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Lo sciopero generale contro chi e per cosa

Strano sciopero generale questo di CGIL e UIL, strano per due motivi. 

Il primo perché non è chiaro contro chi era rivolto. Non è il primo sciopero generale contro una manovra finanziaria; il bersaglio è sempre stato il governo e in particolare il Presidente del Consiglio. Questa volta Landini e Bombardieri hanno tenuto a distinguere tra il Presidente del Consiglio Draghi e gli altri ministri, con lo sciopero diretto più che verso il primo, verso i partiti che sostengono il governo.

Strana tesi che nasce dall’episodio del contributo di solidarietà proposto da Draghi e bocciato in CDM, ma che rappresentava una misura di importo inferiore ai 300 milioni di euro, su di un provvedimento fiscale del valore di 8.000 milioni di euro all’interno di una manovra di bilancio pari complessivamente nel 2022 a 23 miliardi di euro in deficit.

Bastava questo, non dico a giustificare lo sciopero generale, ma a porre quella distinzione tra Draghi e il resto del governo, quando chiaramente tutta l’impostazione della legge di bilancio, dai suoi saldi finanziari, fissati fin dalla NADEf, alla ripartizione delle risorse tra le varie voci di spesa sono da attribuire al Presidente del Consiglio?

Il secondo motivo di stranezza sta nell’obiettivo dello sciopero mutato nel corso del tempo, dal momento della proclamazione al suo svolgimento.

Si può certo protestare contro la mancata introduzione del contributo di solidarietà, così come si può protestare contro il fatto che non tutti gli otto miliardi di euro destinati alla riduzione del carico fiscale siano stati destinati all’Irpef.  Così come si può non condividere la distribuzione dei vantaggi fiscali tra i diversi redditi derivanti dalla proposta del governo ritenendo che non siano rivolti principalmente verso i redditi bassi perché derivanti da interventi fatti con modifiche delle aliquote e degli scaglioni e non delle sole detrazioni o dei contributi.

E quindi ritenere necessario uno sciopero generale per ottenere una modifica delle norme annunciate.

Solo che questo obiettivo iniziale, come detto, col passare dei giorni è progressivamente mutato e le parole d’ordine delle manifestazioni nella giornata dello sciopero generale e nei discorsi di Landini e Bombardieri sono diventate altre.

In realtà era difficile sostenere le parole d’ordine iniziali. Con un governo di solidarietà nazionale, non quindi con un governo “politico”, ottenere che 7 mld su 8 di sgravi fiscali fossero riservati ai lavoratori dipendenti e ai pensionati non è certo un risultato da buttare via, se si considera che l’Irpef è un’imposta che pesa di fatta solo su queste categorie di contribuenti.

Un intervento limitato a detrazioni sui dipendenti, come indicato da Banca d’Italia, o a contributi, come indicato da Confindustria, avrebbe escluso i pensionati dai vantaggi fiscali. Il mancato intervento su aliquote e scaglioni avrebbe poi impedito di porre rimedio alla giungla di aliquote marginali creata dall’operare congiunto di detrazioni per lavoro dipendente decrescenti e bonus Renzi e suo aumento (D.L. 3/2020) parimenti decrescente che avevano portato a un sistema fiscale ad aliquote marginali con punte superiori al 60% e comunque sempre nettamente superiori a quella dello scaglione in cui ricadeva il reddito del lavoratore.

Un intervento fatto principalmente sui contributi avrebbe poi posto un problema non indifferente rispetto al sistema pensionistico e al bilancio Inps, problema reso con evidenza nell’emendamento con cui il governo introduce la diminuzione di 0,8 punti percentuali dei contributi pensionistici a carico dei lavoratori per l’anno 2022. Si afferma che “tenuto conto dell’eccezionalità della misura” resta ferma l’aliquota di computo. Un intervento ampio e permanente sui contributi avrebbe posto e porrebbe problemi al sistema pensionistico italiano, a partire dal sistema di calcolo fino ai bilanci Inps. 

Certamente preso a sé stante e considerando i valori assoluti, l’intervento sulla struttura dell’Irpef ha recato vantaggi soprattutto ai redditi medi. Il discorso cambia se si passa ai vantaggi in percentuale e se si considerano le manovre fiscali precedenti, sia quella operata con il D.L. 3/2020 che ha aumentato il Bonus Renzi da 960 a 1.200 euro e allargato la platea di beneficiari, sia quella operata nel 2014, con una spesa allora di 10 mld di euro, con il Bonus Renzi a favore dei redditi da lavoro dipendente tra gli 8.000 e i 24.000 euro.

Se consideriamo l’insieme delle tre manovre sull’Irpef vediamo che i vantaggi di gran lunga maggiori sono stati goduti dai redditi fino ai 20.000 euro (vedi tabella).

E’ ovvio che sotto gli ottomila euro la manovra fiscale non può portare vantaggi dato che sotto quell’importo non c’è imposta. E tuttavia anche per questi “non” contribuenti, così come per una parte non piccola di contribuenti con reddito più basso, vi è un altro vantaggio che deriva da una misura in via di approvazione definitiva dal governo con il varo del decreto delegato sull’assegno unico.

Vi sono problemi per una parte dei lavoratori dipendenti solo in parte risolti con le clausole di salvaguardia, ma non vi è dubbio che con questo strumento le famiglie a più basso reddito con figli riceveranno un notevole apporto da parte dello stato.

