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Aumentare le uguaglianze, ottenere giustizia sociale

Al centro dei contratti c’è la persona, prima ancora del lavoratore. Tutte le scelte che rivendichiamo e che riusciamo ad inserire nei contratti dei nostri settori (edilizia, legno, cemento, lapidei, laterizi) su temi importanti come organizzazione del lavoro, bilateralità, welfare, partecipazione, responsabilità sociale d’impresa, mirano proprio alla dignità della persona, a rendere migliori i posti di lavoro, e quindi, conseguentemente, la società. Hanno come scopo aumentare le eguaglianze, ottenere sempre più giustizia sociale.

È quello che la Filca ha sempre cercato di fare, caratterizzata da quello stesso dna che da sempre contraddistingue e qualifica l’azione della Cisl. Ed è quello che è avvenuto anche recentemente con i rinnovi di tre importanti contratti, che interessano centinaia di migliaia di lavoratori: quello del cemento-calce-gesso, dei laterizi-manufatti in cemento, dei lapidei. 

I contratti hanno il merito di introdurre parecchie novità positive per i settori: si rafforzano il sistema dei diritti d’informazione, la gestione degli appalti, il welfare integrativo ed il potere di acquisto dei lavoratori. Attenzione particolare è stata data ai temi della legalità, alla sicurezza, alla formazione per gli Rlssa (i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, salute e ambiente), al diritto allo studio anche per partecipazione a corsi universitari, ai congedi non retribuiti per i casi di disturbi comportamentali patologici. 

In particolare sul fronte del welfare, uno dei nostri cavalli di battaglia, sono stati compiuti grossi passi in avanti: la sanità integrativa è stata estesa a tutti i dipendenti (e in molti casi ai loro familiari), con significativi aumenti delle quote versate a carico delle aziende. Sono stati inoltre sottoscritti avvisi comuni, ad esempio nel settore dei lapidei, sui temi delle cave e dei combustibili alternativi, che prevedono un impegno specifico per generare impatti positivi per la collettività, l’ambiente, i dipendenti e le stesse aziende. Importanti innovazioni anche in materia di mobbing e molestie sessuali, per la sicurezza nei luoghi di lavoro, per la formazione, con l’introduzione di nuovi obblighi formativi in aggiunta a quelli già esistenti. E poi, ancora, la certificazione del lavoro notturno, la limitazione dell’uso dei dati del controllo a distanza e un’attenzione sempre maggiore per lo sviluppo sostenibile. 

Uno dei risultati di maggior peso è sicuramente quello di aver ottenuto in tutti i testi l’estensione della contrattazione di secondo livello. Interessanti e adeguati anche gli aumenti medi ottenuti, che variano tra i 70 e i 103 euro. Non dimentichiamo che si tratta di settori letteralmente decimati dalla crisi degli ultimi anni e che solo ultimamente hanno arrestato la caduta o, in qualche caso, stanno conoscendo una timida, faticosa ripresa.  

Discorso a parte merita un altro rinnovo, quello recente del contratto legno arredo industria, sottoscritto il 13 dicembre scorso. In questo importante settore, che conta circa 250 mila addetti, per la parte salariale è stata scelta una “terza via”, come è stata felicemente ribattezzata dalla stampa specializzata. L’intesa, nel dettaglio, prevede aumenti salariali nel triennio di circa 75 euro al livello più basso (99 al livello medio). Il testo introduce due criteri per il nuovo metodo di calcolo salariale: una prima tranche di aumento fisso mensile, senza alcuna verifica, pari a 35 euro al livello più basso (46,90 al parametro medio), mentre con il secondo aumento verranno erogate due tranche, a gennaio 2018 e a gennaio 2019, per il recupero del potere d’acquisto. A questo proposito si utilizzerà l’indice inflattivo Ipca generale, che però in questo contratto terrà conto anche dei costi energetici. Una integrazione non di poco conto, come non sfuggirà agli addetti ai lavori. 

Il giudizio su questo contratto è stato unanimemente positivo, e questo grazie alla formula adottata, che consente, con soluzioni contrattuali assolutamente innovative, di ottenere aumenti certi per il primo anno e legati all’inflazione per gli anni successivi. La stessa Annamaria Furlan, segretaria generale della Cisl, ha definito il testo “la strada da percorrere per la stesura del nuovo modello contrattuale che stiamo realizzando con tutte le associazioni imprenditoriali, governando i processi di digitalizzazione con la partecipazione ed il contributo determinante e qualificante dei lavoratori”. La novità positiva è che il contratto lascia aperta la possibilità della contrattazione a livello nazionale, altrimenti limitata a mere operazioni ‘matematiche’ come avviene quando c’è il semplice calcolo effettuato sulla base dell’inflazione Istat. Questa “terza via”, invece, ha il merito di indicare un’altra strada percorribile, sicuramente più moderna e più idonea a tutelare i lavoratori, preservando al contempo l’efficacia e l’autonomia dell’azione sindacale. 

