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Le tasse sono la prima misura della solidarietà

La peggiore eredità che ci lascia il dibattito sulla manovra di bilancio, che inizia il suo corso di approvazione parlamentare, è una volgare distorsione del significato e della finalità del fisco nel bilancio di uno Stato democratico. 

Le tasse sono il doveroso contributo dei cittadini al finanziamento delle necessità comuni, in relazione al proprio reddito, “secondo criteri di progressività”, come recita la nostra Costituzione. Oggi invece, in seguito a una polemica, tanto ossessiva quanto menzognera, la linea che divide più o meno tasse è diventata la misura del bene e del male in politica.

Una rimodulazione del sistema con una diversa distribuzione dei carichi fiscali tra le varie categorie dei cittadini, in relazione alla mutata condizione degli stessi, e per far fronte agli impellenti bisogni sociali, diventa un furto di Stato che rende doveroso mandare a casa il governo. Nella odierna manovra oggetto di tale forsennata reprimenda è la correzione del sistema forfettario di imposta per i lavoratori autonomi e piccole imprese con l’aggiunta di alcune tasse ecologiche.

Il suddetto sistema forfettario, introdotto un anno fa dal governo gialloverde risulta inaccettabile perché crea eccessive disparità di trattamento rispetto ai lavoratori dipendenti, che può arrivare ad alcune migliaia di euro all’anno.

Ciò in quanto per i lavoratori indipendenti crea si una zona franca fiscale che esclude la fatturazione elettronica, consente loro di non registrare i costi e quindi di determinare a piacimento anche i ricavi, li esclude dall’applicazione dell’Iva e li tassa con un’aliquota fissa del 15%. Visto che si tratta di categorie tradizionalmente vicine alla Lega si comprende la dura reazione di Salvini, ma va respinta nel modo più netto la scandalosa falsità con cui si vuole bollare come oppressivo e iniquo ogni intervento correttivo.

E’ giusto cercare di abbassare la pressione fiscale ma tale scelta va inquadrata nel contesto della priorità di aver evitato l’aumento dei 24 miliardi di Iva. Tra l’altro non si capisce come, con questi comportamenti, si possa combattere con efficacia l’evasione fiscale, per cui se le tasse sono il male in sé, appare comprensibile il rifiuto di pagarle. 

Qualche anno fa, suscitò un mare di polemiche la dichiarazione dell’allora ministro dell’Economia del governo Prodi: Tommaso Padoa Schioppa, che, con la serenità e il rigore della sua competenza, ebbe ad affermare: “La polemica anti tasse è irresponsabile.

Dovremmo avere il coraggio di dire che le tasse sono una cosa bellissima e civilissima, un modo di contribuire tutti insieme a beni indispensabili come la salute, la sicurezza, l’istruzione e l’ambiente”.

Questa era la migliore nostra classe dirigente, a confronto della quale i tanti piccoli saltimbanchi della politica di oggi, anche se si atteggiano a leader, testimoniano solo quanto siamo caduti in basso.

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