Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) da grande opportunità rischia di essere l’ennesima occasione persa per lo sviluppo, il rilancio, e la modernizzazione del nostro Paese.
Da sindacalista ho sempre pensato che il PNRR vada misurato non solo per la capacità di spesa effettiva che si riesce a mettere in campo (e già su questo l’amministrazione pubblica sta dimostrando di avere grossi limiti strutturali tra burocrazia e poca capacità progettuale) ma ho sempre pensato e ritenuto, che esso vada misurato rispetto alla capacità di modernizzazione che riesce a mettere in campo per il Paese con i suoi progetti e soprattutto, per quanti investimenti esteri e nazionali privati riesce a mobilitare.
Purtroppo la discussione intorno alla sua rimodulazione, a cui stiamo assistendo dal cambio di Governo, rischia di essere una discussione al ribasso, con le amministrazioni pubbliche e il governo che stanno valutando se rinunciare a una parte delle risorse del PNNR a causa dell’incapacità di entrambe di riuscire a spendere la grande quantità di denaro messa a disposizione.
Continuo però a pensare che il nostro Paese davanti a questa opportunità non può giocare in difensiva o al ribasso. Il PNRR rappresenta un’occasione unica e straordinaria di rilancio e modernizzazione e serve assolutamente che si affidino e centrino gli obiettivi soprattutto su quelli che sono i bisogni fondamentali del Paese.
Vanno bene tutti i progetti ma sono convinto che se puntiamo semplicemente al rifacimento dei nostri meravigliosi borghi medievali, al rifacimento delle scuole, tutti i temi importanti, non andiamo molto lontano – facciamo un po’ di manutenzione straordinaria – ma non facciamo quella vera innovazione, quello sviluppo, necessario all’Italia per essere un Paese moderno e competitivo capace di rimanere tra i primi paesi industrializzati del Mondo nei prossimi 100 anni.
E’ per questo che una delle riflessioni aperte nel dibattito pubblico, e che credo il sindacato debba fare propria, è se e come scegliere i soggetti che meglio possono sviluppare i progetti di modernizzazione legati alle possibilità offerte dall’Europa con il Next Generation EU.
Credo che, innanzitutto, bisogna capire come le amministrazioni pubbliche e il governo possano cooperare con il mondo dell’industria nel realizzare dei progetti che rapidamente possano essere messi a terra e che siano di volano allo sviluppo anche delle aree più arretrate del Paese.
Non dobbiamo dimenticare che il PNNR è una grande opportunità che si pone davanti a noi proprio in un momento in cui l’industria e la manifattura stanno vivendo grandi transizioni, quella digitale e quella green. Senza una presa di coscienza della necessità comune di centrare questo passaggio epocale di riconfigurazione del sistema produttivo, rischiamo di lasciare sole le imprese senza le risorse adeguate. Mettere in campo un patto tra governo italiano e industria per un’accelerazione degli investimenti ma soprattutto una collaborazione attiva per individuare quelle infrastrutture e poli d’eccellenza che riescano a rendere appetibile e competitivo il nostro Paese nelle transizioni.
Per questo dobbiamo unire le forze, mettere a fattor comune tutte le nostre capacità e intelligenze e individuare alcuni progetti centrali su cui convergere.
Dal nostro punto di vista vediamo come prima necessità, che tutti dovremmo cogliere con il PNRR, la necessità di accelerare sulla digitalizzazione delPaese.
Oggi L’Italia si colloca in 23° posizione, tra i 27 paesi UE per quanto riguarda la digitalizzazione, con particolari lacune nel capitale umano. Ciò significa che i maggiori limiti si hanno proprio dal punto di vista delle competenze digitali di livello specialistico, che nel nostro Paese risultano essere una rarità, ma anche dal punto di vista della diffusione della rete digitale e della capacità di portare al cittadino e soprattutto alle aziende (in particolare le PMI e quelle artigiane)di tutto il Paese reti digitali che permettano a quest’ultime di essere competitive e moderne attraverso tutte le opportunità che il digitale offre.
