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L’ Europa, la poverta’ e noi

In tutti i paesi dell’Europa a 15, tranne Italia e Grecia, esiste una misura di reddito minimo, che mira al supporto degli individui in condizione di povertà, aventi cioè un reddito inferiore ad una soglia stabilita a livello nazionale. Questi affiancano ad un trasferimento economico servizi di assistenza sociosanitaria e politiche attive del lavoro, finalizzate a favorire l’integrazione sociale del beneficiario.

Il reddito minimo dovrebbe rivolgersi al 5.7% delle persone nel nostro paese in condizione di povertà assoluta, cioè che non disponga dei beni e dei servizi necessari a raggiungere un livello di vita “minimamente accettabile”, come definito dall’Istat.
Livello di vita “minimamente accettabile” significa, in concreto, poter raggiungere standard nutrizionali adeguati, vivere in un’abitazione con un minimo di acqua calda ed energia, potersi vestire decentemente e così via. Il reddito di minimo viene spesso confuso con il reddito di cittadinanza, che è – invece- un trasferimento mensile a tutti i residenti, indipendentemente dalla loro condizione economica, al fine di fornire a ogni persona la somma sufficiente per la propria sussistenza e per partecipare alla vita sociale. Si tratta – nei fatti – di un intervento utopico che non esiste in nessun paese europeo, l’unica applicazione conosciuta è in Alaska.
Gli anni di introduzione del reddito minimo variano e riflettono la storia dei sistemi di welfare nazionali, è da notare che anche paesi con politiche sociali tradizionalmente più simili alle nostre, come Portogallo e Spagna, negli ultimi 20 anni si sono ammodernati e hanno introdotto questa misura (tab 1). 
 
 
Tab 3 – L’introduzione del reddito minimo nei paesi EU 15
PAESE
ANNO D’INTRODUZIONE
Austria
Tra il 1970 e il 1975
Belgio
1973
Danimarca
1974
Finlandia
1971
Francia
1988
Germania
1961
Grecia
Irlanda
1975
Italia
Lussemburgo
1986
Paesi Bassi
1963
Portogallo
1996
Regno Unito
1948
Spagna
Tra il 1995 e il 2000
Svezia
1956
Fonte: Ferrera M (a cura di), 2012, Le politiche sociali, Il Mulino
 
 
La mancanza di un reddito minimo oltre ad essere una carenza strutturale del nostro sistema di welfare si fa oggi – sempre più – sentire come l’assenza di un livello base di tutela davanti ad un quadro socio-economico in netto peggioramento. Emblematico in proposito è il cambiamento dell’
indice di deprivazione materiale, indicatore Eurostat, calcolato sulla base di 9 voci: arretrati nel pagamento di bollette, affitto, mutuo o altro tipo di prestito, riscaldamento inadeguato, non poter sostenere spese impreviste, non potersi permettere un pasto caldo almeno una volta ogni due giorni, non potersi permettere almeno una settimana di ferie, non potersi permettere un televisore a colori, una lavatrice, un telefono, l’automobile. A partire da questi indicatori una persona viene definita in grave deprivazione materiale se presenta problemi in almeno 4 categorie.  Tra il 2010 e il 2011 (ultimo dato disponibile) le persone in grave deprivazione materiale sono salite dal 6.9 all’11.1%: mentre prima era sotto la media europea, ora si colloca nettamente sopra (tab 2).
 
Tab 2 –Persone in condizione di grave deprivazione materiale
 
 
2010
 
2011
 
 
Europa
Italia
Europa
Italia
 
 
 
 
 
Grave deprivazione materiale
8,1
6,9
8,8
11,1
 
Fonte: rapporto Istat 2012 “Reddito e condizioni di vita”
 
 
L’importo della misura varia tra i diversi paesi, ma la modalità di calcolo è sostanzialmente simile: si sottrae ad una soglia di povertà definita a livello nazionale il reddito familiare e si eroga la differenza (con alcuni accorgimenti e modifiche per evitare il disincentivo al lavoro). L’importo, inoltre, è calcolato così da considerare la numerosità e le caratteristiche del nucleo familiare (a p-artire dal numero dei figli e dalla loro età) (tab 3)
 
 
Tab. 3 – Importo mensile schemi di reddito minimo per redditi pari a zero, in Euro
Paese
Adulto solo*
Coppia adulta
Coppia + 1 figlio (0-6)
Austria
558
837
971
Danimarca
1.278
2.556
2.886
Finlandia
417
772
1.035
Francia
417
598
713
Germania **
364
692
907
Olanda ***
624
1.248
*] Importo base privo delle integrazioni che in alcuni casi, come ad es. in Germania, possono arrivare
a raddoppiare l’ammontare dell’importo.
**] Il sistema tedesco di protezione di ultima istanza dal 2004 è composto da quattro schemi categoriali
ed uno generale destinato agli individui in condizione di povertà ma abili al lavoro. Qui faremo riferimento
a quest’ultimo, numericamente più rilevante, denominato ALG II.
***] In Olanda a partire dal 1963 sono stati introdotti assegni familiari universali che complementano
il reddito familiare fino a che il figlio/a raggiunge l’età di 18 anni, per cui non sono previsti importi aggiuntivi
per ulteriori componenti del nucleo familiare.
Fonte: Natili, M, 2013, Come rispondono gli altri paesi europei alla crisi?, in “Welfare Oggi”,2.
 
Sempre più, negli ultimi anni, i diversi paesi europei hanno riconosciuto l’importanza di servizi alla persona che aiutino gli utenti a reagire – nell’ambito delle proprie capacità – alla povertà. Pur con forme e nomi diversi, di fatto in tutti i paesi gli utenti hanno diritto al sostegno di un assistente personale, con il quale sono tenuti a stendere un piano di reintegro che consenta di migliorare le proprie competenze e/o di facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro e/o di individuare gli ostacoli che rendono impossibile un immediato inserimento nel mercato del lavoro. Ostacoli, laddove possibile da affrontare attraverso servizi di cura e di sostegno psicologici e/o sanitari (Natili, 2013).
Il sistema di governance del reddito minimo risulta piuttosto complesso, perché richiede di coordinare i numerosi soggetti coinvolti: lo Stato, i centri per l’impiego, i comuni, le Regioni e i soggetti di privato non profit impegnati in questo ambito. Il miglioramento delle interrelazioni tra questi diversi attori è stato – per molti paesi – un obiettivo cruciale di questi ultimi anni, in particolare il rafforzamento del coordinamento tra i servizi sociali  (Comune) e i centri per l’impiego.  Un altro nodo sul quale sono stati concentrati notevoli sforzi negli ultimi anni consiste nel progettare le misure di reddito minimo in modo da incentivare il rientro al lavoro degli utenti. Soprattutto, sono stati introdotti accorgimenti per far sì che il ritorno al lavoro sia remunerativo, così da evitare la “trappola della povertà”, che sconsiglia ad un individuo di accettare un lavoro perché non gli converrebbe economicamente rispetto al reddito minimo.
 
 
 (*) Cristiano Gori (Docente di politica sociale, Università Cattolica di Milano & Senior visitingfellow, London School of Economics, Direttore “Welfare Oggi”).

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