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Per il Servizio Civile c’è l’accesso per i cittadini stranieri

«Il divieto è discriminatorio perché “preclude al non-cittadino regolarmente soggiornante in Italia la possibilità di un pieno dispiegamento della libertà e dell’uguaglianza, da intendersi anche quale veicolo di appartenenza in senso etico dello stare insieme nella nostra comunità, di accoglienza e di costruzione dei rapporti sociali e dei legami tra le persone in una prospettiva di solidarietà, di pace e di apertura al confronto nell’ambito di una convivenza pluralistica”. Difficile trovare parole più significative per indicare il percorso dell’ordinamento verso quel “pieno dispiegamento” così spesso ignorato dalla politica». Questo il commento dell’Associazione Studi Giuridici per I’immigrazione (ASGI) all’ordinanza della Corte di Cassazione in merito all’accesso al Servizio Civile Nazionale per i cittadini stranieri.

Stessa soddisfazione da parte della Conferenza Nazionale degli Enti di Servizio Civile. Con questa sentenza la Corte di Cassazione Sezioni unite civili  ha ritenuto di accogliere la richiesta secondo la quale il Servizio Civile Nazionale apra le porte anche ai cittadini stranieri residenti in Italia. 

La sentenza (consultabile al link: http://www.cnesc.it/images/CASSAZ_SERVIZIO_CIVILE.pdf)   rappresenta una svolta decisiva a seguito dell’ordinanza del 1° ottobre 2014, in merito al ricorso presentato al Tribunale di Milano da un giovane pakistano, il venticinquenne Syed Shahzad Tanwyr, unitamente a ASGI e APN (Avvocati per niente, onlus) intesi a far valere ragioni di natura discriminante. Il 20 settembre 2011 era stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale (n.75, IV serie speciale) il bando diretto alla selezione di 10.481 volontari da impiegare in progetti di servizio civile in Italia e all’estero, presentati dagli enti inseriti nell’albo nazionale. L’art.3 del presente bando, prevedeva – tra i vari requisisti di ammissione – la cittadinanza esclusivamente italiana. Tale clausola è espressione della previsione contenuta nell’art.3 comma 1, del decreto legislativo 5 aprile 2002, n.77 (Disciplina del servizio nazionale a norma dell’art.2 della legge 6 marzo 2001, n.64), il quale ammette a «svolgere il servizio civile, a loro domanda, senza distinzioni di sesso i cittadini italiani che, alla data della presentazione della domanda, abbiano compiuto il diciottesimo anno di età e non superato il ventottesimo». Il 21 ottobre 2011 il giovane Syed Shahzad Tanwyr – residente da 15 anni in Italia dove ha frequentato la scuola secondaria e attualmente è iscritto all’Università – ha presentato unitamente all’ Associazione studi giuridici sull’immigrazione, un ricorso dinanzi al Tribunale di Milano, denunciando la natura discriminatoria della clausola n.3 del predetto bando a cui  Syed Shahzad Tanwyr aveva partecipato.

Con ordinanza immediatamente esecutiva, il Tribunale di Milano nel gennaio 2012, ha accolto il presente ricorso, ritenendo ammissibile un’interpretazione “costituzionalmente conforme” dell’art.3 del Decreto legislativo del 2002, n.77, dichiarando discriminatoria la condotta della Presidenza del Consiglio dei Ministri nell’aver emanato il bando per il servizio civile 2012 con esclusione di soggetti stranieri  ed ha ordinato all’amministrazione di riaprire i termini del bando modificandolo nella parte relativa al requisito di cittadinanza.

L’ordinanza è stata emessa a conclusione delle procedure di selezione, momento in cui i volontari si stavano apprestando a prendere servizio, ragion per cui l’amministrazione ha trovato l’assenso (compresa quella del giovane ragazzo pakistano) di aderire alla richiesta di sospensione della provvisoria esecuzione dell’ordinanza in modo che tutti i giovani già ammessi potessero prendere servizio nei tempi previsti, per terminarli nel febbraio 2013. 

