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La delocalizzazione delle imprese nella legge di bilancio 2022

Trattasi di un tema socialmente sensibile, cui la legge di bilancio n.234 del 30/12/2021 tenta di dare una soluzione di contrasto attraverso una serie di disposizioni contenute  nei commi da 234 a 238 dell’articolo 1.

Prima di entrare nel merito dei profili tecnico-operativi, mirati in buona sostanza a rendere più costosi i licenziamenti e, comunque, a promuovere medianteuna  articolata procedura, anche per soluzioni alternative, opportune intese sindacali con il coinvolgimento delle competenti istituzioni, ci si interroga da parte degli operatori interessati sulla effettiva portata dissuasiva del provvedimento.

A fronte delle critiche generalizzate, che non possono non essere in gran parte condivise, non sfuggite del resto agli stessi organi istituzionali preposti, verrebbe spontaneo pensare che la posizione assunta sia di fatto  sperimentale, valutabile a posteriori, in funzione dei risultati raggiunti; posizione, tuttavia, anch’essa criticabile sulla base di talune evidenze nel mondo economico lavorativo.

Tra queste, rimane la constatazione di fondo, al di fuori delle misure varate, riferita all’ atteggiamento di talune società multinazionali straniere che, dopo le agevolazioni iniziali, operano le loro scelte sulla base del costo del lavoro.

È stato anche notato che i destinatari del provvedimento, scelti sulla base di un parametro occupazionale alto (almeno 250 dipendenti) rappresenterebbero una parte scarsamente significativa sotto l’aspetto occupazionale, mentre è diversa la sensibilità alle sanzioni tra le multinazionali, caratterizzate dalle grandi dimensioni e le imprese di medie dimensioni.

In ogni caso, i limiti imposti, più avanti esplicitati, finiscono per dissuadere anche le medie aziende straniere dall’investire in Italia.

C’è chi vede il provvedimento – come di fatto finisce per esserlo- inconsapevolmente strumentale alla regolamentazione, sia pure in modo nuovo o costoso, della procedura di licenziamento.

Naturalmente, come viene da più parti suggerito,  le strategie di intervento auspicabili dovrebbero indirizzarsi, tenuto conto peraltro anche dell’emergenza da Covid-19 non destinata a cessare nell’immediato, a rafforzare taluni incentivi, anche nuovi, relativi agli investimenti, a cominciare dalle facilitazioni nelle assunzioni di personale.

Sostanzialmente, il quadro politico economico e l’esame delle normative internazionali consigliano, quindi, misure che incentivino e non già dissuadano dall’investire nel nostro Paese. Tra queste, non può non essere citata la revisione, al di là dell’impegnativa riforma vera e propria, pure indispensabile, della imposizione fiscale, attestata su una soglia di oltre il 60%; meritano considerazione, per gli stessi fini, anche i tempi della giustizia civile, con la definizione processuale calcolata mediamente, come è noto,  in sette anni.

 

Passando al quadro operativo che incide soprattutto, come si anticipava, sulla chiusura dell’attività con l’introduzione di nuovi obblighi, esso è così articolato:

  • Il campo di applicazione attiene ai datori di lavoro che nell’anno precedente abbiano occupato mediamente 250 lavoratori subordinati, compresi i dirigenti e gli apprendisti e che si trovino nella necessità di chiudere “una sede, uno stabilimento, una filiale, un ufficio, un reparto autonomo situato nel territorio nazionale con cessazione definitiva della relativa attività e con un licenziamento di un numero di lavoratori non inferiore a 50” (si prescinde dai licenziamenti dovuti ad altra causa).

Sono esclusi dalla procedura i datori di lavoro in crisi patrimoniale o economica, che possono accedere alla procedura dicomposizione  negoziata (v.D.L. 24/08/21 n.118).

  • “Al fine di garantire la salvaguardia del tessuto occupazionale e produttivo”, il datore di lavoro è tenuto a comunicare per iscritto, almeno 90 giorni prima dell’avvio della procedura di cui alla legge n.223/91, l’intendimento di procedere alla chiusura al Ministero del lavoro, al MISE, all’ANPAL, alle Regioni, alle RSA e RSU, nonché alle sedi territoriali delle organizzazioni sindacali.

La comunicazione deve esplicitare le cause del licenziamento, generate da ragioni economiche, finanziarie e tecnico organizzative,  il numero e i profili professionali del personale occupato, nonchè il termine entro cui è prevista la chiusura.

È bene sottolineare che l’intimazione dei licenziamenti in mancanza della predetta comunicazione o prima del termine di 90 giorni, comporta la nullità degli stessi.

  • Altro obbligo datoriale: entro i successivi 60 giorni dalla comunicazione, elaborare un piano e presentarlo alle organizzazioni sindacali e agli stessi enti destinatari della comunicazione prima citata, per limitare le ricadute occupazionali ed economiche derivanti dalla chiusura, con realizzazione delle operazioni previste entro 12 mesi. Più in particolare, il piano deve contenere specifiche previsioni concernenti:
  • le azioni programmate per salvaguardare i livelli occupazionali, le modalità di gestione “non traumatiche” dei possibili esuberi (ricorso ad ammortizzatori sociali, impiego presso altro datore di lavoro, incentivi all’esodo);
  • le azioni mirate alla rioccupazione o all’autoimpiego (v. formazione e riqualificazione anche con l’intervento dei Fondi interprofessionali);

la possibilità di cessione dell’azienda o dei rami d’azienda, ai fini della continuazione dell’attività, anche attraverso i lavoratori o cooperative formate dagli stessi;

  • gli eventuali progetti di riconversione del sito produttivo con destinazione ad attività socioculturali a favore del territorio;
  • i tempi e le modalità di realizzazione delle attività previste e programmate.

Il piano va discusso entro 30 giorni dalla sua presentazione, al fine del raggiungimento di un accordo collettivo, con l’impegno della parte datoriale a realizzare le misure previste, che così possono permettere i licenziamenti senza il pagamento del ticket.

  • I lavoratori interessati dalla procedura potranno usufruire, ad intesa raggiunta, di un ulteriore periodo pari a 12 mensilità di CIGS, legata per accordo di transizione alla crisi aziendale e di riorganizzazione aziendale (v. N.L. n.290/2022). Altro beneficio previsto: gli stessi lavoratori potranno essere inseriti nel programma GOL (v. ancorapredetta N.L.);
  • Infine, il quadro delle sanzioni, al di là della nullità sotto il profilo civilistico dei licenziamenti in assenza della citata comunicazione del datore di lavoro, ovvero prima dello scadere del termine di 90 giorni:
  • dopo 90 giorni, in mancanza di accordo in ordine al piano presentato, può essere avviata la procedura di licenziamento, pure senza l’esame congiunto con le OO. SS., ma il datore di lavoro è soggetto al ticket di licenziamento pari a 4,5 volte maggiore di quello abituale;
  • in mancanza della presentazione del piano ovvero di una sua carenzacontenutistica e nell’ipotesi di esclusiva inadempienza del datore di lavoro agli impegni assunti nell’accordo, lo stesso sarà tenuto al versamento del ticket dilicenziamento  maggiorato in misura pari a 6 volte quello ordinario.

 

 

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