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Una popolazione sempre piu’ vecchia, non e’ una disgrazia

Quando noi italiani siamo in giro per il mondo in Paesi sottosviluppati, siamo sempre colpiti dal fatto che le popolazioni locali mediamente sono molto più giovani della nostra nazionale.

Infatti, i bambini sono molto più numerosi tra i poveri che tra i ricchi. 

Anche l’Italia, quando era ancora un Paese rurale e contadino, conosceva una natalità molto più alta dell’attuale. E quando il divario nella Penisola tra Nord e Sud andò accentuandosi perché le industrie erano prevalentemente nel settentrione, la popolazione meridionale risultava essere più prolifica di quella più prossima alle Alpi.

Che i poveri siano più fertili dei ricchi è anche una delle concause della loro prolungata, reiterata povertà. “Prole-tari” in latino, vuol dire “apportatori di figli”. Chi sul mercato del lavoro non ha mezzi di produzione da apportare, può però portare i propri figli.

Da cosa deriva la contraddittoria condizione di un padre povero e incapace di dare da mangiare a molti figli? Deriva da un complesso di motivi che variano di Paese in Paese, ma un fattore domina sugli altri, un elemento si trova ovunque, ed è il motivo religioso.

Più un Paese si laicizza e più facilmente si fanno meno bambini. Più un Paese vive all’interno della tradizione religiosa, e più figli nascono. Vale questo discorso per i Paesi prevalentemente cristiani, ma identicamente per quelli mussulmani e per gli ebrei. Le tre religioni monoteiste spronano alla moltiplicazione della specie e alla riproduzione sociale. “Andate e moltiplicatevi”.

La laicizzazione, al contrario, introduce un elemento di razionalità nelle scelte della coppia in grado di alterare la tendenza dominante alla riproduzione.

In Italia, in modo vistoso, abbiamo potuto assistere a questo fenomeno generalizzato. Meno contadini si riproducevano come contadini e meno bambini nascevano. 

Più andava affermandosi e generalizzandosi un modello di sviluppo borghese, piccolo-borghese, cittadino, urbanizzato, non legato alla dimensione locale, mobile sul territorio e con obiettivi sociali di riuscita professionale, e più la famiglia andava riducendosi, modificandosi e cambiando, diventano “più corta”, meno numerosa, meno patriarcale, meno autoritaria, meno vincolante, con controlli comportamentali meno asfissianti.

Se il fattore religioso è quello dominante, non è tuttavia l’unico che possiamo prendere in considerazione. Il comportamento moderno, laicizzato, a-religioso, incurante delle forme del passato, anzi decisamente anti tradizionalista, si sposa con uno stile di vita legato all’organizzazione, alla condizione urbana, alla distribuzione della ricchezza, alla vischiosità sociale (che misura il grado di apertura verso il nuovo), alla diffusione della cultura di massa, all’apprendimento comparato di altri modelli di vita, all’imitazione di modelli lanciati da centrali legate alla moda, al costume e al consumo.

Le società più ricche tendono a produrre meno bambini ma curandoli meglio, educandoli di più, coltivandone le qualità potenziali. Scolarizzazione, educazione, attenzione all’andamento scolastico dei figli rappresenta un tema ricorrente e necessario, molto desiderato e indiscusso, in Italia avvalorato anche dal riferimento costituzionale che vede nell’istruzione il punto di maggior attrattività per l’integrazione sociale. 

L’ascesa sociale legittima passa attraverso l’ottenimento di una certificazione riconosciuta e valida in tutto il territorio nazionale.

Questo modo di impostare la vita collettiva conduce a un tendenziale allungamento della vita, che la diffusione della cultura medicale accresce assieme alla distribuzione delle medicine e delle forme preventive di medicina sociale. 

La diffusione del modello dello Stato Assistenziale o del Benessere, Welfare State, rappresenta la cornice collettiva di una società che scommette sulla propria sopravvivenza in forme prolungate. Non c’è niente di Provvidenziale in questo discorso, c’è invece soltanto il raggiungimento di un certo un certo obiettivo generale.

