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Si apre la strada per un modello di sviluppo sostenibile

Laudato si. Dal Cantico delle Creature di Francesco d’Assisi alla lettera Enciclica di Papa Francesco. E’ forse il legame che in modo più esplicito ci da il senso della scelta del nome che il Papa  venuto da lontano, si è attribuito.

Laudato si non è un’enciclica che si occupa di un tema “moderno”, che vuole segnalare l’attenzione della Chiesa su un tema emergente, quale l’ambiente, che essa stessa ha forse sottovalutato negli ultimi decenni.  Non è una sorta di “tentativo di recupero”; è molto, molto di più: è una proposta credibile e circostanziata che  tende a dare una realistica speranza di futuro all’umanità. 

Si disegna nell’Enciclica un modello di sviluppo auto sostenibile, dal punto di vista ambientale, economico, finanziario, sociale.  Il tema ambientale perciò è trattato in modo diverso da quello cui siamo abituati: prese di posizione ben documentate ed allarmate, espressione solo della ragione, della tecnica e della paura. La logica dell’Enciclica è invece dettata da “una contemplazione riconoscente del mondo” e di questo approccio è testimonianza la descrizione, in alcuni passaggi letteralmente poetica, della bellezza del creato. 

Ed in questo approccio è evidente la continuità con il Cantico di Francesco d’Assisi. Non un approccio strettamente ambientalista:  La cultura ecologica non può ridursi ad una serie di risposte urgenti e parziali ai problemi che si presentano riguardo al degrado ambientale, all’esaurimento delle riserve naturali ed all’inquinamento. Dovrebbe essere uno sguardo diverso, un pensiero,una politica, un programma educativo, uno stile di vita ed una spiritualità che diano forma ad una resistenza di fronte all’avanzare del paradigma tecnocratico. Cercare solamente un rimedio tecnico per ogni problema ambientale che si presenta significa isolare cose che nella realtà sono connesse, e nascondere i veri e più profondi problemi del sistema mondiale. La protezione dell’ambiente dovrà costituire parte integrante del processo di sviluppo e non potrà considerarsi in maniera isolata.

Certo il testo è segno di una grande attenzione al lavoro, agli approfondimenti, alle denunce che autorevolmente vengono dal mondo della scienza e della tecnica, con un’apertura all’ascolto ed all’apprezzamento del lavoro e dei suggerimenti del mondo laico. Qui emerge, in modo lineare la cifra del Pontificato di Francesco: una Chiesa che ascolta, che dialoga, che cerca di capire e di interpretare i segni del mondo, la sua evoluzione il sorgere di nuovi problemi, o il loro manifestarsi in modo del tutto nuovo. A chi, come Eugenio Scalfari, che continuamente riferisce del suo rapporto con Francesco, aveva chiesto al Papa se non ritenesse necessario per sostenere il suo messaggio convocare un Concilio Ecumenico, il Papa ha dato una risposta semplice ed insieme drammatica: è ora di attuare le grandi scelte del Concilio Ecumenico Vaticano II.

Naturalmente, come sempre accade, bisogna difendersi dalle inevitabili semplificazioni, alcune caricaturali, che i mass media si incaricano di darci dell’Enciclica: un Papa ambientalista; una Chiesa per la decrescita; un Pontefice anti mercato ed anticapitalista, e via banalizzando.

L’Enciclica non è contro il mercato, ma denuncia “ una concezione magica del mercato”. L’ambiente è uno di quei beni che i meccanismi di mercato non sono in grado di difendere adeguatamente” . Ma più in generale e non solo per i temi ambientali, ..la razionalità strumentale che apporta solo un’analisi statica della realtà in funzione delle necessità del momento, è presente sia quando ad assegnare le risorse è il mercato, sia quando lo fa uno Stato pianificatore.

Non è contro la dimensione imprenditoriale: l’attività imprenditoriale, che è una nobile vocazione orientata a produrre ricchezze e migliorare il mondo per tutti, può essere un modo molto fecondo per promuovere la regione in cui colloca la sua attività soprattutto se comprende che la creazione di posti di lavoro è parte imprescindibile del suo servizio al bene comune.

Soprattutto non è contro la tecnica che, citando Giovanni Paolo II  definisce come  un prodotto meraviglioso della creatività umana che è un dono di Dio.

