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Un po’ di delusione, ma è la strada per le politiche attive

Il Progetto ‘Garanzia Giovani’  è e sarà nei prossimi anni uno dei principali canali di finanziamento da parte dell’U.E. nei confronti dell’Italia. E’ e sarà perché il miliardo e mezzo di € (nel biennio 2014-15) reale, ‘fresco’ e già disponibile per il nostro Paese non potrà che aumentare in prospettiva nei prossimi anni, e potrà addirittura beneficiare nel tempo degli eventuali residui del FSE.

Per il nostro Paese infatti l’occupazione giovanile è il tema più ‘sensibile’ del quale ci stiamo occupando in questi anni, con risultati però attualmente davvero deludenti.

‘Sensibile’ perché, come abbiamo visto, la percentuale di disoccupati ha ormai abbondantemente superato il 42%, record storico per l’Italia che non sta trovando risposta nell’utilizzo degli strumenti finora a disposizione.

Tutti nutrivamo la speranza, noi della CISL in particolare, che il programma ‘Garanzia Giovani’ potesse diventare da subito una delle risposte costruite ad hoc per invertire drasticamente questa tendenza, non solo per le ingenti risorse a disposizione e per lo strumento in sé, ma per come questo strumento potesse, anzi dovesse essere la prima linea per una riforma, una attesissima e profonda ricostruzione del modello e dell’infrastruttura dei servizi per l’impiego in Italia.

Ad oggi poco meno di 300.000 giovani, degli oltre 2.300.000 facenti parte del teorico bacino dei neet tra i 15 ed i 29 anni, hanno aderito al programma, ma meno di 90.000 (neppure il 30%) sono stati presi in carico e realmente ‘profilati’, con un totale di richieste da parte delle imprese pari a poco più di 20.000 nella maggior parte dei casi però prive quantomeno della necessaria chiarezza rispetto a condizioni e territorialità e, come si temeva, qualitativamente assai modeste. Questo a sei mesi dall’avvio del programma (1 maggio 2014) si può considerare già un mezzo fallimento rispetto soprattutto all’aspettativa di avvio innovativo se non rivoluzionario di una nuova fase dei Servizi per l’impiego in Italia.

Inutile girarci troppo intorno, persino nelle Regioni dove riscontriamo la presenza di SPI vivi ed attivi è necessario avviare un nuovo corso, perché è indispensabile per i giovani la possibilità di avere un orientamento sicuro per non sentirsi schiacciati fra crisi ed assenza delle istituzioni, fra la mancanza di un reddito e la mancanza di un obiettivo reale da inseguire e raggiungere.

E’ mancata e manca senza dubbio ancora, un’adeguata e strategica azione informativa che consenta ai giovani di conoscere le opportunità e le procedure anche per non disperdere miseramente (e per l’ennesima volta) le importanti risorse a disposizione.

Va ripristinata una condizione di forte governo centrale delle questioni del lavoro, con Regioni ed aree territoriali finalmente protagoniste di azioni di politiche attive e non di programmazioni sovrapposte ed inefficaci e, soprattutto,  prive di un vero e costante coordinamento e di una indispensabile continua verifica dei risultati!

Il programma è e deve rimanere costantemente ‘aperto’. Aperto alle verifiche che andranno fatte rispetto alla quantità ed alla qualità delle offerte, alla possibilità quindi, sia a livello nazionale che territoriale, di modificare, oserei dire riassestare periodicamente gli impegni di spesa in favore dell’una o dell’altra misura (non dimenticando il servizio civile, l’autoimprenditorialità e l’apprendistato) a seconda della richiesta, del gradimento e soprattutto dell’efficacia che le stesse avranno avuto in termini di risultato.

L’Italia, senza da parte mia voler assolutamente in questo caso attribuire maggiori responsabilità al Governo attuale rispetto ai precedenti, per queste ragioni, avrebbe dovuto avviare parallelamente alla partenza di ‘garanzia giovani’ un riassetto dei servizi all’impiego che non può non essere accompagnato (almeno nel medio termine) anche da ulteriori consistenti impegni di spesa! 