Difficile non riconoscere questi sforzi fatti dal governo e dal Presidente del Consiglio per venire incontro alle richieste sindacali in un ambito difficile quale quello della pandemia, ma anche quale quello di un governo di solidarietà nazionale con interessi contrapposti tra i partiti.

Di qui le critiche diffuse allo sciopero proclamato da CGIL e UIL.  A sinistra vi è stato chi ha visto in questa critica molto estesa una lesione del diritto di sciopero. Nessuno vuole mettere in discussione il diritto di sciopero, CGIL-UIL hanno potuto farlo tranquillamente, come tranquillamente hanno potuto fare le loro manifestazioni. Ma come vi è il diritto di sciopero vi è anche quello di critica e, quindi, non si capisce perché una critica anche estesa allo sciopero CGIL-UIL possa costituire un vulnus.

 Soprattutto chi ha esperienza sindacale è abituato a uno sciopero legato a un preciso obiettivo. A volte generale, una legge di bilancio a esempio, a volte specifico come l’art. 18 o il Jobs act. Hanno certo una valenza anche politica, ma hanno un obiettivo sindacale.

Questa volta alla fine è stato rivendicato il carattere “politico” dello sciopero, la contrapposizione tra le piazze piene e i seggi elettorali vuoti, la mancanza di “politica” da parte dei partiti, in particolare (Landini) di quelli di sinistra.

Più che uno sciopero generale alla fine, una manifestazione politica, con l’accusa ai partiti di essere distanti dalla società reale, di non rappresentare gli esclusi.

Qui si potrebbe aprire un lungo discorso su chi rappresenta chi in una società frammentata come la nostra, in un mercato del lavoro attraversato dalla precarietà come il nostro. Sul serio Landini e Bombardieri possono ritenere di rappresentare loro gli esclusi?

In ogni caso non è certo da oggi che il mercato del lavoro italiano è affetto da precarietà, che la società italiana presenta elementi forti di disgregazione. Questi fattori forse non erano presenti anche ai tempi delle leggi di bilancio del Conte 2, leggi certamente non espansive come quella odierna come ha riconosciuto Bombardieri. Ma allora se la presenza di questi fattori sono alla base dello sciopero di questi giorni e se quelle leggi non erano espansive, come mai allora di uno sciopero generale non si è nemmeno discusso?

Insomma man mano che ci si è resi conto che le motivazioni dello sciopero erano fragili e che le possibilità di ottenere modifiche alle norme erano nulle, si è trasformato uno sciopero sindacale in una manifestazione politica ma il tutto a prezzo dell’unità sindacale. Ne valeva la pena? 

 

 

 

Lavoratori dipendenti

Nuova Irpef e sgravio contributivo di 0,8 punti sulle retribuzioni fino a 35.000 euro.

Confronto tra redditi netti 2022, netti 2021, netti 2013. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Redd. Lordo

IMP. Netta 2013

Redd. Netto 2013

IMP. Netta 2020

Bonus 2020

Redd. Netto con Bonus 2020

IMP. Netta 2022

Bonus    2002

Redd. Netto 2022

Diff. reddito netto 2022/

2021

Differenza % 

reddito netto 

2022/

2021

Diff.

reddito netto 2022/

2013

Diff. % reddito netto 2022/

2013

8.000

0

7.265

0

0

7.265

0

0

7.329

64

0,9

64

0,9

10.000

326

8.755

257

1.200

10.024

227

1.200

10.134

110

1,1

1.379

15,8

15.000

1.696

11.925

1.506

1.200

13.315

1.281

1.200

13.661

346

2,6

1.736

14,6

20.000

3.072

15.090

2.882

1.200

16.480

1.485

0

16.837

357

2,2

1.747

11,6

25.000

4.449

18.253

4.313

1.200

19.590

3.049

0

19.853

264

1,3

1.600

8,8

30.000

5.787

21.456

5.743

1.200

22.700

4.548

0

22.935

235

1,0

1.479

6,9

35.000

7.621

24.162

6.486

0

25.297

6.500

0

25.563

266

1,1

1.401

5,8

40.000

9.498

26.826

8.741

0

27.583

8.426

0

27.898

315

1,1

1.072

4,0

45.000

11.376

29.489

11.336

0

29.528

10.409

0

30.455

927

3,1

966

3,3

50.000

13.253

32.152

13.226

0

32.179

12.393

0

33.012

834

2,6

860

2,7

55.000

15.130

34.815

15.116

0

34.829

14.376

0

35.569

740

2,1

754

2,2

60.000

17.007

37.479

17.006

0

37.480

16.329

0

38.157

677

1,8

679

1,8

65.000

18.871

40.156

18.871

0

40.156

18.281

0

40.745

589

1,5

589

1,5

70.000

20.732

42.835

20.732

0

42.835

20.234

0

43.333

499

1,2

499

1,2

75.000

22.594

45.513

22.594

0

45.513

22.186

0

45.921

408

0,9

408

0,9

80.000

24.456

48.192

24.456

0

48.192

24.139

0

48.509

317

0,7

317

0,7

90.000

28.313

53.416

28.313

0

53.416

28.043

0

53.686

270

0,5

270

0,5

100.000

32.218

58.592

32.218

0

58.592

31.948

0

58.862

270

0,5

270

0,5

150.000

51.742

84.473

51.742

0

84.473

51.472

0

84.743

270

0,3

270

0,3

 

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