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Una comunità educante per l’infanzia a rischio nella scuola

L’ottava edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio, presentata da Save The Children il 14 novembre scorso, aggiorna ed arricchisce le analisi sull’infanzia, con particolare riferimento alla scuola, integrando fonti statistiche e testimonianze, prendendo come riferimento la Scuola di Barbiana.  

In primo luogo l’affermazione perentoria: il tracciato del ciclo della crisi economica iniziata nel 2007, con il calo occupazionale, il taglio dei trasferimenti pubblici, ha delineato l’aggravio – non corretto da interventi adeguati – delle condizioni di vita dell’infanzia. 

Gli approfondimenti evidenziano che la recessione ha colpito soprattutto proprio questa fascia di popolazione. E’infatti cresciuta di cinque volte, in soli dieci anni, l’incidenza del numero di famiglie con almeno un bambino nelle condizioni di povertà assoluta, passando dal 2% del 2006 al 9,9% del 2016. Il numero totale dei minorenni in questa condizione è raddoppiato tra il 2009 e il 2016, raggiungendo quota 1.292.000, con distribuzione percentuale tra macro aree territoriali peraltro non fortemente differenziate.

Le famiglie in povertà assoluta con minori a carico ammontano a 669 mila. Ed è significativa la presenza di quelle straniere con una percentuale del 34,6%.

La fascia del disagio si è andata estendendo con l’ampliamento della povertà relativa. Secondo l’ISTAT nel 2016 vivevano in condizioni di povertà relativa2.300.000 bambini e ragazzi – quasi un minorenne su quattro – e 1.200.000 famiglie. 

 

Le famiglie si sono così concentrate su alcuni beni essenziali (le cosiddette spese non comprimibili: casa, alimentazione) e non hanno potuto far fronte agli impegni di spesa collegati alla frequenza scolastica dei figli. Gli effetti della diseguaglianza economica si sono trasferiti pertanto nell’ambito del rendimento scolastico concretizzandosi in due fenomeni collegati: le bocciature e gli abbandoni.

L’Ocse ha effettuato un confronto tra istituti scolastici in base ad indicatore socio-economico-culturale ed ha rilevato come nelle scuole con un indice più basso il 27,4% è ripetente (più di 1 quindicenne su 4) mentre è il 4,4% negli istituti con indice alto (quasi a 1 su 23). Si conferma così che il fenomeno delle bocciature è nettamente più alto nelle situazioni di disagio. 

A ciò va aggiunto che il 47% di studenti di quindici anni (quasi uno su 2) proveniente da un contesto familiare svantaggiato non raggiunge il livello minimo di competenza in lettura; ciò rappresenta otto volte rispetto a un coetaneo cresciuto in una famiglia agiata.

La dispersione scolastica continua a mantenersi su livelli elevati: sono circa 130.000 gli alunni che abbandonano la scuola ogni anno, tra primo e secondo ciclo: nelle scuole secondarie di secondo grado il tasso di abbandono in un anno è stato del 4,3%, pari a 112.000 ragazzi, mentre in quelle di primo grado il tasso scende all’1,36%, che corrisponde a circa 23.000 alunni. 

Nella secondaria di primo grado, lo 0,83% (1 su 120) ha lasciato durante l’anno o nel passaggio alla classe successiva, lo 0,52% nel passaggio tra 1° e 2° ciclo. La percentuale complessiva di studenti di primo grado per l’anno scolastico 2015/16 persi alla scuola è l’1,36%, ovvero 1 su 73. 

