L’intervista al politologo. “È simile a Orbán e spingerà leader come Meloni a seguire il suo populismo. Cercherà di usare il sistema giudiziario per punire i nemici”
«Trump alla Casa Bianca accelererà la progressiva dissoluzione della democrazia liberale, e altri governi populisti europei come quello italiano lo seguiranno». Secondo lo studioso di Stanford Francis Fukuyama la storia accelera, ma nella direzione sbagliata. Apre la porta a minacce come l’invasione di Taiwan, aggressioni russe in Europa, conflitto Usa-Iran, guerre commerciali, fine della stabilità che l’ordine basato sulle regole emerso dopo la Seconda guerra mondiale ci ha garantito finora.
Perché gli americani sono tornati a Trump?
«Un simile terremoto sociale ha cause complesse, ma due in particolare hanno determinato il risultato delle elezioni. I partiti si sono scambiati posto e la classe lavoratrice è passata dai democratici ai repubblicani. Il processo era in corso da trent’anni, ma ha accelerato con Trump. I democratici sono visti come il partito dell’elite, che ha perso contatto con la classe media e lavoratrice. Professionisti istruiti che si preoccupano delle minacce alla democrazia, ma non dell’inflazione, e sul piano culturale hanno abbracciato tematiche woke che li allontanano dal popolo. A ciò si è aggiunta la questione del genere. I democratici hanno scommesso sulle donne pensando di vincere grazie all’aborto, ma così hanno perso gli uomini, in particolare i giovani».
Gli americani non credono più al liberalismo classico?
«No, ma rifiutano le sue distorsioni. Tipo il neoliberismo, che spingendo la globalizzazione ha devastato
la classe lavoratrice, e le politiche dell’identità, dove razza, genere e orientamento sessuale ti definiscono prima di giudicarti come persona».
Sta accadendo anche in Europa?
«Certo, guardate gli ex comunisti italiani che votano Meloni. È lo stesso fenomeno: la sinistra ha perso contatto con la classe lavoratrice. La sua agenda, ad esempio, è stata costruita intorno ai partiti verdi, spazzati via nelle ultime elezioni europee».
Meloni seguirà Trump?
«Assolutamente. Vedere la più grande e antica democrazia che si muove verso il populismo sarà un’enorme ispirazione per questi partiti, e un pericolo per tutti gli altri».
Alcuni hanno denunciato il rischio di derive fasciste negli Usa.
«Vedo un progressivo deterioramento della democrazia liberale, come Orbán in Ungheria, più che Hitler. Trump è ossessionato dalla vendetta e potrebbe cercare di usare il sistema giudiziario per perseguitare quelli che considera nemici interni».
Minaccia la libertà di espressione, lo stato di diritto, il sistema democratico in generale?
«Ha detto che vuole togliere le licenze ai media critici verso di lui. Potrebbe usare mezzi come il fisco per perseguitare giornalisti, ceo, organizzazioni, ed erodere lo stato di diritto».
È stato accusato di essere “fascista nell’animo”.
«È probabile un deterioramento della democrazia liberale, più di un collasso. A meno che non esageri su iniziative come le tariffe, che avrebbero un effetto devastante sull’economia, o l’epurazione dei nemici e i rastrellamenti degli immigrati, che potrebbero generare una forte reazione elettorale nel 2026».
Perché i dazi sono sbagliati?
«Agli americani non piace l’inflazione, ma le tariffe la scateneranno, facendo salire i prezzi. Poi dovremo aspettarci ritorsioni dai partner commerciali, come negli anni Trenta, quando le guerre commerciali avevano inasprito la Grande depressione».
L’Unione Europea dovrà reagire con misure simili?
«Non vuole la guerra commerciale, ma non vedo come possa accettare dazi unilaterali americani che la danneggiano profondamente».
Le tariffe non sono lo strumento principale contro Pechino?
«Sì, e lo stesso Biden le ha lasciate in vigore. Ma la Cina compra molti beni da noi, come i prodotti agricoli, e se Trump lancerà un’escalation ha il potere di scatenare rappresaglie dolorose».
Difenderà Taiwan?
«Non si è mai impegnato come Biden, suggerendo che Taipei non paga per la protezione. Se Pechino vuole invadere, sa che non deve aspettarsi una reazione forte da Trump, perché non ha alcuna intenzione di coinvolgere l’America nel conflitto internazionale più grande delle nostre vite. Ciò rende l’attacco più probabile».
Cosa si aspetta in Ucraina?
«Kiev sarà la grande perdente. È già in difficoltà per mancanza di uomini e i limiti imposti da Biden all’uso delle armi. Il vice Vance ha proposto il piano di pace di Putin. L’unica maniera di ottenere un cessate il fuoco sarebbe dare all’Ucraina le garanzie della Nato, ma Trump non lo farà mai, lasciandola vulnerabile».
Trump uscirà dall’Alleanza Atlantica?
«Abbandonarla formalmente richiederebbe troppo lavoro. È più facile che indichi la volontà di non onorare l’Articolo V».
Putin si sentirebbe incoraggiato ad attaccare altri Paesi europei?
«Certo, è interamente possibile. Sta già facendo molto per destabilizzare Moldova e Georgia. I baltici sono più protetti, ma se Trump rinnega l’Articolo V Putin sarà tentato di attaccarli».
In Medio Oriente darà mano libera a Netanyahu, o cercherà di allargare gli Accordi di Abramo all’Arabia Saudita?
«Ci proverà, ma non credo che andrà lontano, perché i sauditi non sono interessati. Se invece darà mano libera a Netanyahu rischiamo una guerra con l’Iran, che trascinerà dentro anche gli Usa».
L’ordine globale nato dalla Seconda guerra mondiale è finito?
«Temo di sì. Gli elettori americani hanno votato Trump per altre ragioni, inflazione e immigrazione, ma l’impegno per la difesa dei valori di quel sistema è indebolito».
Esistono ancora “guardrail” che possono contenerlo?
«Forse i tribunali, o le elezioni Midterm del 2026. Non tutto è perduto».