Mentre ferve il dibattito sul nuovo modello di mercato del lavoro, contrassegnato con una certa centralizzazione dalle politiche attive, comincia a prendere corpo l’operatività dell’ANPAL, l’Agenzia preposta all’attuazione, avviata con il DPCM, che definisce il trasferimento delle funzioni, in via di pubblicazione dopo la registrazione da parte della Corte dei Conti.
Lo schema e i principi della Riforma
Come è noto, il D. lgs. n. 150 del 14/09/2015, entrato in vigore il 24/09/2015, ha creato, in attuazione della delega, il nuovo modello di mercato del lavoro. L’operatività è, tuttavia, legata ad una serie di altri provvedimenti, date la complessità e l’innovazione della Riforma, mentre non sono da sottovalutare l’entità e i tempi della messa a disposizione degli stanziamenti finanziari richiesti.
Al centro del nuovo assetto del mercato del lavoro è collocata l’ANPAL, Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, facente parte dell’apposita rete dei servizi, espressione-qualora effettivamente funzionante-di un disegno organico di intervento, che coinvolge anche le strutture private e significativamente gli enti preposti alla formazione. La rete comprende, infatti, oltre gli organismi regionali per le Politiche Attive del lavoro, l’INPS e l’INAIL, anche le Agenzie per il lavoro e i Fondi interprofessionali per la formazione continua.
L’ANPAL, istituita a decorrere dal 1° gennaio 2016, eredita le funzioni della Direzione generale delle politiche attive presso il Ministero del lavoro e P.S., che viene così soppressa.
Più in particolare, l’architettura della Riforma, nel tracciare i ruoli dei numerosi enti preposti, ritaglia una posizione formalmente centrale per il Ministero del lavoro, già a Costituzione vigente.
Non è, infatti, priva di effetti anche amministrativi l’assegnazione al Dicastero di Via Venetodelle scelte di indirizzo politicoin materia di politiche attive per il lavoro, fissando percorsi strategici, obiettivi e priorità e, in particolare, esercitando il potere di indirizzo e vigilanza sull’ANPAL, nonché di verifica sul rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni, mediante apposite convenzioni con le Regioni. Il ruolo è arricchito anche, in via strumentale, dal monitoraggio delle stesse politiche occupazionali.
Funzioni e compiti formalmente determinanti sono attribuiti all’Agenzia nazionale, ai fini del coordinamento e della determinazione di importanti modalità operative, quali quelle relative all’assegno di ricollocazione e alle metodologie di profilazione degli utenti. Non mancano taluni compiti di gestione vera e propria, strumentali al tipo di riforma perseguita, come il sistema informativo unitario, l’Albo nazionale delle Agenzie per il lavoro e quello degli accreditamenti, la vigilanza sui Fondi interprofessionali, i programmi di reimpiego e ricollocazione per crisi aziendali ed altri ancora. Di interesse è anche la possibilità in capo all’ANPAL di stipulate convenzioni per la valorizzazione delle sinergie, anche logistiche, tra gli altri soggetti preposti all’attuazione delle politiche attive, quali l’INPS, l’INAIL, l’ISFOL, Italia Lavoro.
Al centro del nuovo sistema, dal punto di vista operativo, sono collocate ancora le Regioni e le Provincia autonome di Trento e Bolzano, cui è demandata la costituzione dei Centri per l’impiego, preposti all’erogazione dei servizi, unitamente ai soggetti privati accreditati sulla base di costi standard determinati dall’ANPAL. Di tutto rilievo la natura dei predetti servizi e delle misure di politica attiva a favore dei disoccupati, dei lavoratori beneficiari di strumenti di sostegno al reddito in costanza di rapporto di lavoro e a rischio di disoccupazione: vanno dall’orientamento di base e specialistico con bilancio delle competenze e fabbisogni formativi, alla ricerca dell’occupazione anche con assegno individuale, alla gestione di incentivi all’attività economica, alla promozione di lavori socialmente utili.
Non è, quindi, venuto meno il ruolo del territorio, con la considerazione, tuttavia, che troverà attuazione nell’ambito di un più forte coordinamento da parte dello Stato, per assicurare un mercato più omogeneo, in linea, peraltro, con il disegno europeo. E’ stato notato (v. intervento prof. M. Del Conte al seminario Astril-Università del 17 maggio u,s.) come un modello siffatto – che, peraltro trova riscontri positivi in quello tedesco, con una forte Agenzia centrale, pur in presenza di uno Stato federale – richieda un efficace raccordo da parte dell’ANPAL, che dovrà coordinare il sistema, con valorizzazione dei singoli nodi nell’ambito di una visione unitaria, che potrà comportare riduzione di costi, economie di scala, mercato del lavoro più trasparente, mutuando gli accadimenti dei vari contesti.
Per gli aspetti formali sono previste, in particolare, singole convenzioni Stato-Regioni, mirate a garantire i livelli essenziali delle prestazioni con meccanismi coordinati, che toccano la gestione amministrativa.
L’altra presenza forte è costituita dai soggetti privati accreditati, la quale, secondo l’opinione corrente, è mirata a realizzare un modello cosiddetto cooperativo, che non esclude, tuttavia, i caratteri propri della competitività. Ai fini della funzionalità, se non della specializzazione, il modello misto pubblico privato dovrebbe trovare composizione in apposite convenzioni.