Successivamente il 22 marzo 2013, a servizio terminato, la Corte d’Appello di Milano ha esaminato il merito della causa, respingendo il ricorso dell’avvocatura e confermando la decisione di primo grado. Contro questa sentenza, ha proposto ricorso per Cassazione l’Avvocatura dello Stato. Nel frattempo è stato emanato dal Governo il bando 2013/2014, riproponendo il requisito della cittadinanza, contro cui è stato nuovamente proposto ricorso da quattro giovani di diversa nazionalità, i quali hanno ottenuto un’ordinanza di accoglimento nel novembre del 2013. Tale ordinanza è stata emanata antecedentemente la chiusura delle selezioni, concedendo ai soggetti interessati di godere del pieno adempimento delle loro richieste, ottenendo quindi la riapertura del bando con l’accesso agli stranieri “comunitari e stranieri lungosoggiornanti”. Secondo un comunicato dell’ASGI, nell’arco di 15 giorni hanno presentato domanda oltre 600 stranieri, di cui 90 sono stati selezionati e sono attualmente in servizio. 

Il 22 agosto 2014, il disegno di legge delega governativo per la riforma del Terzo settore n.2617, inserisce la denominazione di “Servizio Civile Universale” che sembra escludere la titolarità della cittadinanza ma di fatto non disciplina alcun requisito, rinviando al decreto attuativo. 

In tale controversa questione, le sezioni Unite della Corte di Cassazione, hanno posto con la sentenza del 16 settembre 2014 dei rilevanti punti fermi. Nonostante la materia del contendere nel giudizio in esame fosse oggettivamente cessata (poiché indiscutibilmente terminato il servizio civile 2013), la Corte di Cassazione sollecitata dalla Procura Generale, ha scelto di avvalersi dell’art. 363 cpc a norma della quale la Corte può emettere una sentenza al solo fine di “enunciare il principio di diritto” anche se il ricorso è tardivo o inammissibile, se giudica la problematica di particolare importanza, come di fatto ha ritenuto la questione posta da ASGI e APN. Ha perciò considerato di procedere al fine di pervenire all’enunciazione del principio di diritto, ritenendo l’art.3 del decreto legislativo 77/2002 inapplicabile, trattandosi di norma incostituzionale, nella parte in cui, prevedendo il requisito della cittadinanza italiana, esclude i cittadini stranieri regolarmente soggiornanti nello Stato italiano dalla possibilità di essere ammessi a prestare il servizio civile nazionale. 

In particolare ha esplicitato che, “poiché il servizio nazionale si propone come una realtà, caratterizzata da libertà e spontaneità, in cui si esprime la vocazione sociale e solidaristica di chi vi accede, sembra escluso in radice il rischio del sorgere di situazioni di conflitto potenziale tra opposte lealtà: la partecipazione dello straniero regolarmente soggiornante in Italia ad una comunità di diritti, più ampia e comprensiva di quella fondata sulla cittadinanza in senso stretto, postula che anch’egli, senza discriminazioni in ragione del criterio della nazionalità, sia legittimato, su base volontaria, a restituire un impegno di servizio a favore di quella stessa comunità, sperimentando le potenzialità inclusive che nascono dalla dimensione solidale e responsabile dell’azione a favore degli altri e a difesa dei valori inscritti nella Carta Repubblicana”.

La sentenza anticipa di pochi giorni la dichiarazione del Sottosegretario al Welfare Luigi Bobba, a seguito della decisione del Consiglio di Stato, pronunciatosi lo scorso 9 ottobre, secondo il quale il Servizio Civile Nazionale deve essere aperto agli stranieri “comunitari e lungosoggiornanti”. Tale decisione è avvenuta alla luce di una precisa richiesta dell’ufficio legislativo del Ministero del Lavoro in merito all’inserimento dei cittadini stranieri “comunitari e stranieri lungosoggiornanti” tra i beneficiari dei bandi di servizio civile, superando le disposizioni del decreto legislativo del 2002, n.77, che vieta l’accesso ai soggetti di cui sopra.

Nell’attesa di appurare le procedure di riforma del terzo settore, e come verrà definito il “Servizio Civile Universale”, attendiamo il prossimo bando nazionale.

Per un corposo approfondimento di carattere giuridico si rimanda al sito dell’ASGI (www.asgi.it).

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