Infatti, non sarà certo un caso se il nostro deprimente risultato rispetto all’occupazione in generale ed a quella giovanile in particolare va di pari passo con gli investimenti sia in termini finanziari che di risorse umane. Qui siamo ancor più “fanalino di coda” rispetto ad altri Paesi europei che vantano risultati sull’occupazione ben diversi dai nostri … siamo ad una media di 81 € “investiti” annualmente per ogni lavoratore in cerca di occupazione, ed oltre 420 sono i disoccupati che ogni operatore (spesso precario anche lui) dei centri per l’impiego dovrebbe quotidianamente incontrare ed aiutare nell’ottica del reimpiego o della prima occupazione.

Si sta inoltre (ci dicono) rimettendo a punto un sistema informatico che dovrebbe finalmente essere unico, e non un insieme di sistemi regionali (come è stato fino ad oggi) non comunicanti fra loro ed in molti casi addirittura non funzionanti. Non possiamo più permettercelo, non possiamo più esser così indietro rispetto ad uno standard europeo di comunicazione dati per l’incontro domanda-offerta.

Uno dei nodi essenziali per la crescita guidata dei nostri giovani, in prima battuta non visibilmente collegabile in modo diretto alla ‘Garanzia Giovani’, dovrà continuare ad essere la formazione permanente. Il lavoro che stanno svolgendo i Fondi Interprofessionali da circa 10 anni infatti, nel bene e nel male, deve essere sempre più calato nelle realtà aziendali, piegato e forgiato alle esigenze dei settori, delle imprese e dei lavoratori, non deve, da un lato, assolutamente continuare ad essere ‘scippato’ delle risorse dello 0,30% per dare una minima e misera copertura alle pur importantissime politiche passive (cassa in deroga ed altro), e dall’altro, soprattutto dall’altro direi, non deve mai più esser slegato dalle politiche passive! 

Ecco, qui ci possiamo giocare un’altra grande occasione per il rilancio di vere politiche attive. L’indissolubilità di fruizione di  qualunque ammortizzatore sociale, qualunque sostegno al reddito in costanza di rapporto di lavoro e non ed il simultaneo, mirato ed ‘accompagnato’ inserimento in un programma formativo costruito su misura, da una struttura pubblica, privata o bilaterale che consenta al giovane di mirare l’attività formativa al miglioramento delle proprie performances professionali o alla riconversione verso una nuova attività.

Insomma, si rende necessario, in primis, un nuovo e forte ‘governo’ delle politiche del lavoro e, proprio all’interno del Jobs Act, abbiamo avuto modo di apprezzare senza mezzi termini l’idea della nascita di un’Agenzia Nazionale per l’Occupazione. Da qui, a nostro avviso potrà, anzi dovrà ripartire l’azione anche per definire dal 2015 in avanti come far si che il progetto ‘Garanzia Giovani’ oltre a funzionare meglio diventi vera politica attiva per il sostegno e la ripresa di tutto il sistema lavoro nel Paese, per ridefinire gli ambiti ottimali strategici dei SPI, per produrre molti più accordi scuola-lavoro come quello di Finmeccanica, per stabilire quali dal centro alla periferia possano essere le forme migliori rispetto all’incentivazione, per lanciare finalmente un’azione controllata e collaborativa di ricostruzione fra il pubblico, il privato e quel sistema bilaterale che costituisce una delle particolarità virtuose tutte italiane di come poter esaltare bilateralità e sussidiarietà proprio nei momenti più difficili.

Insomma, la CISL e pronta, e non da ieri, a mettersi in gioco su questa fondamentale partita, chiunque sia l’interlocutore del momento, non vogliamo perdere altre occasioni per il lavoro e per la vita dei nostri giovani.

 

 (*) Segretario Confederale CISL

 

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