Anche perché da Tarantelli in avanti, quindi più o meno dagli anni ‘80,  si è sempre lavorato sulla predeterminazione dell’inflazione. E se il contratto dei metalmeccanici prevede il sistema della contingenza pagato a posteriori, quello del legno dimostra che è possibile ragionare su entrambi i criteri, per una migliore tutela dei lavoratori e nell’ottica di una contrattazione più moderna, recuperando il meglio dell’ esperienza politica della Cisl e al contempo rispondendo alla necessità di adeguare il salario dei lavoratori. 

Anche per il settore del legno, come già avvenuto per gli altri, sono previsti importanti passi in avanti sul tema del benessere organizzativo, per il welfare integrativo, per l’elemento di garanzia retributiva, sul fronte dell’orario di lavoro, dell’apprendistato, della sicurezza sul lavoro e della formazione. Si è trattato di un rinnovo tutt’altro che facile, caratterizzato da uno sciopero generale di 8 ore, svoltosi il 28 ottobre scorso e che ha avuto punte di adesione del 100%, e “sotto la minaccia” di un altro sciopero, già proclamato per il 16 dicembre e poi annullato dopo la firma del contratto.  

Infine il rinnovo del contratto dell’edilizia, atteso da circa un milione di lavoratori. La trattativa è partita solo a novembre, in forte ritardo (non certo a causa dei sindacati) e quasi 5 mesi dopo la scadenza del contratto. Le nostre richieste sono un aumento di 106 euro a parametro 100, una contrattazione territoriale più inclusiva, con conseguente riorganizzazione degli enti bilaterali, un mercato del lavoro ed un welfare rafforzato. Un’altra richiesta è quella di arrivare al contratto unico di cantiere, per fare in modo che nei cantieri sia applicato solo il contratto nazionale dell’edilizia, e nessun altro. La novità importante di questa contrattazione è che siamo riusciti ad avviare il confronto con tutte le controparti. Il nostro obiettivo, infatti, è quello di arrivare al contratto unico di settore. Una sfida difficile ma avvincente. 

C’è da dire che la frammentazione della rappresentanza imprenditoriale e i problemi della classe dirigente dei settori di riferimento della nostra Federazione mettono in seria difficoltà la natura e la lungimiranza della contrattazione. A onor del vero c’è da dire che il tema della crisi della rappresentanza collettiva e della democrazia rappresentativa colpisce tutti i soggetti intermedi, e non è quindi una situazione circoscritta al solo mondo sindacale. Mera consolazione. Ma noi abbiamo il dovere di reagire: servono nuove energie, nuovi pensieri e nuove figure capaci di farci uscire dagli schemi consolidati e tradizionalmente utilizzati e conosciuti. Probabilmente a partire da un più fresco gruppo dirigente e dalla necessità di avvicinare e coinvolgere i giovani, e di fare rete e sinergia anche con altri soggetti a noi vicini.

L’arrivo della cosiddetta “Industria 4.0” non può lasciarci indifferenti. Il sindacato ha il dovere di stare al passo con i tempi, seguendo la metamorfosi delle aziende, che dalla manifattura tradizionale evolvono verso una forma nuova avanzata che coinvolge una serie di tecnologie fondamentali, tutte già singolarmente implementate ma che oggi, messe a sistema, generano una nuova modalità di produrre e di cui la digitalizzazione è un po’ il filo rosso conduttore. A fronte di un nuovo rapporto uomo-macchina il lavoro e i lavoratori vedono sempre più trasformata la propria natura, e il sindacato, conseguentemente, deve sapersi muovere per entrare in relazione generativa con quanto accade in questi ambiti e nelle aziende dei settori che esso intende continuare a rappresentare. L’Industria 4.0, però, può esistere solo se è presente un meccanismo di partecipazione dei lavoratori, e quindi la contrattazione deve servire a farli partecipare.

Per fortuna, a livello “istituzionale” lo scenario nel quale i sindacati confederali operano è cambiato radicalmente negli ultimi tempi. La nuova stagione di concertazione ha restituito il giusto protagonismo ai sindacati, dopo anni in cui il ruolo dei corpi cosiddetti intermedi è stato mortificato. Il nuovo sistema contrattuale e di relazioni industriali dovrà fornire certezze anche alla rappresentanza a livello nazionale e aziendale, in modo da alzare la produttività del lavoro e i salari, con l’obiettivo finale di redistribuire il lavoro e la ricchezza, governare i nuovi processi di digitalizzazione, aprire il sindacato ai giovani. “Il sindacato è debole quando non coglie i cambiamenti della società”, ha detto Pierre Carniti presentando il suo libro davanti al presidente Mattarella. Parole maledettamente vere. E ha aggiunto: “L’unico limite all’autonomia dei sindacati è la responsabilità di firmare il contratto, di fare accordi”. Una responsabilità alla quale la Cisl e la Filca, è bene ribadirlo, non solo non si sono mai sottratte, ma ricercano continuamente, essendo la contrattazione la via maestra per la difesa della persona e del lavoratore.

 

 (*) Segretario Generale Filca-Cisl

 

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