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I primi chiarimenti ministeriali sulle collaborazioni

Le prime indicazioni operative, dirette al personale ispettivo, in materia di collaborazioni sono contenute nella circolare ministeriale n. 3 dell’1/02/2016 del Ministero del lavoro-Direzione generale per l’attività ispettiva.

L’introduzione nell’ordinamento, attraverso il D.lgs n. 81/2015, attuativo del Jobs act, del discusso rapporto delle collaborazioni organizzate dal committente ha richiamato l’attenzione degli studiosi e degli operatori sulla natura giuridica di tali prestazioni, con riferimento alla loro ascrivibilità o meno ad una nuova tipologia contrattuale o piuttosto semplicemente a peculiari modalità di svolgimento di collaborazioni già conosciute dall’ordinamento. Pragmaticamente, c’è chi ha intravisto nella fattispecie all’esame soprattutto i contratti con gli operatori dei call center e altri similari. E’ sufficiente, al riguardo, richiamare, infatti, la tormentata storia di tali contratti, la cui qualificazione giuridica è sempre stata ispirata all’esigenza del mantenimento dei livelli occupazionali: basti esaminare l’art. 21 bis del D.L. n. 83/2012, convertito nella legge n. 134/2012, riferita appunto ai call center in regime di out bound, con meccanismo derogatorio puntualmente mutuato nelle attuali collaborazioni organizzate dal committente, che possono legittimamente sopravvivere, se previste dai contratti collettivi, che disciplinano particolari settori. Con riferimento a tale aspetto negoziale, significativi dettagli sono contenuti, specie per quanto attiene ai criteri della rappresentatività sindacale, nelle risposte ad interpello n. 27/2015, n. 5 e 6/2016.

L’incertezza dei contorni delle collaborazioni di cui trattasi, variamente tradotti a livello operativo, induce il Ministero a prevedere la programmazione di una specifica campagna ispettiva prevalentemente proprio presso i call center. Naturalmente è. questo, uno degli aspetti che interessa più da vicino gli operatori del settore, in funzione dell’attendibile riproposizione di una possibile incertezza organizzativa e gestionale. Sarebbe stato forse più opportuno dettare più precise indicazioni mirate – come è auspicabile che ancora avvenga – al criterio della prevenzione, tenuto conto del richiamato impatto occupazionale.

Ma quali sono, in particolare, i contenuti della recente circolare n. 3 del 2016?

 

 Superamento dei contratti di lavoro a progetto

Le indicazioni ministeriali si limitano a richiamare la cancellazione del lavoro a progetto, mediante l’art. 52 del D.lgs n. 81/2015, salvo la sopravvivenza fino alla loro naturale scadenza di quelli stipulati prima del 25 giugno 2015; sarebbe stato più rassicurante precisare almeno la possibilità del ricorso alla proroga negoziale, in caso di mancato completamento del progetto entro il termine prestabilito.

Per espresso richiamo, conserva la sua vigenza l’art. 409 c.p.c., riferito alle prestazioni coordinate e continuative, per la cui legittima attuazione, in assenza di indicazioni, attendibilmente taluni aspetti contrattuali potrebbero essere mutuati dalle vicende maturate intorno al lavoro a progetto.

 

Collaborazioni organizzate dal committente 

Rispetto ai contenuti della circolare, richiederebbero qualche considerazione in più le due condizioni, espressione, quando ricorrono congiuntamente, dell’etero organizzazione, tale da comportare, con decorrenza dal gennaio 2016, l’applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato. Evidentemente viene dato per scontato che le predette condizioni, riconducibili all’orario e ai luoghi di lavoro, stabiliti dal committente, non siano funzionali al tipo di prestazione, come avviene allorchè necessariamente la prestazione stessa, oggetto della collaborazione, non può non essere resa che in determinati orari e luoghi.

Quanto alle citate conseguenze, consistenti nell’applicazione della disciplina propria del rapporto di lavoro subordinato, la circolare include in quest’ultima tutti gli istituti di tale rapporto (tra i quali anche l’inquadramento previdenziale), tanto che del rapporto precedente sembrerebbe restare soltanto la denominazione.

Non è, tuttavia, da escludere che, nel contesto degli obiettivi perseguiti e delle esigenze più generali dell’ordinamento, il legislatore sul punto intende estendere soltanto gli istituti di tutela assenti nelle collaborazioni.

Anche se è vero che, nell’ipotesi di cui alla circolare, l’estensione di tali tutele avviene a seguito dell’azione ispettiva, non sembrano sussistere i presupposti per l’applicazione anche delle sanzioni amministrative, riferite alla comunicazione di assunzione e alla dichiarazione di assunzione, non previste nell’ambito dell’art. 2 del citato decreto legislativo e che, una volta inflitte, finirebbero per essere espressione di una vera e propria trasformazione del rapporto, che confligge con l’impostazione scelta dal legislatore.

Attenzione particolare merita, poi, in funzione soprattutto dell’accennata campagna ispettiva, la sottolineatura ministeriale, secondo la quale la specifica previsione dell’art. 2 appena citato non trova applicazione, in caso di accertamento dell’esercizio della etero direzione da parte del committente, vertendosi in un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato.

 

Stabilizzazione delle collaborazioni

Opportuna la precisazione ministeriale, secondo la quale la procedura, che prevede l’estinzione degli illeciti amministrativi, contributivi e fiscali, trova applicazione anche con riferimento alle collaborazioni già esaurite.

Indicazioni particolari vengono dettate per l’ipotesi di interferenza della procedura di cui trattasi con l’azione ispettiva, atteso che la disciplina specifica prevede la preclusione della estinzione degli illeciti accertati a seguito di accessi ispettivi, effettuati in data antecedente all’ assunzione.

Le specifiche istruzioni al riguardo, di interesse immediato degli operatori, per l’attualità delle scelte, sono articolate a seconda che la procedura di stabilizzazione venga avviata successivamente all’accesso ispettivo ovvero che sia quest’ultimo a sovrapporsi alla stabilizzazione in corso. Nella prima ipotesi, il riconoscimento del beneficio sarà condizionato all’esito degli accertamenti, che presuppone evidentemente la loro definizione. Nel secondo caso, l’avvenuto rispetto delle condizioni previste per la stabilizzazione comporterà l’estinzione degli eventuali illeciti emersi alla conclusione degli accertamenti. Tiene, in particolare, il Ministero a far richiamare nel verbale ispettivo l’osservanza della condizione del mantenimento del rapporto per i previsti dodici mesi.

Infine, è da ritenere di assoluto rilievo la puntualizzazione, secondo la quale la procedura di stabilizzazione non preclude, come da qualche parte avanzato, il beneficio dell’esonero contributivo previsto dalla legge di stabilità del 2016.

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