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La crisi della politica e il centro che manca

La recente evoluzione del sistema politico italiano, contrassegnata dall’andata al potere della destra di Giorgia Meloni, sta producendo una profonda trasformazione della politica, verso approdi ancora non completamente definiti, ma che suscitano profonda preoccupazione. Una destra arrivata al governo, per la prima volta nella storia della Repubblica, senza una vera competizione elettorale, per la mancanza di una coalizione competitiva di centrosinistra, come effetto della divisione dei partiti che tradizionalmente la compongono. 

L’elemento decisivo di tale divisione è stato il rifiuto pregiudiziale e radicale di Carlo Calenda (Azione), di realizzare qualsiasi alleanza con il M5S. Il partito di Conte ha reagito in termini di maggiore diffidenza nei rapporti con il Pd, contribuendo, in tal modo, a regalare il governo a Meloni & C., nonostante la somma dei voti potenziali delle due coalizioni fosse 47 a 44% a favore del centrosinistra. Questa assenza di ruolo del centro nel centrosinistra, non solo spiega la sconfitta programmata della coalizione, ma proietta forti e preoccupanti interrogativi sul futuro del Paese. 

Il governo Meloni si sta infatti caratterizzando, non tanto nella capacità di governare il Paese sulle vie dello sviluppo economico e sociale, dove sta manifestando limiti evidenti (vedi PNRR, lavoro e welfare), quanto nel tentativo di cambiare la natura culturale e politica dell’Italia, attraverso un esercizio spregiudicato del potere, la conquista dei diversi ambiti pubblici nei quali esso si esercita, con una sistematica azione di propaganda, tesa a realizzare una sorta di nuova egemonia culturale della destra, condizionata  soltanto dai limiti ed errori della sua classe dirigente. 

In sintesi, la crisi politica attuale si spiega soprattutto con due fatti: l’ascesa al governo della destra e l’assenza del centro protagonista, essendo l’attuale Pd piuttosto ai margini. Un recente, interessante saggio di Pietro Craveri, dal titolo impegnativo: “Dalla democrazia incompiuta alla postdemocrazia” analizza l’evoluzione del sistema politico italiano durante la Repubblica, assumendo il centrismo come modello caratterizzante la sua storia. Dalla sua realizzazione compiuta nel periodo degasperiano, durante il quale seppe realizzare stabilità politica e sviluppo economico all’interno, e gettare le basi della politica estera con le scelte atlantica ed europea, definendo nei fatti i confini della democrazia italiana. 

Il periodo successivo, segnato dal tentativo di Moro di aggiornare e perfezionare il modello centrista, ampliandone la partecipazione con l’apertura a sinistra, non raggiunse l’obiettivo, per la conflittualità nei partiti e nell’azione di governo, unita ai cambiamenti internazionali che ridussero la stabilità, resero meno chiare le finalità politiche del tentativo, fino alla sua fine. Dopo, si è avviato, soprattutto tramite Berlusconi, il tentativo di dar vita ad un bipolarismo con alternanza al potere, ma la crisi della forma partito e la conflittualità endemica nel sistema determinarono la crisi del modello. 

In seguito. si è avviato un processo con elementi di postdemocrazia, caratterizzati da radicalizzazione dei rapporti politici, dalla nascita di spinte populiste e sovraniste, con il Parlamento ridotto a ratifica dell’attività dell’esecutivo, dalla personalizzazione del dibattito pubblico da parte di leadership nate non sempre dai partiti. Tutte tendenze che mettono in discussione aspetti della democrazia parlamentare con l’accentuarsi di processi plebiscitari ed esiti problematici, tutti da verificare. 

Oggi il vuoto determinato dall’assenza di un vero centro politico rappresenta una parte rilevante della nostra crisi politica, mentre il Pd, confusamente preoccupato di dar vita a una sua identità di sinistra, e meno interessato all’alternativa di governo, non avverte tale necessità. Nella odierna realtà non rappresentano il centro, così come necessita alla nostra politica, né Forza Italia, né i gruppuscoli moderati e subalterni che sopravvivono nel centrodestra. Analogo giudizio di inadeguatezza riguarda l’attuale Terzo polo, sia perché nato da uscite dal Pd di leader alla ricerca di successi immediati, sia per i loro errori nell’interpretare il ruolo del centro nella politica attuale. 

Per tutto questo, credo che  un nuovo partito di centro, di segno liberaldemocratico, vocato a contribuire al governo  del Paese, e, in tal senso, disponibile ad allearsi con la coalizione in grado di offrire le migliori garanzie di sviluppo democratico, potrà nascere solo ex novo, da un leader nuovo, disponibile a costruire un nuovo soggetto politico sulla base di una precisa identità e strategia, idonee a interpretare l’odierna realtà politica  del Paese, senza affidarsi a scorciatoie di ideologie o semplicemente a culture politiche del passato. Una scelta difficile, ma necessaria per il futuro politico dell’Italia. Manca soltanto chi sappia capire e interpretare tale ruolo. Lo spazio esiste ed è ampio. Colui che riuscirà a coprirlo è destinato a cambiare la storia politica del Paese.

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