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Green New Deal, zero scarti, alberi: lo spartito vincente

Nel 1859 Darwin pubblica “L’origine delle specie”, rivoluziona la teoria creazionista della vita ed inaugura la teoria dell’evoluzione per mutazione e selezione naturale, una combinazione di caso (le mutazioni genetiche sono casuali) e di necessità (le condizioni ambientali cambiano per l’azione di fattori non direttamente controllabili dalle specie viventi). (Luca e Francesco Cavalli Sforza, Introduzione a “L’origine delle specie” Bollati-Boringhieri).

“La selezione naturale è una forma di disegno intelligente, senza bisogno di maiuscole: interviene ovunque vi sia autoriproduzione e mantiene in vita le specie nel modo più efficiente. O, se preferiamo, l’azione combinata di mutazione e selezione naturale è un disegno quasi-intelligente, perché c’è parecchio spreco, un’infinità di tentativi e molti insuccessi. Eppure in quattro miliardi di anni (di età della vita sulla terra, ndr) ha generato una varietà stupefacente di forme di vita ben funzionanti.” (ibid.)

Nel terzo capitolo de “L’Origine delle specie “, dedicato alla Lotta per la vita, Darwin offre una serie straordinaria di dimostrazioni empiriche relative all’interdipendenza strutturale dei viventi, animali, vegetali, umani ed alla connessione in un’unica rete sistemica del singolo col tutto, del tutto col singolo, del tutto col tutto.

Una filiera vitale integrata, molto istruttiva, descritta da Darwin, è quella dei bombi, imenotteri più grandi delle api e con un’organizzazione collettiva simile ma meno numerosa, molto pelosi, con la livrea gialla e nera, grandissimi impollinatori di fiori. 

Citando uno studio di M.H. Newman, che li aveva studiati a lungo e con profondità, Darwin ricostruì la catena sistemica: il numero dei bombi dipende, in gran parte, dal numero dei topi campagnoli che distruggono i loro favi ed i loro nidi ed hanno nei gatti i loro nemici naturali. Newman aveva, infatti, rilevato che nei villaggi e nei borghi, dove un gran numero di gatti girano liberi, il numero di nidi di bombi era di gran lunga superiore ad altri ambienti perché i gatti mantenevano in equilibrio il numero dei topi. 

“E’, dunque, credibilissimo che la presenza di un gran numero di gatti in un distretto determini, mediante l’intervento dei bombi e delle api la quantità di certi fiori nel distretto stesso.”

Bombi, topi, gatti, fiori, frutti, semi: ecco un buon esempio di filiera vitale sistemica nella quale il venir meno di una sola componente determina la rottura dell’equilibrio complessivo (pochi gatti, troppi topi, pochi bombi, meno impollinazione, meno frutti, meno semi, meno riproduzione vegetale, meno alimenti per animali ed umani). 

In un testo, di grande interesse (La nazione delle piante, Laterza, 2019) Stefano Mancuso (Direttore del Laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale dell’Università di Firenze) racconta un evento, drammaticamente esplicativo, molto pertinente per le nostre brevi considerazioni.

Negli anni 1958-1962, l’epoca del “Grande Balzo in Avanti” Mao-Tse-Tung ed il Partito Comunista Cinese (al potere dal 1949) avviarono il programma per debellare la devastazione scatenata dal carattere endemico delle malattie infettive sulla popolazione cinese (peste, colera, vaiolo, tubercolosi, poliomielite, malaria) attraverso imponenti campagne di vaccinazione e la creazione di un Servizio Sanitario Nazionale. Il Programma prevedeva l’attacco massiccio ai vettori di diffusione delle malattie: zanzare, portatrici di malaria; topi responsabili della diffusione della peste; mosche, portatrici di virus. Ai tre “flagelli” citati furono aggiunti i passeri che, consumando 4,5 kg pro capite di grano all’anno (oltre a frutta e riso), secondo i calcoli degli scienziati cinesi sottraevano cibo, su base annua, a 60.000 persone per ogni milione di passeri. La loro distruzione avrebbe liberato il corrispettivo di risorse alimentari per il popolo che, con fatica, le produceva. “Oggi, qualunque iniziativa di cambiamento dell’ecosistema così radicale come quella di eliminare ben quattro specie da un territorio vasto come la Cina, sarebbe, ovviamente, ritenuta sconsiderata, ma nel 1958 a molti sembrò un’ottima idea.” (ibid.)

I risultati furono catastrofici. La quasi totale scomparsa dei passeri e di altri uccelli favorì la crescita smisurata delle popolazioni di insetti, privi dei nemici naturali che ne controllavano e ne mantenevano in equilibrio l’espansione, soprattutto di locuste la cui crescita esponenziale distrusse gran parte delle colture sull’intero territorio. La situazione, già devastante, fu aggravata da una serie di disastri naturali che fra il 1959 ed il 1961 determinò una terribile carestia e la morte di un numero di persone, mai ufficialmente quantificato, ma stimato fra i 20 ed i 40 milioni.

Un’ecatombe! I passeri furono reimportati dall’URSS!

 

La lezione di Darwin e la vicenda dei passeri di Mao (esempio di una lunga sequenza), oggetto di omaggi formali e di rimozioni sostanziali, sono rimaste mute per la nostra specie (soprattutto per i gruppi dirigenti), autocertificata “Sapiens, Sapiens”, in realtà “Sapiens Inconsiderata” (irresponsabile).

Dal 1988, anno di inizio dei grandi Summit planetari sul riscaldamento del pianeta, effetto serra, necessità di contenerlo ed abbatterlo, passando per la “Convenzione quadro sui cambiamenti climatici” (1992), per il Protocollo di  Kyoto (1997), sino all’Accordo di Parigi (2015), le emissioni di CO2 sono aumentate del 40%. 