La Laudato si non è un documento per la decrescita.  Semplicemente fotografa la situazione di un pianeta spezzato in due: il Nord del mondo, ricco, pauroso, consapevole che il proprio modello di sviluppo, il suo turbo capitalismo non può essere un modello di sviluppo mondiale; un Sud del mondo ampiamente creditore nei confronti del Nord in termini ecologici e  in cui sono negati i principali diritti: dalla vita, alla casa, all’istruzione. Ed il Nord del mondo, pauroso e contratto nel suo egoismo ( in tutti i paesi  dell’Ocse siamo siamo sotto il tasso di riproduzione della popolazione)  è incapace di modificare i propri meccanismi orientati ad una crescita convulsa, diseguale e divoratrice di risorse ambientali. Quindi una certa decrescita in alcune parti del mondo, procurando risorse perché si possa crescere in altre parti , è un approccio di buon senso. Come pure è puro buon senso evitare sprechi di beni ed energia. Rallentare un determinato ritmo di produzione e di consumo  può dare luogo ad un’altra modalità di progresso e di sviluppo…  Non si tratta di fermare la creatività umana ed il suo sogno di progresso, ma piuttosto di incanalare tale energia in modo nuovo.

Come dicevo, non si tratta di un testo sull’ambiente, ma sullo sviluppo sostenibile. E l’Enciclica detta alcuni principi, da alcuni giudizi, che non possono dar luogo a troppe interpretazioni, anche se numerosi sono  già i tentativi di introdurre improbabili distinguo, interpretazioni edulcorate, letture rassicuranti. 

Inutile commentare un testo che è di assoluta chiarezza. Il principio della massimizzazione del profitto che tende ad isolarsi da qualsiasi altra considerazione è una distorsione concettuale dell’economia. .. Molti di coloro che detengono più risorse e potere economico o politico sembrano concentrarsi soprattutto nel mascherare i problemi o nascondere i sintomi. Nei settori più ricchi delle società l’abitudine a sprecare  e buttare via raggiunge livelli inauditi.

La sottomissione della politica alla tecnologia ed alla finanza si dimostra nel fallimento dei vertici mondiali dell’ambiente. L’economia assume ogni sviluppo tecnologico in funzione del profitto, senza prestare attenzione ad eventuali conseguenze negative per l’essere umano. La finanza soffoca l’economia reale. Non si è imparata la lezione della crisi finanziaria mondiale….il salvataggio ad ogni costo delle banche, facendo pagare il prezzo alla popolazione, senza la ferma decisione di rivedere e riformare l’intero sistema, riafferma un dominio assoluto delle finanze che non ha futuro e che potrà solo generare nuove crisi dopo una lunga, costosa e apparente cura.  La crisi finanziaria del 2007-2008 era l’occasione per sviluppare una nuova economia più attenta ai principi etici, e per una nuova regolamentazione dell’attività finanziaria speculativa e della ricchezza virtuale.

Un giudizio netto, duro, inequivocabile. Ma sbaglierebbe chi pensasse che si tratta di una denuncia e di una proposta riferita solo ai potenti del mondo, alle classi dirigenti, ai detentori del potere politico e finanziario.

L’Enciclica chiama alla responsabilità ciascuno di noi; chiede comportamenti coerenti a tutti. Pur essendo un documento articolato, per certi versi minuzioso; pur avendo solidissime basi di conoscenza dei dati dei problemi evocati, è scritta in modo comprensibile a tutti. E’ scritta perché tutti la leggano e tutti ne siano interpellati in modo diretto. Ciascuno di noi è chiamato a dare un suo contributo di coerenza nei comportamenti e di lotta perché le cose cambino.  Vi è nella Laudato si, una domanda, evidentemente retorica, ma molto forte e, per certi versi drammatica: E’ realistico pensare che chi è ossessionato dalla massimizzazione del profitto si fermi a pensare agli effetti ambientali che lascerà alle prossime generazioni?

Laudato si apre una stagione di forte impegno ed anche di lotta coraggiosa. Il che non contrasta con l’affermazione che l’ unità è superiore al conflitto, ma esclude posizioni di estraneità e di indifferenza.

E proprio per questo vi è una prima operazione da fare: smentire duramente il giudizio di quanti, esaltando la grandezza di Francesco, sottolineando il valore dell’Enciclica, ci mettono in guardia rispetto alla circostanza che si tratta di un uomo solo, di un profeta lucido, ma destinato ad essere inascoltato.  Invece no: ricordiamoci del pensiero di Krugman, di Sen, di Stiglitz; incominciamo a tenere nel giusto conto le riflessioni di Stefano Zamagni , di Leonardo Becchetti e di tanti altri. Ma anche recuperiamo il contributo di Giorgio Fuà,  di Federico Caffè, di Sylos Labini. 

E soprattutto diamo voce ed investiamo in tante esperienze che, sempre più numerose, assumono la sostenibilità come valore irrinunciabile nel fare impresa e per lo sviluppo. Non consideriamo più queste esperienze come apprezzabili sforzi isolati, ma insignificanti e velleitari su larga scala. Vediamoli per quelli che sono: l’unico percorso per alimentare la speranza di un mondo migliore, l’unica possibilità che abbiamo  per “uscire dalla spirale di autodistruzione nella quale stiamo affogando”.

 

 (*) Presidente Fondazione con il Sud

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