Sempre sullo stesso tema, stando alle specifiche previsioni normative, è da tener presente che alla già citata definizione dei costi standard dei serviziè da aggiungere la garanzia della facoltà di scelta da parte dell’utente, mentre rimangono nella competenza regionale la definizione del patto di servizio con il lavoratore e il ricorso all’assegno di ricollocazione.
Tra gli altri enti, parte della rete nazionale dei servizi per le politiche del lavoro, meritano citazione i Fondi interprofessionali per la formazione continua.
La loro storia viene da lontano (art.118 della legge n. 388 del 2000), contrassegnata da un quadro normativo e da un sistema operativo contraddittori, nonostante la loro indiscussa genesi negoziale, mirata a creare un modello privato accanto a quello pubblico già esistente.
Non hanno contribuito nel tempo a fare chiarezza, né da una parte il Ministero del lavoro, né dall’altra il Consiglio di Stato mediante due pareri e una stessa sentenza. Da ultimo, l’Anac, con nota del 15/01/2016 ha ritenuto i Fondi organismi di diritto pubblico, così come pubblica la natura delle risorse amministrate, posizione sostanzialmente fatta propria dal predetto Ministero con circ. n. 10 del 18/02/2016.
Per quanto interessa questa sede, per i fini informativi, potremmo sintetizzare che la novità di rilievo è costituita da ruolo rivisitato, che la Riforma del lavoro attribuisce ai Fondi, secondo la lettura del D.lgs. n. 150/2015: stante a tale scelta, l’impianto dell’Agenzia nazionale introduce un nuovo significativo cambiamento di indirizzo nell’attività dei Fondi, in quanto vengono trasformati in veri e propri agenti delle politiche attive operanti a sostegno degli occupati e disoccupati, fornendo servizi ed informazioni, mirati ad indirizzare e utilizzare gli strumenti di sostegno all’occupazione.
Salvo approfondimenti, il sistema, come è stato notato, potrebbe evolvere nel senso di superare la logica di rispondere alle esigenze formative aziendali, per trasformare i Fondi in interlocutori strategici in chiave progettuale e di anticipazione del mercato dl lavoro. Sarebbe una prospettiva di non poco conto, realizzabile grazie alle esperienze professionali maturate nel settore, che, per la sua valorizzazione, a monte dovrebbe trovare riscontro nelle previste linee ministeriali e negli atti dell’ANPAL.
Premesso il quadro delle competenze come sopra richiamato, qual’ è la novità della Riforma in tema di occupabilità?
La politica attiva viene perseguita attraverso vari strumenti, con un percorso che tende ad accompagnare il lavoratore verso l’occupazione; sarà, tuttavia, indispensabile non prescindere da una connessione tra la politica industriale con progetti organici di sviluppo e quella propria del lavoro, con misure anche di tipo sociale.
Nel rispetto dei limiti consentiti in questa sede lo schema previsto è così articolato.
Dovrà trovare attuazione il patto di servizio personalizzato, che il lavoratore disoccupato stipulerà con il Centro per l’impiego-referente un apposito responsabile- entro trenta giorni dalla compilazione in forma telematica dello stato di disoccupazione, che contiene l’immediata disponibilità al lavoro e alla partecipazione alle misure di politica attiva.
E’ significativo che, per i percettori di misure di sostegno al reddito, la relativa istanza di fruizione equivale alla dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro, con obbligo dell’interessato di stipulare il patto di servizio entro 15 giorni.
L’attuazione del patto, tra gli altri passaggi elencati nell’art. 20 del decreto n. 150/2015, contiene la determinazione del profilo personale di occupabilità, definito secondo le modalità tecniche, anche con algoritmi, predisposte dall’ANPAL, cui il lavoratore potrà accedere direttamente, qualora non convocato entro 60 giorni dal Centro per l’impiego, avvalendosi della procedura telematica di profilazione.
Altro contenuto importante del patto è costituito dall’impegno del lavoratore alla partecipazione a iniziative di attività formative e di ricerca attiva del lavoro, nonché, in particolare, ad accettare congrue offerte di lavoro, da definire mediante apposito decreto ministeriale.
Ai meccanismi di condizionalità sopra accennati a carico del lavoratore, che non si attiene al patto di servizio, sono connesse apposite sanzioni a cura dei Centri per l’impiego, che si traducono in decurtazioni delle mensità per i percettori delle prestazioni di sostegno al reddito.
Strumento forte di politica attiva è, infine, l’assegno di ricollazione, previsto per i percettori della Naspi, disoccupati da più di quattro mesi. Trattasi di somma, graduata in funzione degli esiti della profilazione e spendibile per un servizio di assistenza intensiva nella ricerca del lavoro, mediante l’affiancamento di un tutor. L’efficacia della nuova misura è legata naturalmente al riconoscimento dell’assegno prevalentemente a risultato occupazionale ottenuto. I dettagli del caso sono contenuti nell’art. 23 del decreto n. 150/2015.
Premessa l’informazione come sopra articolata, mentre non può non essere richiamato il percorso innovativo della Riforma, in linea, peraltro, con talune positive tendenze europee, la complessità dei vari passaggi e i tempi inevitabilmente lunghi, incidendo sugli atteggiamenti anche culturali, non potrà non comportare il rinvio di qualsiasi valutazione circa gli esiti dell’impegnativo nuovo modello delle politiche attive.