Un altro dato circa la connessione tra impoverimento economico e opportunità educative è rappresentato da una minore possibilità di fruizione delle attività turistiche: esempio di ciò è la riduzione della quota di minorenni che possono permettersi una vacanza fuori casa di almeno quattro notti consecutive: nel 2008 il 39,5% non poteva permetterselo; sono saliti al 54,6% nel 2015. A questo sono da aggiungere i dati relativi alla deprivazione ricreativa e culturale, ossia la limitazione dei ragazzi per motivi economici di poter frequentare alcune attività: dai dati Istat emerge infatti che sei ragazzi su 10 (il 59,9%) tra i 6 e i 17 anni non arrivano a svolgere, in un anno, quattro delle seguenti attività culturali: lettura di almeno un libro, sport continuativo, concerti, spettacoli teatrali, visite a monumenti e siti archeologici, visite a mostre e musei, accesso a internet.  Il mancato accesso al web si contrappone agli ultraconnessi: “in Italia quasi 1 quindicenne su 4 (23,3%) risulta collegato a internet più di 6 ore al giorno, ben al di sopra della media Ocse ferma al 16,2%. L’età in cui un bambino riceve il primo smartphone è scesa a 11 anni e mezzo (erano 12 e mezzo nel 2015), l’87% dei 12-17enni ha almeno un profilo social e 1 su 3 vi trascorre 5 o più ore al giorno”.

 

Viene valutata l’influenza della denatalità nelle politiche formative: la diminuzione del numero dei bambini rispetto a cinquant’anni fa e il continuo invecchiamento della popolazione comporta un’inversione di tendenza tra gioventù e vecchiaia nell’ambito delle politiche.

 “La denatalità ha comportato la perdita di un terzo della popolazione in età dell’obbligo scolastico; le rivoluzioni culturali e tecnologiche, così come l’ingresso di un milione di bambini di origine migrante nel sistema scolastico, hanno rappresentato una grande sfida di cambiamento per la scuola. Nel frattempo, per effetto della recessione, nuove povertà economiche e educative sono tornate a minacciare il futuro dei bambini. Davanti a queste vere e proprie rivoluzioni, la scuola italiana è stata spesso lasciata sola, non sorretta da risorse adeguate e politiche lungimiranti per poter reggere il passo dei tempi. In un paese segnato da grandi squilibri territoriali, l’Italia non ha mai sperimentato un dispositivo nazionale per sostenere le scuole nei contesti più svantaggiati”. Queste sono le constatazioni di Raffaela Milano, Direttrice del programma Italia Europa di Save the Children, nel corso della presentazione dell’Atlante.

 

Osservazioni

Siamo in attesa di leggere la pubblicazione dell’Atlante. Le nostre informazioni fanno riferimento ai materiali della presentazione che contengono un indice dei contenuti più ricco.

Il faro sulla scuola come esperienza fondamentale nel contrasto al disagio dell’infanzia è necessario. Il rischio da non percorrere è responsabilizzare complessivamente il mondo della scuola, in una logica settoriale. Gli interventi di contrasto, come largamente condiviso, devono mantenere un approccio multidimensionale di crescita nella direzione di comunità educante territoriale. Si pongono a riguardo le questioni relative alla governance e al coordinamento, soprattutto nei territori, ma facilitati dai livelli sovraordinati, delle competenze e risorse istituzionali e del Terzo settore contro il frazionamento e la settorializzazione. Oltre agli interventi mirati dovremo porci il problema di quale ricadute sono possibili contro la dispersione scolastica delle misure di contrasto alla povertà estrema quale il Sostegno all’inclusione attiva/Reddito di inclusione sociale con le potenzialità sul reddito familiare, sulla condizionalità riferita ai piani personalizzati in rapporto al rendimento scolastico, sulle reti territoriali.

 

 

 

1 La pubblicazione del Rapporto completo sarà disponibile a partire dal 23 novembre prossimo.

Per quanto riguarda precedenti articoli sulla povertà educativa vedi

3 Vedi tabella

4 Vedi grafico seguente

 5 Vedi grafico seguente

Per la cultura e l’istruzione vengono indicate: meno di 40 euro al mese per la prima, e 7 euro e 60 centesimi per la seconda.

Si tratta di un indicatore che mette in relazioni le condizioni sociali economiche e culturali di un istituto scolastico.

8 Vedi grafico seguente

 9 Vedi grafico seguente

 11 A riguardo interessanti spunti possono essere desunti dal Rapporto di Monitoraggio della rete europea degli esperti in merito alla Raccomandazione europea relativa all’infanzia a rischio.

 

 

 

 

 

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