di crisi e ai licenziamenti. Monitorare il settore e dialogare con i suoi protagonisti è un ruolo fondamentale che il  MISE dovrebbe avere nelle sue corde.

 

  • Conclusioni

Non ho delle vere e proprie conclusioni, anzi personalmente spero che tutto questo sia un utile, buono e proficuo inizio. Me lo auguro per il Paese e per i lavoratori che rappresentiamo e per le loro famiglie. Sono certo che questo confronto organizzato dalla Fim-Cisl con i massimi protagonisti nel settore possa fornire una chiave di svolta per una politica industriale che finora è maledettamente mancata nel nostro Paese. 

Penso che potremo fare grandi cose se sapremo dare continuità e, soprattutto, concretezza ai lavori di questa mattinata. 

 

*Segretario nazionale FIM-CISL, relazione al Convegno nazionale, Torino 17/09/2021

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