La tecnologia 5G è ormai una realtà che permette di fare quei salti tecnologici di modernizzazionee di modi di produrre e gestire i servizi necessari e a cui dobbiamo guardare con grande interesse.
La costruzione di una rete, insieme a partner privati, sia fondamentale e una grandissima occasione a cui bisogna guardare e indirizzare molte risorse.
Cittadini e imprese hanno bisogno di una rete veloce ed efficiente e di quella capacità offerta dalle moderne tecnologie digitali per poter ricevere sevizi di qualità e competere sui mercati internazionali.
Abbiamo anche la necessità, in secondo luogo, di guardare la grande transizione energetica, vediamo spuntare per l’Italia tantissimi piccoli progetti che puntano a sperimentare le modalità di produzione con l’idrogeno.
Non possiamo immaginare di lasciare questi piccoli progetti sparsi e abbandonati a sé stessi, serve fare massa critica, mettere in campo i grandi gestori e player nazionali dell’energia. Unire tecnologie, ricerca e investimenti creando poli centralizzati e soprattutto la capacità di anticipare quell’idrogeno verde declinato nelle varie tecnologie e che sia al servizio delle varie filiere manifatturiere. L’obiettivo comune deve essere quello di riuscire, come avvenuto nel dopoguerra, ad avere attraverso le nostre imprese la necessaria energia pulita per poter accelerare una transizione energetica che non può essere di lunghissima durata, altrimenti rischiamo di affidarci a soluzioni transitorie, costose e incerte. Questa seconda priorità è assolutamente necessaria per riuscire a essere competitivi e moderni come Paese nella nuova era dell’economia decarbonizzata.
Il settore metalmeccanico vede nella transizione dell’automotive il principale banco di prova di quella che è una transizione ambientale e digitale che non possiamo fermare.
Inutile pensare di polemizzare o di condizionare le politiche europee. Sono le grandi case costruttrici, sono gli investitori e i consumatori che ormai puntano verso una mobilità sostenibile.
L’Italia non ha solo il grande costruttore Stellantis e le grandi eccellenze della Motor Valley Emiliana, ma anche e soprattutto tante aziende di componentistica che oltre a rifornire i player nazionali esportano componentistica auto in tutto il mondo.
Non possiamo lasciare queste piccole e medie eccellenze del “made in Italy” sole davanti alla transizione digitale e green dell’auto.
Il PNRR deve assolutamente costituire modalità per mettere in campo e finanziare la ricerca e quell’attrazione degli investimenti necessari per la nuova mobilità sostenibile. Non possiamo limitarci come abbiamo fatto finora a contare i posti di lavoro a rischio nell’automotive per il superamento dei motori endotermici.
Dobbiamo assolutamente costruire una mappa che permetta d’identificare nel Paese le necessarie leve per attrarre investimenti nazionali ed esteri – tutti legati e orientati alla nuova mobilità green.
In ultimo l’Italia, ha nelle sue aziende a partecipazione statale, una serie di campioni capaci di mettere in campo possibilità di ricerca avanzata per la definizione di nuove tecnologie soprattutto per il trasferimento tecnologico alle PMI.
Dobbiamo sostenere la capacità di progettualità, ricerca e innovazione industriale di queste grandi imprese e assicurarci che queste trasferiscano innovazione a quella grandissima spina dorsale fatta di tantissime piccole e medie imprese che rappresentano il sistema economico del nostro Paese. In sostanza ad un piccolo produttore di marmitte di oggi inserito nel mondo dell’automotive, devo avere la capacità come Paese di fornire centri tecnologici e di innovazione capaci di governare e assistere l’impresa a ripensarsi con nuovi prodotti, nuovi mercati. Queste sono le grandi sfide che abbiamo davanti in un Mondo che sta cambiando tra transizioni tecnologiche e nuovi assetti geopolitici. Il PNRR con le sue risorse può rappresentare una grande occasione di trasformazione economica, sociale e di benessere fattiva e costruttiva per portare il Paese verso un futuro.
*Segretario Generale FIM CISL