Dal punto di vista del Terzo settore italiano, è senza dubbio complesso leggere l’attuale stato dell’Europa sotto il profilo, quasi esclusivo, delle sue esigenze di crescita economica e del suo grado di competitività nello scenario internazionale.
Su questo si concentra il rapporto Draghi, che però individua anche in fattori sociali e democratici una leva importante per un futuro europeo più prospero, di pace e sostenibile. Allo Stato sociale viene affidato un ruolo nel ridurre le disuguaglianze e garantire, tra le altre cose, opportunità di formazione e apprendimento e salari adeguati, evitando così all’Europa di incappare negli squilibri e nelle contraddizioni che caratterizzano, ad esempio, gli Stati Uniti.
Inclusione e cura del tessuto sociale contraddistinguono l’azione del Terzo settore, che su questi principi pone l’accento principale, anche quando si parla di economia. Perché non solo sviluppo economico e sviluppo sociale, a nostro avviso, hanno bisogno di viaggiare lungo lo stesso binario, ma benessere sociale e giustizia sociale sono precondizione dello sviluppo economico. Anche gli indicatori economici, quindi, non possono prescindere dalla valutazione di come le politiche sociali riescano a contrastare la crescita di disuguaglianze e povertà, in drammatico aumento in questi anni.
Il Terzo settore guarda all’Europa come all’opportunità di realizzare un modello fortemente innovativo di sviluppo, che riesca a conciliare benessere sociale e benessere economico e che abbia come obiettivo il miglioramento delle condizioni di vita delle persone. È un modello fondato su inclusione, partecipazione e sostenibilità, che si realizza attraverso la collaborazione tra soggetti di varia natura: l’amministrazione condivisa tra Terzo settore e istituzioni pubbliche per realizzare politiche a favore delle comunità è un esempio italiano di collaborazione che merita di essere sviluppato, “esportato” anche in Europa.
La società civile e il Terzo settore devono dunque svolgere un ruolo cruciale anche in un quadro europeo, in quanto espressioni vive del bisogno di partecipazione democratica e protagonisti di un modello di economia sociale, che già si concretizza su molti territori ma che va diffuso, valorizzato e sostenuto.
Il rapporto Draghi tratteggia uno scenario decisamente poco roseo della fase storica che l’Europa sta attraversando. Eppure in questi anni complessi, qualche passo in avanti lo si sta compiendo: l’Unione europea ha iniziato a prestare più attenzione ai bisogni di un’economia più “umana”, redigendo un Piano Europeo per l’Economia Sociale e Solidale e indicando a tutti gli Stati membri di adoperarsi per fare altrettanto. La consapevolezza che una crescita slegata dallo sviluppo individuale e collettivo non sia né auspicabile né sostenibile si fa strada, anche se molto, forse troppo lentamente.
*Portavoce del Forum Terzo Settore