Senza Convenzioni, Protocolli, Accordi non vincolanti sarebbe stato peggio? E’ probabile, ma non certo assolutorio!

Negli ultimi 540 milioni di anni la Terra ha subito 5 grandi estinzioni di massa, nelle quali scomparvero fra il 70% ed il 96% delle specie viventi, ed un numero significativo di estinzioni minori. 

Nel 2017, 15.364 scienziati di 184 Paesi hanno firmato una Dichiarazione (“World Scientists’ Warning to Umanity: A second Notice”) nella quale sostenevamo che “abbiamo scatenato un evento di estinzione di massa, il sesto in circa 540 milioni di anni, in cui molte forme di vita attuali potrebbero essere annientate o sulla via per l’estinzione entro la fine di questo secolo.”

Non diversamente, nel 2014, un gruppo di scienziati della Duke University stimò il tasso di estinzione delle specie viventi sulla terra, prima dell’apparizione dell’uomo, pari a 0,1 specie estinte per milione di specie per anno. Il tasso di estinzione attuale viene stimato superiore di 1.000 volte ed i modelli previsionali di medio periodo calcolano un tasso di estinzione sino a 10.000 volte superiore.

“Sono i numeri di un’apocalisse. Mai nella storia del pianeta, anche durante le più catastrofiche estinzioni di massa, si sono raggiunti tassi di estinzione così elevati e, soprattutto, compressi in un così impercettibile lasso di tempo. Le passate estinzioni di massa di cui si ha conoscenza, sebbene veloci, si sono sempre manifestate lungo un arco di milioni di anni. L’attività umana, al contrario, sta concentrando la sua letale influenza sulle altre specie viventi in una manciata di anni. L’intera storia dell’Homo Sapiens inizia soltanto 300.000 anni fa, meno di un battito di ciglia per i tre miliardi e ottocento milioni di età della vita.” (S. Mancuso, op. cit.).

Di fronte all’evidenza di una deriva che investe le condizioni stesse della vita sulla Terra, la dialettica fra tendenza catastrofica inerziale e controtendenza al riequilibrio ha ripreso vigore.

Ad essa contribuiscono importanti riconversioni industriali già realizzate ed in atto (sviluppo di modelli di economia circolare; chimica verde, passaggio al settore delle fonti energetiche rinnovabili di interi gruppi petroliferi quali ERG, crescita degli investimenti nelle energie alternative); l’assunzione di vincoli di sostenibilità ambientale nei modelli di investimento di grandi gruppi finanziari globali, a partire da Blak Rock; corsi azionari delle imprese e dei gruppi industriali green comparativamente molto migliori dei concorrenti tradizionali, segno che i mercati finanziari considerano vincente la tendenza; pressione, crescente, dell’opinione pubblica e dei movimenti giovanili passasti alle cause giudiziali (vincenti) contro le inadempienze dei Governi e la distruzione del loro diritto al futuro; Vertice sul clima fra Biden ed i leaders globali il 22 aprile u.s., in occasione della giornata mondiale per la terra, che ha ribadito e reso più stringenti gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, dopo il nefasto, repulsivo quadriennio dell’Amministrazione Trump.

Il Next Generation EU, il Recovery and Resilience Facility ed il Piano Nazionale di Ripartenza e Resilienza che ne ha tradotto l’impostazione per l’Italia, rappresentano, senza dubbio, il colpo d’ala che, per la prima volta, concretizza i principi di sostenibilità    ambientale e sociale in un Progetto europeo vincolante, finanziato con debito europeo e distribuito ai Paesi membri secondo criteri di priorità solidale.

Al Green New Deal (energie rinnovabili, efficienza energetica, tutela del territorio e delle risorse idriche, agricoltura sostenibile, mobilità sostenibile) dev’essere associata la transizione all’economia circolare, un cambiamento di paradigma produttivo, distributivo, nei consumi, negli stili di vita, nei modelli culturali (opposto al “produci, distribuisci, consuma, butta”) che nel PNRR è residuale sia sotto il profilo finanziario, sia perché ridotta a componente del ciclo dei rifiuti.

Da ultimo, non certo per importanza, la centralità della riforestazione planetaria, l’unica operazione (peraltro poco costosa) che può completare il dispositivo strategico perché a differenza degli altri interventi che contengono il tasso di crescita delle emissioni di CO2, abbatte, attraverso la fotosintesi clorofilliana, i volumi di CO2 ed è in grado di invertire radicalmente la tendenza.

Green New Deal, Economia circolare, Riforestazione. Ecco le tre leve, coordinate, contestuali, sistemiche di una strategia realistica, strutturale, potenzialmente vincente. 

Abbiamo imparato, dal modello di “ecologia integrale” dell’Enciclica “Laudato Si’” che il grido della Terra, gravemente ferita, ed il grido, non meno lacerante, dei poveri è lo stesso grido; che questione ambientale e questione sociale esprimono, ognuna al suo livello, le stesse tare strutturali di un modello di sviluppo insostenibile.

Per queste semplici, motivate ragioni una strategia di sostenibilità integrale richiede l’apertura di segmenti di governance globale (dalla prevenzione agli interventi di cure pandemiche; ai vincoli ambientali; ai diritti ed alle tutele fondamentali della dignità inalienabile della persona) associati ad una governance partecipativa dei PNRR nazionali capace di coinvolgere il protagonismo della società civile, il suo slancio progettuale, la sua esperienza di gestione sul campo, a partire dalle Rappresentanze del Lavoro.

 

*Presidente Fondazione Tarantelli

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