Avere individuato questo possibile obiettivo sociale e cercare di perseguirlo, è un esito collettivo di straordinaria importanza. Ci sono società che tendono alla diffusione di questo modello, mentre invece altre non riescono a raggiungerlo. Il divario tra le une e le altre segna stabilmente la contrapposizione tra le arie più ricche e quelle più povere.

Il caso italiano è quello di un Paese che idealmente ha ben costruito il proprio modello di sviluppo, ma che poi non riesce (se non in parte) a realizzarlo in modo soddisfacente.

Però nel suo complesso la società italiana è tra le più longeve al mondo, mentre il numero dei bambini nati in Italia segna da qualche anno una certa flessione, forte seppure non allarmante. Anziché circa 500 mila bambini all’anno, ne nascono circa 430 mila circa. 

Questo modello si fonda sulla diffusione della famiglia nucleare composta dai due genitori e da uno o due figli, raramente da tre. Si basa poi anche sulla crisi dell’istituzione matrimoniale, sulla scelta piuttosto diffusa di volere restare soli e sui naufragi matrimoniali, (separazioni e divorzi). 

Tutto ciò parla, in generale, di una società più instabile, alla ricerca di nuovi equilibri. Una società in crisi con il proprio modello di sviluppo consolidato e tradizionale, mentre altri modelli stentano ad affermarsi. Una società in movimento e in forte cambiamento, ancora incerta e in fase di sperimentazioni.

A pensare quanto era stata ingessata l’Italia prima di questi mutamenti, c’è solo da gioire nel poter leggerla oggi in una fase di ricerca più aperta. 

La scolarizzazione s’allunga, le scelte familiari si presentano frastagliate e non univoche, i modelli di riferimento consentono alternative (che un tempo non esistevano affatto!), e pertanto le carriere professionali sono ritardate, e di conseguenza anche la vita collettiva s’allunga. La società invecchia. 

Quest’invecchiamento non piove dal cielo. È un invecchiamento scelto collettivamente. Si presenta alla singola persona come un’opportunità in più, da vivere in modo diverso che nel passato. 

Bisognerà pensare a una politica sociale per gli anziani del tutto inedita, perché avere lì milioni di persone con qualità sociali potenziali e che invece sono escluse dal mercato del lavoro e passano ore e ore a giocare a burraco, è una condizione frustrante e umiliante. 

La vecchiaia è una stagione bella da vivere se si è in salute e se si è socialmente utili. Gli anziani rappresentano un’opportunità che ancora non è stata adeguatamente valorizzata., anzi che va ripensata da capo.

Sono molti quelli che si sono allarmati perché in Italia la popolazione sta scemando e il numero dei bambini che sono nati negli ultimi anni si è ridotto all’incirca del 15 %.  Ditemi: se gli italiani nel loro complesso dovessero scendere dagli attuali 60 milioni scarsi a 58 milioni, che cosa cambierebbe? Siamo un’umanità che sta marciando, affollata, verso gli otto miliardi complessivi, che peso può avere una denatalità italiana?

Sono valori demografici davanti ai quali non ci si deve spaventare. A meno di non appartenere a quei gruppi che credono (sbagliando), che un popolo sia tanto più apprezzabile quanto più è numeroso. È questo un errore di stampo fascista.

La verità è che un popolo è tanto più civile quanto più è probo, laborioso, inventivo, preparato, democratico e aperto all’accettazione dell’altro. Non quanto più è numeroso.

Un popolo oggi è considerato civile se ha interiorizzato il grandissimo cambiamento in atto, se accetta la tendenza multipolare composta da economie emergenti, se è parte dell’immenso nuovo movimento migratorio capace di mescolare gli uomini tra di loro, così da produrre non più una umanità di popoli ma un’umanità composita e multi etnica.

Nascono meno bambini in Italia? Tanto meglio, vorrà dire che, quelli che nascono, avranno a disposizione asili-nido in abbondanza e scuole meno affollate di quelle che noi abbiamo conosciuto.

Nascono meno bambini? Un motivo in più per guardare alle migrazioni come ad un’opportunità e non come a una minaccia. 

Ne nascono meno, ma anche ne muoiono di meno, perché la medicina infantile è progredita in molti campi. Curiamoli con amore, questi bambini che nasceranno. Molto di più di quel che non facciamo adesso.                                        

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